lunedì 8 novembre 2010

ULTRAS, UNA STORIA ITALIANA - seconda parte

1984/85: gli HAG a Bologna, ai tempi del gemellaggio
Ultima ruota del carro stocazzo. Saremo un’arretrata provincia dell’impero, un disastro in politica economia cultura scienza arte e cose così, ma per quel che ci riguarda noi in Europa ce la comandiamo, ovunque e comunque. Qui non si parla di musica pop rock punk, o di stili spettacolari, o di pura, deliziosa perché inutile, violenza. Qui si parla di un tarlo che non riesce a farti accontentare del pub distrutto, della curva conquistata, dell’adrenalina che ti pompa un’elettricità che non c’è droga al mondo... Dentro di noi c’è un grumo di rabbia antica, mai sopita, che ci spinge oltre il limitato orizzonte della battaglia, e ci conduce ineludibilmente alla guerra di classe. Se abbiamo conquistato il continente, se da Lisbona a Mosca, da Copenhagen ad Atene si scorge in ogni curva il segno della nostra influenza, non è per qualsivoglia feroce imbattibilità, ma perché vi abbiamo portato un modello di conflitto applicabile nei più disparati contesti socio-geografici. Noi siamo stati gli untori di un germe che ha attecchito e proliferato, fino ad assurgere ai supremi ranghi di epidemia continentale e di allarme internazionale. Noi siamo stati il peggior dito al culo che potesse capitare al sistema del calcio, ed alle sue milizie armate. (Valerio Marchi)

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Bandierone CUCB Napoli, anni '80
La morte di Paparelli non sortirà alcun cambiamento pratico nel neonato mondo ultras, ma sarà cmq un primo "banco di prova" per i ragazzi delle curve... Per la prima volta infatti l'Italia intera si è accorta che esistono anche gli ultras, in molti chiedono controlli più severi negli stadi ed i ragazzi dei primi gruppi organizzati cominciano ad essere visti con sospetto e diffidenza... A Roma per esempio il neonato CUCS per un periodo deve cambiare nome in "I Ragazzi della Sud", e si vede vietare tamburi, megafoni, bandiere... anche in altre città si prendono provvedimenti simili (misure che il "moderno" e "democratico" governo italiota ha ripreso in mano poi trent'anni dopo in seguito alla morte di Raciti), ma il tutto viene fatto con una certa leggerezza e dopo pochissimi mesi i provvedimenti rientrano. Come mai il governo non è intervenuto subito e con fermezza nel reprimere la violenza negli stadi? Bisogna innanzitutto fare un salto indietro nel tempo e capire la situazione sociale che si viveva negli anni '80: le piazze, le università, le fabbriche del paese erano ancora scosse dagli echi dei movimenti del '68 e del '77; le Brigate Rosse contavano qualcosa come 5.000 persone fra militanti e fiancheggiatori; poliziotti, giudici e giornalisti gambizzati se non addirittura uccisi da estremisti politici erano all'ordine del giorno... ed una criminalità organizzata che in quegli anni faceva forse meno paura dell'estremismo politico, ma che colpiva duro e cominciava ad "infiltrarsi" (in alcuni casi era già bella che infiltrata) fra le maglie dello stato... In questo contesto molti uomini politici vedevano lo stadio come una valvola di sfogo "alternativa" alla strada, e qualche prefetto o questore non faceva mistero di preferire gli ultras alle organizzazioni politiche, "almeno dentro uno stadio possiamo controllarli!". Questo spiega perchè a quei primi episodi di violenza non venne data tutta l'importanza che si da oggi (o meglio, che si dava negli ultimi anni pre-tessera perchè da quando è in vigore la "Maroni Card" si cerca di insabbiare tutto il più possibile...) e tutto sommato i provvedimenti furono abbastanza "leggeri". Quei primi, "leggeri" provvedimenti tuttavia furono il primo banco di prova per i "ragazzi ultras": bisogna sempre pensare che stiamo parlando di un movimento appena nato, che era visto solo come una maniera per essere "più tifosi" di altri e non come un vero e proprio stile di vita dai suoi aderenti... ritrovarsi additati da tutta Italia come assassini non fu semplice, ma come già detto da una parte lo stato che si guardò bene dallo sferrare il "colpo decisivo", dall'altra i ragazzi stessi che non mollarono alle prime difficoltà, fecero si che il momento critico venisse superato abbastanza agilmente un pò ovunque ed il decennio che andava a cominciare sarà sempre ricordato come "l'età dell'oro" degli ultras...
