La città. Bergamo è una città di 120.000 abitanti circa, divisa in due parti distinte: la Città Alta (il centro storico) e la Città Bassa (la parte più moderna).
Numerose sono le ipotesi avanzate per spiegare l'origine del toponimo Bergamo. In latino classico il toponimo è attestato come Bergomum, mentre nel latino tardo Bergame. Quindi è stata proposta un'origine indoeuropea del nome, accostandola al greco Πέργαμον (Pérgamon) "cittadella, rocca" (in riferimento ad abitazioni fortificate in cima a un colle), ma anche alla base prelatina barga "capanna" o a nomi liguri quali Bergima, località nei dintorni di Marsiglia, da una radice bherg, "alto". Lo storico e politico bergamasco Bortolo Belotti ha accostato il toponimo a precedenti nomi preceltici (barra?) da cui deriverebbe il nome Bèrghem, di cui Bergomum sarebbe poi stata solo la latinizzazione. È da notare che nel tedesco moderno tuttora Berg significa "montagna", e la parola Heim "casa", così come in svedese berg significa "monte" e hem "casa", ma l'ipotesi di una derivazione germanica di Bergamo (che deriverebbe quindi dal germanico *berga(z) "monte" e haima(z), "insediamento" ma anche "mondo") si scontra con l'assenza di documenti riguardo a insediamenti germanici nella zona prima della conquista romana. Bèrghem è ancor oggi il toponimo utilizzato in dialetto bergamasco.
Fondata in epoca romana da Liguri ed Etruschi, successivamente occupata da Galli, Cenomani e Senoni, divenne nel 49 a.C. municipio romano col nome di Bergomum. In seguito alla caduta dell'impero venne ripetutamente saccheggiata fino all'arrivo dei Longobardi nel 569, che ci insediarono un Ducato. In seguito i Longobardi vennero spodestati dai Franchi nel 744 e la città venne retta da una serie di vescovi e conti. Nel 1098 divenne libero comune, e dopo una serie di guerre con la vicina Brescia si unì alla Lega Lombarda per combattere l'imperatore Federico II. A partire dal XIII secolo in seguito alle lotte fra Guelfi e Ghibellini cadde sotto l'influenza dei Visconti di Milano che ne fortificarono la Cittadella. Dal 1428 Bergamo entra a far parte della Serenissima, il cui dominio le porta pace e prosperità. I veneziani ricostruiscono la città vecchia, erigendo possenti mura difensive. Il dominio veneto continua fino all'epoca napoleonica quando, dopo la breve esperienza della Repubblica Bergamasca, della Repubblica Cisalpina e del Regno d'Italia, con la Restaurazione Bergamo cade nella sfera austriaca del Regno Lombardo-Veneto. Gli austriaci sono i fautori della prima industrializzazione del territorio bergamasco, con l'impianto di manifatture tessili. Bergamo prende parte al Risorgimento fornendo buona parte dei Mille. Garibaldi stesso entra in città, con i suoi Cacciatori delle Alpi, l'8 giugno 1859. Dal 1860 Bergamo è parte del Regno, e poi della Repubblica Italiana.
