COSA PENSA CHI NE CAPISCE QUALCOSINA... Il nome di Anthony Weatherhill, inventore della tessera del tifoso, non vi sarà nuovo. Abbiamo infatti già parlato di lui e di come la tessera del Viminale sia una degenerazione di quella che aveva ideato questo imprenditore angloitaliano. Sir Weatherhill ha nel frattempo fatto scattare azioni legali per tutelare il marchio “Tessera del tifoso” da lui depositato. Riportiamo un’interessante intervista apparsa su Toro News:
D. Cosa vuol dire essere stato l’inventore della Carta del Tifoso, così imitata e così discussa in queste ultime settimane? R. Per me è stato come vivere una grande avventura, in cui ho scoperto delle cose che prima immaginavo solamente. Come la grande passione per il calcio, che ancora continua ad animare i tifosi di tutta l’Italia. Non solo i tifosi dei grandi club di serie A o serie B, ma anche quelli della I e II Divisione. E persino quelli dei club dilettantistici. Tutti hanno una grande voglia di partecipazione, di dire la loro sul nostro amato gioco del calcio. Dovunque andavo a presentare l’idea della Carta del Tifoso, trovavo entusiasmo e desiderio di sentirsi uniti sotto la “Dea Eupalla”, come la chiamava il grande e compianto Gianni Brera.
D. La cosa più importante che ha ricavato da questi incontri? R. Ho pensato che il governo del calcio, il cosiddetto “Palazzo”, poco veramente sa della vita e del retroterra culturale e filosofico dei tifosi.
D. Cioè? R. Mi spiego meglio. Anche se per farlo dovrò essere per forza un po’ polemico (cosa che in genere detesto). Io comprendo benissimo le ragioni che hanno portato il ministro Maroni e le forze di polizia, a pensare di utilizzare una tessera per l’ingresso negli stadi. La sicurezza e la salvaguardia dell’incolumità dei tifosi è una cosa importante. Ovvio come le forze di polizia e il ministro Maroni non hanno, e non sono obbligati ad avere, una conoscenza del mondo del tifo organizzato e non. Non è compito loro avere un contatto diretto con le esigenze dei tifosi. Non sono loro a doverle interpretare. Per questo scopo dovrebbe esserci la FGCI, che ha come suo compito principale la gestione e il monitoraggio continuo di tutte le esigenze delle componenti del gioco del calcio. E’ singolare come la FGCI, per bocca del presidente Giancarlo Abete, non abbia detto nessuna parola sull’evidente disagio (ed uso volutamente questa parola eufemistica) che i tifosi stanno avendo verso la Tessera del Tifoso voluta dal Ministero dell’Interno. Come è possibile che il numero uno dello sport del calcio non stia cercando di mediare tra il ministro e i tifosi? Mi vien da pensare che Giancarlo Abete nulla sa degli umori che attraversano coloro senza il quale nulla esisterebbe nel calcio: i tifosi.
D. E’ un po’ duro in questa sua considerazione… R. No, mi limito solo a registrare dei fatti ai quali sono legate numerose anomalie. Mi chiedo: perché mancare così di rispetto ai tifosi? Sa cosa sono i tanti vituperati ultrà?
D. Credo di averne un’idea… R. Gli ultrà (tranne, ovviamente, le loro derivazioni più violente) sono i depositari della storia delle loro squadre. Sono loro che tramandano i racconti e le tradizioni che risalgono, in molte situazioni, a quasi un secolo fa. Sono racconti di passione, di colori, di valori. Ha mai visto, in televisione, dove istintivamente i giocatori guardano non appena sbucano dal tunnel che porta sul campo di gioco? Guardano la curva, dove tutto è esplosione di colori e di memoria. Mi lasci dire che questi tifosi, questi ultrà, non meritano di avere la sensazione di essere schedati come dei volgari delinquenti. Questa è gente che fa anche delle grandi opere di volontariato, proprio come tifoserie organizzate. Capisce di cosa stiamo parlando? Io credo che una buona legge, debba per forza partire da valori e criteri condivisi. Non puoi far avere la sensazione al cittadino di subire un’evidente ingiustizia e mancanza di rispetto. Questa sarebbe la morte di qualsiasi forma di affermazione di un diritto. Nemmeno un’esigenza di maggior sicurezza può negare l’affermazione di un diritto.