La Curva Maratona prima di un derby con la Juve
Nel 1982 arrivò poi la vittoria dell'Italia ai mondiali di Spagna, e per il calcio nostrano fu un vero e proprio "boom". Se il pubblico era già numeroso e caloroso prima, con la vittoria ai mondiali il tifo organizzato subì un'impulso non da poco, il resto lo fece il ridimensionamento della politica extraparlamentare ed il progressivo avvicinarsi dei giovani "ribelli" alle gradinate anzichè alle organizzazioni politiche (anzi, in quel periodo ci fu un grande riflusso ideologico...). Proprio nei primi anni '80 il fenomeno si estese anche a Sud, mentre nelle grandi città del Nord i gruppi cominciarono a moltiplicarsi. Intorno alla metà del decennio non c'era una tifoseria dalla A alla C2 che non avesse almeno un gruppo organizzato al seguito. L'organizzazione stessa ormai era sempre più definita, i gruppi ultras finirono piano piano con l'abbandonare lo spontaneismo dei primi tempi e col darsi una struttura gerarchica e compiti ben precisi, che se vogliamo rientra molto nella "cultura" dei paesi latini... Si trovano nuove forme di "autofinanziamento": se negli anni '70 bastava una colletta fra i membri del gruppo, col nuovo decennio molte tifoserie cominciano a stampare magliette, adesivi, sciarpe e spille col loro nome. E' il primo materiale ultras, merce che oggi è reliquia per collezionisti e che può arrivare a cifre astronomiche (vi consiglio di diffidare da E-bay, pieno di imitazioni peraltro molto ben riuscite!). Il riscoperto amore degli italiani per il calcio e le prime "operazioni di marketing" per le curve, portano all'avvicinarsi di molti giovani al tifo organizzato: piano piano i gruppi ultras cominciano a contare, dalle poche decine di membri dei primi anni, svariate centinaia ed in alcuni casi anche migliaia di ragazzi che si identificano in loro. Un fenomeno in costante ascesa in quel periodo e che raggiungerà il proprio apice nella seconda metà del decennio, anche in seguito all'introduzione delle scorte di polizia obbligatorie per le tifoserie in trasferta... Chiaramente l'aumento di seguito si trasformerà presto in un'arma a doppio taglio come vedremo!
Veronesi a Brescia con striscione rubato nel 1986
Con i numeri imponenti che cominciano a fare molte tifoserie, urgono nuove entrate, e la sola vendita del materiale finisce ben presto per non bastare più, come del resto le collette... Finisce così che molti gruppi andranno a battere cassa dalle rispettive società, le quali non potendo e soprattutto non volendo combatterli molto spesso se li faranno amici. Va fatto un distinguo: la mia visione "cinica" dell'animo umano mi porterebbe a pensare che molti presidenti facessero il conto di "sfruttare" poi gli ultras per il proprio comodo, ed in parte sarà così (quanti ne abbiamo visti di presidenti di squadre di calcio in quel periodo finire poi in politica?); ma è vero che negli anni '80 qualche personaggio "genuino" nel calcio c'era ancora, presidenti come Anconetani del Pisa o Rozzi dell'Ascoli che consideravano i tifosi parte integrante della società e per i quali uno stadio senza tifo non era uno stadio, punto! Forse proprio perchè i primi tifosi erano loro... Fatto sta che quasi tutte le curve in quel periodo trovarono un appoggio abbastanza benevolo nelle rispettive società, e che in futuro gli stessi presidenti che "getteranno la maschera" non faranno i conti con la mentalità ribelle dei ragazzi delle curve, che non ama avere padroni al di fuori di se stessi. Grazie a questa "sinergia" ultras-società, cominciano a vedersi nella seconda metà del decennio le prime grandi coreografie: non più solo fumogeni rubati dai treni di notte, ma veri e propri spettacoli umani con l'uso di cartoncini, bandierine, palloncini ed i primi "bandieroni copricurva"... Non c'era tifoseria che non ne avesse uno, con i colori sociali riprodotti, a costo di servirsi di sponsor (celebre il bandierone delle Brigate Gialloblù Verona con sponsor Canon...)