La squadra. Fondata nel 1907 da un manipolo di appassionati, l’Atalanta disputa una serie di campionati a livello regionale ed interregionale nei primi anni di attività. Il 1928 è un anno molto importante per la società e per la città di Bergamo, poiché viene costruito lo stadio che diverrà poi sede delle gare interne della squadra e nella stagione successiva (1929/30) con l'istituzione del girone unico italiano, l'Atalanta, fallita l'ammissione alla massima serie durante il campionato di qualificazione dell’anno precedente, viene ammessa al campionato nazionale di Serie B per la prima volta. La squadra militerà negli anni a venire in Serie B, con una serie di piazzamenti dignitosi che vedono distinguersi diversi calciatori bergamaschi. Dopo i dubbi sull’iscrizione al campionato 1932/33, scongiurati da una colletta tra sportivi e la cessione (a peso d’oro, per l’epoca) di Carlo Ceresoli all’Inter, l’Atalanta si riorganizzerà, raggiungendo finalmente la Serie A al termine della stagione 1936/37, con l’allenatore Ottavio Barbieri. Seguirà, dunque, un saliscendi tra la cadetteria e la massima serie, fino al campionato 1939/40, quando l’Atalanta ritorna in Serie A, dove rimarrà poi ininterrottamente fino al 1958. Il ritorno in A, in seguito anche ad uno “scandalo” per una presunta combine con il Padova, poi svanito, porterà dunque alla nascita di una nuova squadra dei sogni. Quella che rimarrà in A ancora fino al 1969, conquistando la Coppa Italia nella stagione 1962/63 (in finale contro il Torino, con un 3-1 firmato da una tripletta di Domenghini). Di lì a poco si aprirà un’era di incertezze sportive, per la storia Società bergamasca. Dopo un anno di purgatorio nella cadetteria, l’Atalanta ritorna in A grazie all'allenatore Giulio Corsini, capace di amalgamare una squadra di giovani (tra tutti Gaetano Scirea, Adelio Moro e Giovanni Vavassori). Dopo una salvezza risicata, nel 1972/73 l'Atalanta incappa in un'altra stagione negativa, nella quale subisce la sconfitta più pesante di sempre (9-3 a San Siro contro il Milan) e retrocede per differenza reti. Questa volta la permanenza tra i cadetti dura più del solito, tant'è che per il ritorno nel massimo campionato bisognerà aspettare fino all'anno 1976/77, con Titta Rota in panchina, ma soltanto dopo gli spareggi a Marassi contro Cagliari e Pescara. L'anno seguente la squadra ottiene una tranquilla salvezza, ma nel 1978/79 farà ritorno in B, mancando la promozione un anno più tardi. Il campionato 1980/81, vede addirittura l’Atalanta retrocedere in C1, punto più basso della storia ultra centenaria della Dea. Il Presidente Achille Bortolotti cede la guida della Società al figlio Cesare, progettando (con Ottavio Bianchi in panchina) il ritorno in B che sarà immediato. Gli anni ’80, dunque, vedono l’Atalanta riprendere il proprio cammino in maniera trionfale, conquistando la promozione in Serie A con Nedo Sonetti in panchina e centrando addirittura una qualificazione alla Coppa delle Coppe pur nell’anno della nuova retrocessione in B (1986/87). La Dea partecipa alla competizione europea in virtù del secondo posto in Coppa Italia dell’anno precedente (sconfitta in finale contro il Napoli laureatosi Campione d’Italia) e lo fa da squadra militante nel torneo di Serie B. La squadra sarà protagonista di una cavalcata entusiasmante, culminata con la promozione in A e le semifinali della Coppa delle Coppe. Le ambizioni saranno importanti, dunque, anche in massima serie, con un sesto posto finale e la qualificazione alla Coppa Uefa (torneo 1988/89), bissata anche nel torneo successivo. E’ l’Atalanta, quella, dei vari Stromberg, Fortunato, Nicolini, Bonacina e Prytz, oltre all’argentino Caniggia.
Ma, soprattutto, è la Società che passerà di lì a poco nelle mani di Antonio Percassi, Presidente che ad inizio anni ’90 otterrà ottimi consensi in Coppa Uefa (eliminazione ai quarti contro l’Inter) fino al torneo 1993/94. L’annata è sciagurata e l’Atalanta retrocede in B, aprendo le porte ad un nuovo azionista di maggioranza, Ivan Ruggeri. La storia della Dea nell’ultimo decennio del secolo incrocia dunque quella di Emiliano Mondonico, che riporta i nerazzurri in A mantenendo la categoria fino al 1998, con un’altra finale di Coppa Italia persa nel 1996 contro la Fiorentina. Nel torneo 1998/99 l’Atalanta è di nuovo in B, categoria dalla quale si schioderà nel 2000 grazie a Giovanni Vavassori, tecnico dei giovani e di una squadra vincente nel triennio successivo in A. L’altalena tra B ed A continuerà ancora dal 2003 al 2010, complice anche una delicata situazione societaria con i gravi problemi di salute del Presidente Ruggeri, tali da rendere necessaria una cessione della S.p.a. di nuovo ad Antonio Percassi nella scorsa primavera. Con la nuova Proprietà l’Atalanta riparte dalla B, ma la promessa è quella di rimanere tra i cadetti per lo stretto indispensabile: storia, tradizione, blasone ed un settore giovanile invidiato in tutta Europa sono le carte vincenti per una Società di massimo livello.