D. Quindi? R. Quindi una Carta del Tifoso non può che partire dal tifoso. Sono i tifosi che devono organizzarla, strutturarla, proporne l’utilizzo alle autorità competenti per qualsiasi cosa lo ritengano opportuno: biglietto elettronico compreso. La Carta del Tifoso non deve essere ridotta, come sta succedendo in questi giorni, ad un mero mezzo tecnico di controllo. La Carta del Tifoso deve essere un progetto culturale che investe il mondo del tifo italiano. Che non è fatto, tengo a sottolineare, solo dagli ultrà. E un progetto culturale non può, e questo lo capirebbe anche un bimbo, essere proposto dalle forze dell’ordine. Nonostante io comprenda bene le ansie che il Ministro Maroni e le forze dell’ordine hanno nel gestire ogni domenica l’evento calcio.
D. Dalle sue parole, si sta delineando l’intuizione da dove le è venuta l’idea della sua Carta del Tifoso. R. Infatti. Un’idea viene sempre da un’intuizione. Mi dispiace che molti l’abbiano travisata questa intuizione. Ma mi lasci dire una cosa.
D. Prego. R. A volte, in questi ultimi giorni, ho pensato di aver perso. Ho ritenuto che avessero preso la mia idea di Carta del Tifoso e l’avessero stravolta, per sempre. Poi ho ragionato e ho capito il grande risultato che comunque ho raggiunto insieme a tutti i tifosi che mi hanno accompagnato in questa avventura. Compresa la Federazione Italiana Sostenitore Squadre di Calcio. La battaglia che ho condotto in tutte le sedi dove ho potuto farlo, ha ottenuto il risultato di preservare i nomi Carta del Tifoso o Tessera del Tifoso. Nessuna squadra di calcio potrà usarli. Questi nomi sono registrati e protetti dalla legge e, come giusto che sia, rimarranno per sempre a disposizione dei tifosi. Solo i tifosi potranno avere, spero un giorno sempre più prossimo, un carta che porti il loro nome nell’intestazione. Fosse stato solo per questo, rifarei tutto quel che ho fatto anche da domani mattina.
D. Noto un senso di tristezza nelle sue parole. R. Sì, è vero. Penso al grande danno che sta procurando questa tessera del tifoso del Ministero dell’Interno: sta dividendo i tifosi. (Era esattamente ciò che voleva! Ma non ci è riuscito cmq... N.d.r.) Le divisioni, qualunque tipo di divisione, arrivano sempre dopo che qualcuno ha avuto molta cura di creare confusione.
D. Si riferisce a qualcuno o qualcosa di preciso? R. Sicuramente sì. Ma non vorrei qui dare l’impressione di voler gettare facile discredito su qualcuno o qualcosa. Mi limito ad una considerazione, a cui pensavo qualche giorno fa. Il calcio è diventato come Michael Jackson, che forse era “morto” da tempo e aspettava semplicemente un cosiddetto “coraggioso” che gli facesse un’iniezione letale.
D. Un po’ forte come paragone… R. E’ il paragone che la grave situazione merita. Le sembra normale che molte società di calcio siano fallite, che altre siano sull’orlo del fallimento, che altre ancora siano in mano a delle banche? Per non parlare dei bilanci societari, che sono chiaramente dei porti nelle nebbie. Poi un giorno arriva un tizio che emette una fidejussione falsa, e una società gloriosa fallisce. Perde la sua storia, i suoi sogni, le sue speranze. E questo tizio può far fallire una società di calcio, solo perché ne è il presidente. I tifosi si svegliano un mattino, e trovano i curatori fallimentari davanti agl’armadietti del campo di allenamento della loro squadra del cuore. Rimangono attoniti, sconvolti, arrabbiati. Possiamo fare qualcosa? Si chiedono. Ma dopo qualche istante la risposta diventa scontata e laconica: non possiamo fare niente. Ma è giusto tutto questo? Mi chiedo. Allora, dal giorno dopo, la colpa diventa di tutti e di nessuno. Così succederà quando la tessera del Ministero dell’Interno procurerà ancora più divisioni nel mondo della tifoseria. Mi lasci essere malizioso: a qualcuno forse conviene questo dividi et impera.(BRAVO! HAI CAPITO GIUSTO! N.d.r.) E non mi riferisco al ministro Maroni, né alle forze dell’ordine.