! Anche le trasferte da questa "sinergia" traggono nuova linfa, e dalle poche decine di tifosi che si muovevano lontano da casa negli anni '70 si arriva alle diverse migliaia che dalla metà degli anni '80 invadono stadi e città con tutto ciò che comporta (anche se molti stadi, soprattutto quelli del Sud, rimarranno tabù per qualche anno ancora): in quel periodo infatti era prassi quella del "treno speciale" per le trasferte, ovvero treni organizzati dalle tifoserie stesse (o da chi per loro) con tratta diretta dalla propria città a quella di destino e ritorno, il tutto a prezzo stracciato... Una comodità assurda! Molti oggi storcono il naso, se non gridano addirittura allo scandalo di fronte ad una tifoseria che intrattiene "certi tipi di rapporto" con la propria società, tuttavia in quegli anni funzionava così e non trovo ci sia niente di sbagliato soprattutto in quei casi in cui i contributi venivano utilizzati per aiutate tutti (e non finivano nelle tasche di qualche capoultrà particolarmente "abile") ed a maggior ragione se consideriamo che gli ultras davano non solo un sostegno ineguagliabile alla squadra ma soprattutto avevano la loro bella funzione sociale: tanti ragazzi in quel periodo trovarono nel gruppo un'alternativa molto valida alla strada o all'eroina (di stato? N.d.r.) che andava diffondendosi paurosamente nella gioventù di allora; e se è pur vero che la droga era ben presente anche in curva (ed ebbe il periodo di maggior diffusione soprattutto nella seconda metà degli anni '80) bisognerebbe pur documentarsi su quanti ragazzi vennero invece aiutati e "salvati" dai gruppi stessi... Se qualcuno avesse voglia di documentarsi, sono sicuro che troverebbe delle sorprese! Alla fin fine i ragazzi ultras fin da quegli anni posseggono "un'arma" che a molti benpensanti sfugge: il senso del gruppo, dell'amicizia, il "cameratismo" che fa si che ci si faccia in quattro per aiutare gli amici in difficoltà... chi ha la tua stessa sciarpa, è un fratello da difendere ed aiutare... tutte situazioni che faranno si che un'intera generazione si coaguli attorno alle curve!
Un tipico corteo anni '80: i modenesi a Bologna
Altra caratteristica di quegli anni è "il corteo", ripresa per altro dalle manifestazioni di piazza del decennio precedente: in trasferta spesso i tifosi vengono fatti sfilare dalla stazione allo stadio in un lungo serpentone che attraversa la città (soltanto nel decennio successivo per motivi di ordine pubblico molte questure scorteranno le tifoserie in trasferta a bordo di pullman comunali...) e nell'immaginario degli ultras diviene uno dei momenti più belli e coinvolgenti. Scorgendo le foto di quegli anni non è raro vedere autentici "serpentoni umani" con la prima fila rigorosamente serrata dallle braccia, o con tutti che sfilano dietro lo striscione che apre il corteo... E non sarà raro che il corteo dei tifosi ospiti venga aggredito (un gruppo che sfila indisturbato nella tua città era visto allora come oggi come una provocazione) o che si abbandoni ad atti vandalici veri e propri (soprattutto verso la fine del decennio questa diventerà la nuova "moda" del momento...).