Lo stadio. Costruito nel 1928, lo stadio della Città di Bergamo venne inizialmente intitolato a Mario Brumana, un fascista originario della Valle Imagna, caduto a Gallarate durante i moti che precedettero l’avvento del regime. L’impianto, inizialmente edificato con una capienza di 12.000 posti, venne inaugurato in due momenti differenti; una prima inaugurazione non ufficiale avvenne in occasione della gara Atalanta-Triestina a novembre 1928. La seconda, in presenza di numerose autorità, si tenne invece il 23 dicembre dello stesso anno. Inizialmente lo stadio comprendeva un terreno di gioco utile tanto al calcio quanto al rugby, nonché un complesso di impianti sportivi quali piscine e campi tennis ubicati nelle aree che oggi risultano occupate dalle due curve. Con il passare degli anni lo stadio, oltre a cambiare il nome in quello odierno (“Atleti Azzurri d’Italia), subì numerose ristrutturazioni fino ad assumere la conformazione attuale. Sono state aggiunte le due curve e la copertura della tribuna ad est, è scomparsa l’originaria pista di atletica per far posto a nuove tribune e delle vecchie strutture sportive è sparita ogni traccia. Dopo le ultime modifiche la capienza dello stadio è di 24.726 posti.
Ma, soprattutto, è la Società che passerà di lì a poco nelle mani di Antonio Percassi, Presidente che ad inizio anni ’90 otterrà ottimi consensi in Coppa Uefa (eliminazione ai quarti contro l’Inter) fino al torneo 1993/94. L’annata è sciagurata e l’Atalanta retrocede in B, aprendo le porte ad un nuovo azionista di maggioranza, Ivan Ruggeri. La storia della Dea nell’ultimo decennio del secolo incrocia dunque quella di Emiliano Mondonico, che riporta i nerazzurri in A mantenendo la categoria fino al 1998, con un’altra finale di Coppa Italia persa nel 1996 contro la Fiorentina. Nel torneo 1998/99 l’Atalanta è di nuovo in B, categoria dalla quale si schioderà nel 2000 grazie a Giovanni Vavassori, tecnico dei giovani e di una squadra vincente nel triennio successivo in A. L’altalena tra B ed A continuerà ancora dal 2003 al 2010, complice anche una delicata situazione societaria con i gravi problemi di salute del Presidente Ruggeri, tali da rendere necessaria una cessione della S.p.a. di nuovo ad Antonio Percassi nella scorsa primavera. Con la nuova Proprietà l’Atalanta riparte dalla B, ma la promessa è quella di rimanere tra i cadetti per lo stretto indispensabile: storia, tradizione, blasone ed un settore giovanile invidiato in tutta Europa sono le carte vincenti per una Società di massimo livello.
Lo stadio. Costruito nel 1928, lo stadio della Città di Bergamo venne inizialmente intitolato a Mario Brumana, un fascista originario della Valle Imagna, caduto a Gallarate durante i moti che precedettero l’avvento del regime. L’impianto, inizialmente edificato con una capienza di 12.000 posti, venne inaugurato in due momenti differenti; una prima inaugurazione non ufficiale avvenne in occasione della gara Atalanta-Triestina a novembre 1928. La seconda, in presenza di numerose autorità, si tenne invece il 23 dicembre dello stesso anno. Inizialmente lo stadio comprendeva un terreno di gioco utile tanto al calcio quanto al rugby, nonché un complesso di impianti sportivi quali piscine e campi tennis ubicati nelle aree che oggi risultano occupate dalle due curve. Con il passare degli anni lo stadio, oltre a cambiare il nome in quello odierno (“Atleti Azzurri d’Italia), subì numerose ristrutturazioni fino ad assumere la conformazione attuale. Sono state aggiunte le due curve e la copertura della tribuna ad est, è scomparsa l’originaria pista di atletica per far posto a nuove tribune e delle vecchie strutture sportive è sparita ogni traccia. Dopo le ultime modifiche la capienza dello stadio è di 24.726 posti.
