Fonte: Rinascita.
Non ci sarà nessun colpevole per la morte del caporalmaggiore della Brigata Sassari Valery Melis. La Procura di Cagliari ha deciso di chiedere l’archiviazione dell’inchiesta aperta nel 2004, subito dopo il decesso del militare di Quartu Sant’Elena.
Un ragazzo di ventisette anni ucciso dal linfoma di Hodgkin, malattia contratta con tutta probabilità durante le missioni in Macedonia e in Kosovo. Il procuratore aggiunto di Cagliari Mario Marchetti ha ritenuto che non ci siano evidenze scientifiche sufficienti per stabilire che ci sia un legame tra il coinvolgimento nei teatri militari dei Balcani e il decesso del giovane fante sardo. Eppure si poteva tentare di stabilire almeno una verità processuale, l’elenco delle persone da iscrivere nel registro degli indagati era lungo. Si poteva cominciare dalle alte sfere dell’amministrazione della Difesa, che da sempre si sono impegnate nel rallentare la macchina della giustizia nascondendosi dietro l’ipocrisia di leggi e regolamenti. Il caso di Melis non è infatti un’eccezione, sono tanti i reduci che si sono ammalati dopo anni di impiego nelle missioni all’estero o nei poligoni dove vengono testati i nuovi sistemi di armamento. Tante storie drammaticamente simili di cui nessuno parla, l’opinione pubblica non deve sapere. Si gioca sulla morte del militare quartese con la dottrina penalistica e la mancanza del nesso di causalità tra l’aver vestito la divisa e l’agonia in un letto d’ospedale dimenticato da tutti, meno che dagli amici e dai familiari. Gli stessi amici che ogni anni organizzano una fiaccolata per chiedere che venga fatta luce su una vicenda oscura, se i vertici dell’Esercito vogliono dare almeno l’impressione che l’onore e la fratellanza alberghino ancora nel mondo in grigioverde è bene che siano in grado di individuare i responsabili. Per un militare il rispetto per i propri commilitoni dovrebbe essere sempre messo al primo posto, lo spirito di corpo dovrebbe fare da collante.
Evidentemente però le morti non sono tutte uguali; i caduti in azione vengono trattati in un certo modo, le vittime dell’uranio impoverito in un altro. D’altronde in un Paese che ancora distingue tra mensa truppa e mensa ufficiali non è che ci si possa aspettare grande rispetto per un ventenne di provincia morto in silenzio e con dignità. Lo Stato ha riconosciuto ai familiari di Valery un risarcimento di duecentomila euro, il nome dei presunti responsabili però non sarà mai comunicato ora che anche i magistrati hanno rinunciato all’inchiesta. La Procura del capoluogo sardo aveva agli atti anche la relazione della neuropsichiatra modenese Maria Antonietta Gatti che aveva esaminato il liquido seminale che Valery aveva fatto congelare prima di morire. Secondo il rapporto del Laboratorio dei biomateriali del Dipartimento di neuroscienze dell’università di Modena, nello sperma di Valery Melis c’erano tracce di “uno strano composto di cerio-lantonio-neodimio-ferro e calcio non biodegradabile e potenzialmente tossico”. Ad un certo punto anche i medici militari avevano riconosciuto che il militare si era ammalato durante una delle missioni all’estero, secondo la relazione del collegio medico però l’uranio impoverito contenuto nei proiettili non c’entrava nulla. L’insorgenza della rara forma tumorale era stata favorita dallo stress e dalle condizioni in cui si era trovato ad operare durante le missioni, momenti che avrebbero generato una “elevata tensione emotiva, continua e prolungata ed una ipervigilanza costante”. Insomma, dell’uranio non si doveva parlare. Gli unici che continueranno a chiedere a gran voce la verità sull’intera vicenda saranno gli ultras della curva nord dello stadio Sant’Elia. Valery era infatti uno di loro ed i tifosi rossoblu non lo hanno mai dimenticato. La prossima partita sarà un’occasione per scandire uno per uno i nomi dei vertici militari dell’epoca. Uomini che portavano sulle spalle greche e stellette, ufficiali che non hanno ancora spiegato perché l’incidenza di tumori è di gran lunga superiore alla media nei reduci delle cosiddette missioni di pace.
Riallacciandomi a quanto detto prima, potrebbe già essere sufficiente questo articolo per rendere bene l'idea... ma facendo un passo indietro, questo sito la rende ancora meglio!