Spareggio per la serie A, 1982: 35.000 catanesi invadono Roma
Come in quasi tutta la gioventù dell'epoca, anche nelle curve la politica sparisce quasi del tutto: dico "quasi" perchè seppure ci fossero delle tifoserie che mantenevano un'identità sinistroide (forse la maggior parte in quel periodo) ed altre (una minoranza, vedi laziali, veronesi ed interisti) che avevano una spiccata tendenza di destra, la politica era cmq un fatto molto marginale nella maggior parte delle Piazze italiane. In curva si andava per incitare la squadra, stop, e nella maggior parte delle curve tutti erano i benvenuti: bastava avere la fede calcistica giusta , sbattersi per il gruppo e saper menare all'occorrenza! Anche gli striscioni e le simbologie adottate dagli ultras nel decennio precedente subiscono l'onda del "riflusso politico", e nella maggior parte delle città spariscono Spade, Che Guevara e stelle a cinque punte: cominciano ad essere adottati nuovi e più originali simboli (per esempio il fulmine che compare sullo striscione Ultrà Roma portato in trasferta dal CUCS) e ad essere "saccheggiato" il mondo dei fumetti (Andy Capp su tutti, ma anche i Flinstones o Paperino); ed anche in quelle città in cui simboli e nomi resistono (ad esempio, il Collettivo della Fiorentina ma anche i vari "Brigate" o "Commando" diffusissimi al tempo...) resistono si trovano presto "svuotati" del loro significato politico (con le dovute eccezioni). In quel periodo lo striscione del gruppo diventa il più importante simbolo ultras, e subirne il furto da parte di una tifoseria nemica è un'onta indelebile... A volte il furto dello striscione, se non "vendicato" porterà allo scioglimento del gruppo, anche se a dire la verità questa è una delle tante "regole non scritte" che raramente verranno rispettate... 
Cosentini con striscione "Boys" Reggina rubato
Se sparisce la politica, la violenza invece finisce col moltiplicarsi, un pò per la legge dei grandi numeri, un pò perchè effettivamente in quel periodo lo stadio era una "zona franca" in cui si sfogavano le proprie rabbie represse: all'inizio degli anni '80 si verifica a margine delle partite di calcio un pauroso aumento dei feriti da arma da taglio; molte tifoserie ne fanno un vero e proprio culto personale come i Boys dell'Inter (celebri gli scontri con la Roma del 1981, con diversi giallorossi accoltellati) o i cugini rossoneri, che purtroppo nel 1983 faranno anche la prima vittima "da lama": è il caso di Marco Fonghessi, milanista di Cremona che ai margini di un Milan-Cremonese viene accoltellato a morte da un diciottenne tifoso della sua stessa squadra, con la sola colpa di avere la macchina targata CR! Col senno di poi viene da dire che il più grande limite dei ragazzi delle curve è stato quello di non aver saputo (o non aver voluto) mettere un freno ai numerosi sbandati che si ritrovavano al seguito, finendo poi per pagarne loro per primi le conseguenze, ma tant'è... Altre tifoserie (Atalantini e Veronesi su tutti) rimangono fedeli ai vecchi canoni dello "scontro fra uomini", a mani nude, in maniera più o meno leale... Altre ancora, romanisti e napoletani su tutte, più che per gli scontri si distinguono per la "microcriminalità", ovvero furtarelli e vandalismo; che tuttavia finiranno per avere delle serie conseguenze: nel 1983 infatti Fiorentina-Roma è caratterizzata da violenti scontri e ben sette romanisti accoltellati, in seguito ad una ritorsione degli Ultras Viola, stanchi del comportamento dei romani che ogni anno si presentavano a Firenze sin dalla mattina derubando i passanti... in seguito a questo sette Ultras Viola finiranno in carcere, decretando in pratica la morte stessa del gruppo. La notizia farà molto scalpore, visto che è la prima volta che vengono addottati simili provvedimenti in ambito stadio... Pochi mesi dopo, è il febbraio 1984, a margine degli incidenti scoppiati nel derby di Coppa Italia fra Triestina ed Udinese, Stefano Furlan, ventenne triestino, viene colpito più volte al capo da diverse manganellate. Portato in questura, viene dimesso in serata e durante la notte comincerà ad avvertire dolori alla testa. Il giorno dopo viene ricoverato d'urgenza in ospedale dove entrerà in coma, per poi morire una settimana dopo. Ovviamente il poliziotto che l'ha colpito, riconosciuto, verrà dapprima sospeso e poi reintegrato nel servizio, e se la caverà con un semplice "buffetto"... La famiglia di Stefano e la Curva di Trieste (che in seguito prenderà il suo nome) da oltre 25 anni chiedono giustizia, ma ovviamente gli ultras avversari non capiscono subito... e d'altra parte è il più gran difetto degli italioti, quello di essere sempre in ritardo, non si capisce perchè i ragazzi delle curve che sono già a quel tempo il più grande movimento giovanile del paese debbano capire (anche se capiranno prima di molti altri molte altre cose, ma questo è un'altro discorso)! In quel periodo non esiste un concetto di "solidarietà ultras" esteso al di fuori della propria tifoseria, e men che meno un "codice d'onore" fra curve; e così come capita spesso che quando i celerini caricano gli ultras avversari dalla curva si alzi il coro d'incitamento "Uc-ci-de-te-li! Uc-ci-de-te-li!" (oggi una cosa del genere sarebbe impensabile...), allo stesso modo capita che nella violenza diffusa si trovino coinvolti tifosi tranquilli o addirittura gente che allo stadio non ci ha mai messo piede (come abbiamo già visto nei casi di Fonghessi o nel "teppismo" romanista e napoletano...). 