Come arrivare:
In auto: per chi proviene dall’autostrada A4, uscita Bergamo; imboccare la circonvallazione in direzione Valli di Bergamo. Alla rotonda proseguire seguendo l'indicazione stadio e imboccare Viale Giulio Cesare.
In aereo: all'uscita dall'aeroporto seguire le indicazioni per Bergamo centro. Proseguire quindi sulla circonvallazione in direzione Valli di Bergamo. Alla rotonda proseguire seguendo l'indicazione stadio e imboccare Viale Giulio Cesare. L'aeroporto è inoltre raggiungibile con i servizi pubblici tramite i nuovi "aereobus" che collegano l'aereostazione con il centro della città in pochi minuti. Una volta raggiunta la stazione degli autobus in centro lo stadio è facilmente raggiungibile con gli ATB n° 9/B e 9/C.
In treno: giunti alla stazione dei treni prendere l'autobus n° 9/C o 9/BATB Azienda dei Trasporti di Bergamo. Tel. 035.364.222. Per informazioni: www.atb.bergamo.it
In auto: per chi proviene dall’autostrada A4, uscita Bergamo; imboccare la circonvallazione in direzione Valli di Bergamo. Alla rotonda proseguire seguendo l'indicazione stadio e imboccare Viale Giulio Cesare.
In aereo: all'uscita dall'aeroporto seguire le indicazioni per Bergamo centro. Proseguire quindi sulla circonvallazione in direzione Valli di Bergamo. Alla rotonda proseguire seguendo l'indicazione stadio e imboccare Viale Giulio Cesare. L'aeroporto è inoltre raggiungibile con i servizi pubblici tramite i nuovi "aereobus" che collegano l'aereostazione con il centro della città in pochi minuti. Una volta raggiunta la stazione degli autobus in centro lo stadio è facilmente raggiungibile con gli ATB n° 9/B e 9/C.
In treno: giunti alla stazione dei treni prendere l'autobus n° 9/C o 9/BATB Azienda dei Trasporti di Bergamo. Tel. 035.364.222. Per informazioni: www.atb.bergamo.it
La tifoseria. La tifoseria atalantina ha una lunga tradizione ultras, sia inteso come turbolenza che come "stile di vita". Nel corso degli anni un'intera città e diverse generazioni si sono coagulate intorno all'Atalanta ed alla Curva Nord, ed il carattere ruvido dei bergamaschi ha creato non pochi grattacapi anche a tifoserie molto più numerose e con alle spalle grandi città (Roma, Napoli, Milano, ecc), tanto che oggi gli ultras orobici sono fra i più rispettati d'Italia e sono fra le tifoserie più considerate anche all'estero. Come tutte le storie anche questa ha una genesi, che in questo caso prende il nome di Commandos Atalanta, anno di fondazione 1972, il primo gruppo a fare del tifo organizzato. Ancora non si poteva parlare di ultras come si intendono oggi, ma i ragazzi dei Commandos usavano andare allo stadio con grandi bandieroni nerazzurri, grancasse ricavate da bidoni di latta, sirene ed i primi fumogeni rubati dalle stive dei treni... Un anno dopo i Commandos vennero affiancati dai Panthers, ragazzi della zona di Dalmine: cominciarono le prime scaramucce come con i veronesi nel 1974 (a quei tempi non esistevano ancora i settori ospiti ed i tifosi erano mischiati... come succede oggi grazie a Maroni! Siamo tornati indietro di 35 anni!) e nel 1977/78 i primi grossi scontri in occasione di Atalanta-Torino. Quel giorno i granata (ai tempi tifoseria già "navigata" e rispettata) si presentarono a Bergamo con intenti molto provocatori, imbrattando i muri e sparando razzi in mezzo alla folla dentro lo stadio: tutto ciò scatenò la reazione degli atalantini e fu guerriglia! La prima di una lunga serie che Bergamo ricorda... Nel frattempo, nella curva bergamasca c'era già stata una prima svolta: un gruppo di ragazzi, fuoriusciti dai Commandos perchè in rotta con la linea troppo "morbida" del club aveva fondato le Brigate Nerazzurre, di fatto il primo vero gruppo ultras di Bergamo. Un gruppo che fece la storia ed il nome della tifoseria atalantina negli anni a venire. Nel 1981 le BNA presero il comando della curva, mentre altri gruppetti cominciarono a "fuoriuscire" dalle Brigate per trovare la propria