Ne riporto alcuni passi:
Gennaio 2004: Il soldato Valery Melis di Quartu S. Elena, dopo ever effettuato due "missioni di pace" in Bosnia e in Macedonia, oggi giace gravemente ammalato in un letto d'ospedale affetto dal micidiale linfoma di Hodgkin causato dall'inalazione di polveri del famigerato uranio impoverito. Dopo quattro anni di inutili cure si è recentemente sottoposto al trapianto delle cellule staminali donate dalla sorella, trapianto effettuato presso un noto ospedale milanese; ora è stato rispedito a casa in Sardegna nonostante un primo grave episodio dovuto a pneumatorace spontaneo ed un successivo blocco renale che lo costringe a continue dialisi renali ogni 48 ore; oggi versa in gravi condizioni ed a rischio della vita in un ospedale di Cagliari. Cosa aspetta il Ministero della Difesa a trasportare urgentemente, anche con aereo militare, il soldato alpino Valery Melis presso un ospedale specializzato in Inghilterra o in America ? E cosa aspetta il Ministro della Salute Girolamo Sirchia, già a conoscenza del "Caso Melis" perchè avvisato con lettera in data 25 agosto 2003 (a cui ha risposto con lettera protocollata il 15 dicembre 2003), ad intervenire per salvare una vita umana ? Invitiamo tutti i cittadini di buona volontà, senza distinzione di ideologia, di religione e di sesso, a far pervenire presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Difesa, il Ministero della Salute, una email chiedendo alle massime autorità del nostro paese: Salviamo la vita a Valery Melis !
Indirizzi email ai quali inoltrare questa richiesta: presidenza.repubblica@quirinale.it, berlusconi_s@camera.it, ufficiostampa@sanita.it, ministro@difesa.it
4 Febbraio 2004: Valery Melis è morto, soldato di 26 anni, reduce da due "missioni di pace" nel Balcani, mercoledì 4 febbraio alle ore 22 si è spento nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, nella più assoluta indifferenza delle nostre "istituzioni", dei nostri politici e dei nostri luminari della scienza medica. Tutto ciò nonostante una catena di solidarietà lanciata da amici, parenti e conoscenti. Valery se ne è andato in punta di piedi, così come aveva vissuto i suoi ultimi quattro anni della sua malattia. Malattia che lo ha divorato; senza esternare mai una protesta, senza mai un lamento, accettando con rassegnazione un destino che qualcun altro gli ha imposto. Sempre con un sorriso per chiunque lo avvicinasse, senza mai un lamento e recriminazioni. Ultimo eroe martire di una società e di un epoca che non merita questi ragazzi.
Le lettere al Presidente della Repubblica, l'interrogazione parlamentare di un deputato dello Sdi, il tentativo di consegnare una petizione al ministro della Difesa perché qualcuno di occupasse di lui. E infine il tam tam degli amici su Internet. Valery Melis, caporale dell'esercito italiano, ridotto su un lettino da un male che uccide, il linfoma di Hodgkin è morto nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari. Niente tricolore per Valery, dopo il funerale la bara viene portata fuori dalla chiesa, la bara del soldato Melis Valery, classe 1978, e ci si accorge che è nuda. Nessun tricolore, così come nessun picchetto d'onore, nessuno squillo di tromba. Quasi con rabbia gli amici gettano sulla cassa la bandiera della sua squadra il Cagliari, gli Sconvolts, la sua città e la sua squadra onorano il loro compagno, l'obiettivo e non dimenticare. Ma la Patria è assente: quella dei presidenti, dei ministri, dei generali, e magari del cardinale Ruini.
È stato tutto inutile.
Valery Melis è "morto per la patria" come direbbe qualche ministro. Io preferisco dire che è morto per ingrassare il culo allo stato! E che cosa ha ottenuto? Niente, assolutamente niente. Nemmeno il picchetto d'onore. Lo stato italiano uccide i suoi figli, salvo poi utilizzarne il nome per la propria propaganda.
Di fronte a tutto ciò, mi chiedo: come può uno stato che non rispetta i propri cittadini, pretendere dagli stessi cittadini il rispetto?
La Russa poteva pure risparmiarsi la proiezione del video a San Siro: sa quasi da presa per il culo...