Striscione storico "Ultrà Roma" da trasferta con il fulmine

Negli anni '70 i primi ultras avevano dei "modelli" presi dall'estero: le "torcidas" brasiliane per quanto riguarda il tifo (e questo spiega la larga diffusione dei tamburi che soprattutto negli anni '80 raggiungeranno cifre ragguardevoli, a volte anche una ventina in una sola curva!), e gli hooligans d'oltremanica per quanto riguarda la violenza. Negli anni '80 tuttavia, grazie all'organizzazione ben strutturata, alle coreografie spettacolari ed al seguito imponente, si impone più che mai il cosidetto "modello ultras italiano"; che colpisce un pò tutte le tifoserie dell'Europa Centrale e Mediterranea, (pensate a cosa sono oggi le tifoserie Serbe e Croate se non una rivisitazione degli ultras italiani negli anni d'oro...) le quali proprio in quegli anni stanno muovendo i primi passi e vedono negli ultras di casa nostra dei modelli da seguire... Ma un tragico evento è alle porte, evento che finirà per "bollare" definitivamente i fans di tutta Europa: l'Heysel! il 29  maggio 1985 Juventus e Liverpool si contendono la Coppa dei Campioni nella finale di Bruxelles. E’ un periodo in cui gli hooligans inglesi fanno molto parlare di se, e l’Uefa ha la bella idea di scegliere come sede della finale lo stadio “Heysel”, che tutto è tranne un’impianto in cui siano anche lontanamente rispettate le più elementari norme di sicurezza. Anche l’organizzazione ci mette del suo: per la finale verrano inviati 17.000 biglietti in Italia più altrettanti in Inghilterra. Gli altri verranno venduti sul luogo e molti ad immigrati italiani o tifosi bianconeri, fra cui anche quelli di un settore dello stadio, lo “Z-side”, fatiscente e confinante con la curva assegnata ai “Reds”. Morale della favola: gli inglesi alticci cominceranno il solito lancio di oggetti verso il “Z-Side”, per poi tentare una carica che porterà al cedimento di un cancello con conseguente schiacciamento di decine di persone. Molti altri moriranno poi nella calca provocata dal panico della folla. Sarà un’autentica strage: ben 39 morti di cui 32 italiani, uno dei disastri calcistici più grandi del calcio europeo. Per ore l’Heysel sarà terra di nessuno, in cui la polizia non ha più il controllo della situazione ed in cui gli ultras bianconeri tenteranno di farsi giustizia sommaria. Poi la grande pagliacciata: si gioca per “motivi di ordine pubblico” (forse sarebbe stato più onesto dire “per esigenze televisive”)! Così, mentre la Juve si porterà a casa la sua prima Coppa dei Campioni (festeggiando allegramente alla faccia dei suoi tifosi morti! Questo deve essere il famoso "Stile Juve", o lo stile dell'Avvocato Agnelli se preferite...) e l’Inghilterra verrà esclusa per cinque anni dalle competizioni europee per club, i governi di tutta Europa cominciano a studiare nuove norme repressive per arginare il fenomeno del “tifo violento”: chiaramente ci vorrà il suo tempo per accertare le responsabilità di chi a Bruxelles era preposto all’organizzazione dell’ordine pubblico, ed i responsabili non pagheranno fino in fondo (senza nulla togliere alle responsabilità dei tifosi, che comunque furono i primi colpevoli della tragedia)! Se in Inghilterra Margaret Tatcher comincia una battaglia durissima nei confronti degli hooligans, In Italia il “Reparto Celere” della polizia, che fino ad allora veniva utilizzato solo nelle manifestazioni di piazza, viene messo a svolgere servizio negli stadi, e vengono imposte le scorte di polizia per tutte le tifoserie in trasferta. È un cambiamento non di poco conto, ma gli effetti si vedranno solo negli anni a seguire: come già detto in quel periodo il movimento ultras italiano attraversa la sua fase di maggior splendore, le curve sono piene ed infuocate come mai più saranno, molti giovani e giovanissimi vengono dalla strada ed hanno palle a sufficienza per confrontarsi (alcuni hanno