indipendenza. Nacquero così gruppi quali Armata, Island Connective (ragazzi dell'Isola di Bergamo) e Stoned, che due anni più tardi (era il 1983) andarono a formare i Wild Kaos Atalanta (WKA). Per anni la curva si resse sull'asse BNA-WKA, ed i Wild Kaos ne erano l'ala più radicale (al momento della nascita contestavano alle Brigate di avere rapporti con questura e società). Non sempre i rapporti fra i due gruppi saranno idilliaci, anzi! Tuttavia questa "spaccatura" sempre più strisciante non placò l'entusiasmo ed il sostegno alla "Dea". A metà anni '80 gli atalantini avevano già il nome e la fama di tifoseria di tutto rispetto. In quel periodo venne creato (Interamente cucito a mano, a dimostrazione che non amavano avere troppi contatti con società o sponsor vari) lo storico bandierone nerazzurro, "Ol bandierù" come viene chiamato affettuosamente oggi dall'intero popolo nerazzurro. In quel periodo Bergamo divenne (insieme a Verona e Brescia) una delle "capitali" della violenza calcistica: chi ricorda quegli anni, ricorderà come nelle varie trasmissioni televisive si parlasse di "triangolo della violenza" (Brescia, Bergamo e Verona appunto) e più avanti (nei primi anni '90) di "linea gotica della violenza" che secondo il Biscardi di turno partiva da Milano per attraversare Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Udine e fermarsi a Trieste; mischiando tifoserie che fra di loro per numeri ed attitudine non centravano effettivamente un cazzo e cercando improbabili spiegazioni sociologiche che davano la stessa identica sensazione che si ha oggi: che non ci stessero capendo un cazzo! In itaGlia, paese di santi, poeti e mafiosi, nulla è cambiato...
Ad ogni modo l'Atalanta nel 1987 giunse in finale di Coppa Italia, sconfitta dal Napoli di Maradona già Campione d'Italia, e pertanto guadagnò ugualmente il diritto a partecipare alla Coppa delle Coppe, prima volta nella storia che vi partecipava una squadra di serie B. La stagione 1987/88 rimarrà sempre nei ricordi del popolo atalantino, con la squadra allenata da Mondonico che arrivò in semifinale regalando a migliaia di tifosi in viaggio per l'Europa un autentico sogno: Galles, Salonnico, Lisbona fino ad incrociare il Malines, allora blasonata squadra belga. Nella partita d'andata oltre 6.000 atalantini salirono nelle Fiandre facendo la conoscenza degli "idranti" della polizia belga. Al ritorno, in un Comunale esaurito da due settimane, Garlini illuse tutti portando in vantaggio l'Atalanta ma i belgi rimontarono il risultato e volarono a Starsburgo dove conquistarono la Coppa contro l'Ajax. Il risultato fu comunque storico. E lo stesso anno l'Atalanta tornò immediatamente in serie A, arrivando negli anni successivi a disputare nuovamente le Coppe Europee. Ma nonostante l'entusiasmo, la situazione in curva fra i due gruppi portanti non migliorò, anzi BNA e WKA si divisero definitivamente: il pretesto fu un coro che durante Atalanta-Sampdoria i Kaos cantarono contro i doriani, ponendo fine a quello che in passato era stato un gemellaggio e che fino a quel momento era stato un rapporto di rispetto reciproco, scatenando la reazione delle Brigate. Volarono un pò di pugni, ma pochi mesi più tardi i due gruppi arrivarono addirittura a darsi un appuntamento notturno di fronte a un cimitero (cinquanta contro cinquanta), sventato dalla Digos. In quel periodo la curva atalantina viveva una situazione surreale: oggi in tutta Italia è normale vedere tifoserie divise in due (quando non anche di più) gruppi che occupano settori diversi dello stadio o che anche se stanno nella stessa curva hanno stili e cantano cori diversi; ma a quel tempo era una cosa eccezionale. Le BNA erano più organizzate e coreografiche, i WKA senza fronzoli ed amanti dello scontro. Durante la partita ognuno cantava il suo coro, ed ogni tanto venivano alle mani, senza tuttavia che nessuno pensasse a prevaricare l'altro. Situazione che andò avanti anni.