Ne riporto alcuni passi:
Gennaio 2004: Il soldato Valery Melis di Quartu S. Elena, dopo ever effettuato due "missioni di pace" in Bosnia e in Macedonia, oggi giace gravemente ammalato in un letto d'ospedale affetto dal micidiale linfoma di Hodgkin causato dall'inalazione di polveri del famigerato uranio impoverito. Dopo quattro anni di inutili cure si è recentemente sottoposto al trapianto delle cellule staminali donate dalla sorella, trapianto effettuato presso un noto ospedale milanese; ora è stato rispedito a casa in Sardegna nonostante un primo grave episodio dovuto a pneumatorace spontaneo ed un successivo blocco renale che lo costringe a continue dialisi renali ogni 48 ore; oggi versa in gravi condizioni ed a rischio della vita in un ospedale di Cagliari. Cosa aspetta il Ministero della Difesa a trasportare urgentemente, anche con aereo militare, il soldato alpino Valery Melis presso un ospedale specializzato in Inghilterra o in America ? E cosa aspetta il Ministro della Salute Girolamo Sirchia, già a conoscenza del "Caso Melis" perchè avvisato con lettera in data 25 agosto 2003 (a cui ha risposto con lettera protocollata il 15 dicembre 2003), ad intervenire per salvare una vita umana ? Invitiamo tutti i cittadini di buona volontà, senza distinzione di ideologia, di religione e di sesso, a far pervenire presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Difesa, il Ministero della Salute, una email chiedendo alle massime autorità del nostro paese: Salviamo la vita a Valery Melis !
Indirizzi email ai quali inoltrare questa richiesta: presidenza.repubblica@quirinale.it, berlusconi_s@camera.it, ufficiostampa@sanita.it, ministro@difesa.it
4 Febbraio 2004: Valery Melis è morto, soldato di 26 anni, reduce da due "missioni di pace" nel Balcani, mercoledì 4 febbraio alle ore 22 si è spento nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, nella più assoluta indifferenza delle nostre "istituzioni", dei nostri politici e dei nostri luminari della scienza medica. Tutto ciò nonostante una catena di solidarietà lanciata da amici, parenti e conoscenti. Valery se ne è andato in punta di piedi, così come aveva vissuto i suoi ultimi quattro anni della sua malattia. Malattia che lo ha divorato; senza esternare mai una protesta, senza mai un lamento, accettando con rassegnazione un destino che qualcun altro gli ha imposto. Sempre con un sorriso per chiunque lo avvicinasse, senza mai un lamento e recriminazioni. Ultimo eroe martire di una società e di un epoca che non merita questi ragazzi.
Le lettere al Presidente della Repubblica, l'interrogazione parlamentare di un deputato dello Sdi, il tentativo di consegnare una petizione al ministro della Difesa perché qualcuno di occupasse di lui. E infine il tam tam degli amici su Internet. Valery Melis, caporale dell'esercito italiano, ridotto su un lettino da un male che uccide, il linfoma di Hodgkin è morto nell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari. Niente tricolore per Valery, dopo il funerale la bara viene portata fuori dalla chiesa, la bara del soldato Melis Valery, classe 1978, e ci si accorge che è nuda. Nessun tricolore, così come nessun picchetto d'onore, nessuno squillo di tromba. Quasi con rabbia gli amici gettano sulla cassa la bandiera della sua squadra il Cagliari, gli Sconvolts, la sua città e la sua squadra onorano il loro compagno, l'obiettivo e non dimenticare. Ma la Patria è assente: quella dei presidenti, dei ministri, dei generali, e magari del cardinale Ruini.
È stato tutto inutile.
Valery Melis è "morto per la patria" come direbbe qualche ministro. Io preferisco dire che è morto per ingrassare il culo allo stato! E che cosa ha ottenuto? Niente, assolutamente niente. Nemmeno il picchetto d'onore. Lo stato italiano uccide i suoi figli, salvo poi utilizzarne il nome per la propria propaganda.
Di fronte a tutto ciò, mi chiedo: come può uno stato che non rispetta i propri cittadini, pretendere dagli stessi cittadini il rispetto?
La Russa poteva pure risparmiarsi la proiezione del video a San Siro: sa quasi da presa per il culo...
1 commento:
condivido al 100%. mi ricordo il raggio verde del 2001 con Valery e minniti. vergogna vergogna vergogna. ma forse la vergogna è un sentimento troppo nobile per certa gente. paola
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