anche molto poco da perdere, va detto!) e la polizia comunque non è ancora sufficientemente organizzata, nè il governo vede gli ultras come "l'unico problema del paese". Molto spesso basta prendere il treno prima dell’orario previsto, o spostarsi nella stazione vicina per evitare la scorta e regalarsi così una giornata di puro divertimento. Inoltre c’è un altro fattore da tenere presente: in quel periodo non esiste fra le tifoserie italiane la mentalità dello “scontro con le forze dell’ordine”. La polizia è più che altro un “elemento di disturbo”, e gli scontri (con le dovute eccezioni) sono fra opposte tifoserie, anzi molto spesso la pula arriva a giochi già fatti…Tuttavia l'Heysel lascerà il segno, e lo spiegano molto bene le parole di un ultras biancoscudato dell'epoca: “Fino al 1985, il servizio d’ordine allo Stadio Appiani per una partita normale di serie B, era composto da una camionetta di carabinieri posizionata nei pressi della Curva Nord, ed una camionetta di carabinieri posizionata nei pressi della Curva Sud. La scorta per le tifoserie ospiti non era prevista, eccezion fatta per le partite contro Vicenza e Triestina, le uniche considerate a rischio, il cui servizio d’ordine era composto da un pullman di carabinieri,ed i tifosi ospiti venivano scortati dalla stazione allo stadio e viceversa da un paio di volanti. In totale, circa una sessantina di carabinieri per partite che all’epoca richiamavano 12-13.000 spettatori”. L'aumento delle forze dell'ordine negli stadi di calcio porterà inevitabilmente alla situazione che si viene a creare quando due parti se le vogliono suonare ed un "terzo incomodo" si mette in mezzo per dividerli: la polizia finirà sempre più spesso col farsi male, incazzarsi e reagire di conseguenza!
Tipica coreografica degli anni '80... salernitani al "Vestuti"
Ma un'altro fenomeno altrettanto preoccupante è alle porte: il conflitto generazionale! A partire dalla metà degli anni '80, per motivi che abbiamo già affrontato poco sopra, una nuova generazione di giovanissimi si avvicina ai gruppi ultras, affiancando i capi storici. Si tratta di un fenomeno che si verifica dapprima nelle grandi città, poi si espande sempre più nei piccoli centri: le "nuove leve" cominciano a prendere sempre più piede, in molti casi entrano in conflitto con i "capi storici" accusati di essersi venduti al business. In molte curve nascono una serie di gruppuscoli che spesso e volentieri viaggiano in senso contrario al gruppo principale della tifoseria, vuoi per motivi ideologici (anche se la politica è ancora lontana dal "rientrare" negli stadi), vuoi per manie di protagonismo, vuoi per differenti visioni del mondo ultras... Una delle prime piazze a conoscere queste scissioni sarà la Roma giallorossa: nel 1987 viene acquistato Manfredonia, giocatore ex-bandiera della Lazio odiatissimo dal pubblico romanista. Il Commando Ultrà si spacca fra favorevoli e contrari all’arrivo del giocatore: quelli fedeli alla linea dura manterranno la denominazione originale, gli altri prenderanno il nome di “Vecchio CUCS”; una spaccatura che finirà per rovinare per sempre quella che all’epoca era considerata unanimemente la “curva più bella d’Europa”… a sua volta l’ala più radicale del CUCS (il  cosidetto "CUCS-GAM", dove GAM sta a significare "Gruppo Anti Manfredonia) darà vita qualche anno più tardi a “Opposta Fazione”, formazione fortemente elitaria. I cugini laziali da questo punto di vista non stanno meglio: da una costola degli “Eagles Supporters” quello stesso anno nascono gli “Irriducibili” (oggi alla guida della curva laziale); che seguono uno stile ed un modo di tifare più “all’inglese”, senza tamburi, con striscioni di dimensioni più ridotte (rispetto a quelli lunghissimi in voga all’epoca), bandiere a doppia asta, cori secchi e potenti. Proprio loro anticiperanno quello che sarà lo stile del futuro, ma per il