Sempre nel 1990 gli atalantini furono la prima tifoseria italiana a fare la conoscenza con gli ultras dei Balcani. Negli anni precedenti infatti la "cortina di ferro" aveva sempre impedito il passaggio delle persone all'estero, ma con la caduta del comunismo le cose cambiarono, e nel primo turno della Coppa Uefa 1990/91 l'Atalanta beccò la Dinamo Zagabria al sorteggio. Nella partita d'andata 24 pullman di Bad Blue Boys arrivarono a Bergamo nel primo pomeriggio, in maniera del tutto inaspettata (nel senso che proprio nessuno si immaginava con chi aveva a che fare!) e cominciarono a devastare tutto, rapinare negozi e passanti, spaccare macchine e vetrine. Diversi furono i feriti, fra cui un barista accoltellato da un gruppo di ragazzi che volevano fottergli una cassa di Whisky (questo per capire come erano messi nel primo periodo post-comunista). Durante la partita fecero interrompere il match lanciando numerose torce sia in campo che sugli spalti. I bergamaschi ovviamente non rimasero a guardare e seppur presi in contropiede si organizzarono nel dopo partita aggredendo diversi Croati sciolti: uno di questi, colpito da una catena, perse un occhio... Nella partita di ritorno, con la situazione politica dell'ex-Jugoslavia che stava precipitando e Serbi e Croati che stavano ammassando truppe al confine, 400 atalantini partirono ugualmente, tutti con caschetto da minatore nerazzurro e tubo arancione in mano. La partita scivolò via liscia, nonostante uno stato di fortissima tensione, e quel corteo di bergamaschi-minatori all'uscita della stazione di Zagabria divenne un cimelio di storia ultras...
La turbolenza degli atalantini nei primi anni '90 era cosa nota, ma arrivò una tragedia a scuoterne le coscienze: nel 1993 al termine di Atalanta-Roma, Celestino Colombi si trovò davanti una carica della celere e morì per arresto cardiaco dopo essere stato colpito da alcune manganellate. Fu il primo caso di insabbiamento, tecnica in cui i media italiani sono perfetti (perfettamente servi!) come abbiamo visto in seguito alla morte di Gabriele Sandri: la questura emise un comunicato che la celere di Padova era partita alla carica per allontanare un gruppo di bergamaschi che tiravano pietre in direzione dei romani (peccato che al momento della carica avvenuta allo stadio i romani fossero già in stazione e che a detta di molti la carica fu fatta per "far sgomberare la zona"!) e che il Colombi era noto come tossicodipendente. Come a dire "prima o poi gli sarebbe toccato". Gli atalantini non ci starono, e trovarono l'appoggio di buona parte del mondo ultras, perfino tifoserie tradizionalmente rivali (laziali, viola, genoani...): la domenica successiva in molte curve non comparvero i tradizionali striscioni ma un solo drappo con scritto "10 gennaio 1993: la morte è uguale per tutti!". Fu un piccolo gesto ma significativo: per la prima volta alcuni ultras avevano messo da parte le rivalità per unirsi in nome di un principio più grande, quello della libertà e della dignità personale! Dovete tener conto che a quei tempi molte tifoserie (vicentini in primis) usavano cantare "Uc-ci-de-te-li! Uc-ci-de-te-li!" rivolto alla celere quando caricava le tifoserie avversarie. Se oggi siamo arrivati a questa "unità ideale" (vedi sopratutto la solidarietà a Gabriele Sandri ed il "No" generalizzato alla Tessera