momento rappresentano solo una “spina nel fianco” che creerà una spaccatura mica da ridere in Curva Nord. A Milano, sponda nerazzurra, vedono la luce gli “Skins”, gruppo che in soli tre anni sarà protagonista di autentici macelli (non solo in ambito calcistico ma anche e soprattutto politico); mentre dalla parte rossonera viene fuori il “Gruppo Emergente” che in seguito cambierà nome in “Gruppo Brasato”, altri “gioiellini” niente male… A Bergamo sono già attivi da tempo i “Wild Kaos”, mentre a Firenze è l’epoca degli “Alcool Campi”, altro gruppo che avrà vita breve ma che riuscirà a lasciare un bel segno nella Fiesole… L'eroina che all'inizio del decennio aveva sconvolto una buona fetta di giovani prenderà sempre più piede anche fra gli ultras e farà vittime anche fra i capi storici, elementi che in qualche maniera avevano tenuto in piedi la baracca fino ad allora. Queste “defezioni” unitamente alle spaccature in atto, porteranno ad una lenta disgregazione delle curve, di cui all’epoca ancora non si vedono gli effetti che esploderanno definitivamente negli anni '90...
Scontri anni '80: spezzini a Lucca
Anche questo decennio, come il precedente, si chiuderà nel segno della tragedia: nell’ottobre 1988 Nazzareno Filippini, ultras dell’Ascoli, rimarrà ucciso al termine di Ascoli-Inter: della sua morte verranno accusati alcuni capi degli “Skins” nerazzurri. Il 4 giugno 1989 a San Siro prima di Milan-Roma, Antonio De Falchi viene aggredito da alcuni ultras milanisti facenti parte del “Gruppo Brasato”e morirà per arresto cardiaco (ma sulla vicenda non è mai stata fatta piena luce…); lo stesso giorno una bomba molotov lanciata d amembri dell’”Alcool Campi” contro il treno speciale che trasportava a Firenze gli ultras bolognesi provoca il grave ferimento di Ivan Dall’Oglio, appena 14enne. Tutto ciò non gioverà alla salute del movimento, anzi darà un contributo determinante alla militarizzazione degli stadi ed alle nuove leggi che il governo emanerà (come sempre!!!) sull’onda dell’emergenza e della spinta dell’opinione pubblica. Certo, non tutti se ne rendono conto subito, ma questo sarà solo il primo passo verso lo “stato di polizia” presente oggi negli stadi. Il Consiglio dei Ministri, prendendo spunto da una precedente sentenza del Tribunale di Rimini (che nel 1982 aveva condannato un ultras romagnolo a non seguire le partite del Rimini per un periodo di un anno, caso unico in Italia all’epoca), emana una direttiva secondo la quale ai tifosi arrestati o denunciati a piede libero per episodi di violenza da stadio viene applicato il divieto d’accesso a tutti i luoghi ove si svolgano manifestazioni sportive per un periodo di tempo variabile da un mese ad un anno, a seconda della gravità dei casi. Tale provvedimento potrà essere applicato a discrezione della Questura, e si tratta di un provvedimento amministrativo. Cosa significa? Significa che se da un lato ha lo stesso valore e la stessa rilevanza penale di una multa per divieto di sosta, dall’altro può essere applicato in assenza di prove e senza un processo. In parole povere un ultras può essere condannato a non seguire la propria squadra per un periodo di tempo, senza che abbia la possibilità di difendersi in un regolare processo, basandosi semplicemente sulle supposizioni e sulla discrezione del questore di turno! Col tempo questi particolari provvedimenti prenderanno il nome gergale di "diffide". Molte volte gli stessi processi non si svolgeranno mai per decorrenza dei termini, e molto spesso vedranno l’assoluzione stessa degli imputati che nel frattempo hanno scontato un anno di diffida da innocenti! Passeranno diversi anni prima che “l’inghippo” relativo alla diffida diventi materia di studio per avvocati, nel frattempo se ne vedranno le conseguenze nelle curve…
Bruxelles, stadio Heysel, 29 maggio 1985

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