del Tifoso) sappiate che quello è stato il punto di partenza... Ah, per la cronaca l'inchiesta successiva alla morte di Colombi si concluse con nessun indagato: stavano facendo le prove generali dello stato di polizia di oggi! Due anni più tardi, in occasione di un'altra tragedia (la morte di Vincenzo Spagnolo) furono sempre gli atalantini ad emettere il famoso comunicato "Basta lame! Basta infami!" con cui si dissociavano apertamente da chi usava i coltelli allo stadio... comunicato che venne "adottato" poi da molte altre tifoserie presenti al raduno di Genova il 5 febbraio 1995 (quando il mondo ultras si ritrovò per la prima volta, superando barriere e steccati ideologici), e puntualmente disatteso poi nel corso degli anni, ma tant'è...
Nel periodo 1997/98 la curva bergamasca venne colpita da un numero enorme di diffide dopo le partite col Brescia e con la Juventus (che decretò la retrocessione in serie C dell'Atalanta). E sempre in quell'anno nacquero i Supporters, o meglio "Dell'Atalanta Supporters" come amavano farsi chiamare: più che un gruppo, un'idea, una curva unita, un solo striscione che richiamasse alla propria fede (Bergamo). Fu la svolta, la politica venne messa da parte e migliorò sopratutto l'organizzazione (Carovane di pullman per le trasferte, migliaia di tifosi al seguito, Festa della Dea i cui proventi venivano reinvestiti nell'attività di curva, giornalino della curva). Ma non tutto fu rose e fiori: nel 2003 i WKA, riottosi alla linea del "nuovo gruppo" vennero allontanati dalla curva, due anni dopo la stessa sorte toccò alle BNA. Nel 2007 in seguito alla morte di Gabriele Sandri, a Bergamo decisero di non far giocare in segno di lutto Atalanta-Milan. Ma non lo decise la polizia, lo decisero gli ultras delle due squadre uniti! Con buona pace di Dressadore, non giocare era la cosa giusta... Quest'anno, in occasione della Berghem Fest, ovvero la festa della Lega ad Alzano, un nutrito gruppo di Supporters dopo essersi visti negare il confronto con Maroni sulla Tessera del Tifoso si è scontrato con la polizia. Il risultato è stato di una sessantina di Daspo, molti a carico non di chi ha partecipato agli incidenti ma di chi si trovava in prima linea nel corteo di protesta... Da quel giorno la Curva Nord si è autosospesa, non fanno il tifo, non entrano in casa ne in trasferta. Situazione che ha creato una bella spaccatura fra gli ultras ed il resto dei tifosi che vorrebbero incitare la squadra. A tutt'oggi la situazione è in evoluzione e non si vedono soluzioni all'orizzonte.
Rapporti. Non buoni, come già sapete tutti. Quello che non tutti sanno è che gli atalantini sono stati l'unica tifoseria a profanare la nostra curva: nel 1988 al termine di Padova-Atalanta, centinaia di bergamaschi caricarono i nostri sotto la Curva Nord dell'Appiani e, sbaragliata l'eroica ma pur sempre debole resistenza dei nostri, entrarono dentro, ricacciati solo dalla celere e per fortuna senza portarsi via nessun bottino! In seguito altri incontri poco amichevoli con loro ci furono nella Coppa Italia 1991 (quando per poco non lasciavano giù lo striscione delle BNA) e sopratutto ad Alzano nel 2008 quando si impossessarono dello striscione "Vecchia Padova". Sono comunque una tifoseria rispettata al di la dell'odio che si può provare.
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