D. Lei è un fiume in piena, Weatherill. R. Sono solo amareggiato. Sono anni che lavoro per unire, e si sa quanto sia difficile unire le cose. Poi arriva qualcuno e riesce a distruggere in un attimo quello che faticosamente si è costruito.
D. Ma, ripeto, chi è secondo lei il colpevole? R. Colpevole è l’ambizione, la voglia di potere. Colpevole è il desiderio di apparire ad ogni costo, di avere posti privilegiati allo stadio. Colpevole è questa voglia di avere a tutti costi una qualunque contiguità con le luci dei riflettori. L’insana voglia di poter dire agl’altri tifosi “io mi sono seduto a cena accanto ad un dirigente di società e al presidente”. La Bibbia dice che ci vuol poco per vendere ciò che ci è più caro per un piatto di lenticchie. I tifosi devono capire che devono ergersi a controparte di queste istituzioni, che hanno portato il calcio ad avere il fiato corto.
D. Cosa ci può dire dei club? R. I club, sulla vicenda della Carta del Tifoso, hanno raggiunto dei paradossi a dir poco comici. Ho sentito società affermare che vogliono la carta per fidelizzare i loro tifosi. Ma sono matti? I tifosi sono già fidelizzati al loro club! In ogni partita che seguono lo dimostrano! Nemmeno esisterebbero le società se non ci fosse alla base di tutto questa fidelizzazione spontanea dei tifosi ai club per i quali tengono. Ma in quale mondo vivono i dirigenti che fanno queste comiche dichiarazioni?
D. In effetti è un po’ paradossale questa cosa… R. Sa quale è la realtà? Questi dirigenti di club nemmeno conoscono i loro tifosi. Se ne servono e basta. Non sanno nulla dei bisogni, dei desideri dei tifosi. Ho conosciuto un tifoso milanista di una provincia remota dell’Italia, ormai anziano, che non aveva mai visto una partita a San Siro. Sarebbe stato il suo sogno aver potuto vedere, almeno una volta nella vita, la sua squadra del cuore giocare nel suo palcoscenico. Quasi gli venivano le lacrime agl’occhi mentre me lo raccontava. Non pensa che sarebbe stato bello se per una volta la società Milan si fosse interessata di lui? Se per una volta avesse speso pochi soldi per portarlo a vedere il Milan a San Siro? Ma il Milan, come società, nemmeno sa di queste cose. E come il Milan, tutte le società non sanno. Solo i tifosi sono a conoscenza di queste storie, che sono storie di passione e di amore. Due cose che hanno reso forti e leggendari tutti i “brand” delle squadre di calcio. La mia idea di Carta del Tifoso è sempre stata quella di favorire l’incontro tra tifosi e società. Devono essere i tifosi a organizzarsi, attraverso questo mezzo straordinario che può essere la Carta del Tifoso, per farsi conoscere dalle società. Per partecipare attivamente alla vita della loro squadra del cuore anche a centinaia di chilometri di distanza. Altro che biglietto elettronico e convenzioni per farsi scontare qualche articolo di largo consumo. Stiamo parlando d’amore, vogliamo capirlo o no? E poi stiamo parlando anche di etica.
D. Come, scusi? Etica? R. L’ho detto in più di un’occasione. La mia idea di carta prevede un codice etico da rispettare, un codice etico che aiuterà a preservare i valori di cui è portatore il gioco del calcio. Valori che, tengo a precisarlo, fanno parte di tutti gli sport. La punizione, come abbiamo visto anche in questi giorni in Inghilterra a proposito di nuovi scontri tra tifoserie, non è mai stata prevenzione. E’ una favola. Ha mai visto nei Paesi dove vige la pena di morte scomparire i crimini? E’ una domanda talmente retorica questa, che anche i bambini ne conoscono la risposta.
D. Cosa ha intenzione di fare ora? R. Intanto continuerò a cercare di unire i tifosi, specie quelli silenziosi. Quelli che non hanno mai fatto parte di gruppi organizzati. Che sono la maggioranza. Molti di questi mi hanno dato atti di stima commoventi in questi giorni. Molti, addirittura, sono pronti a sottoscrivere la mia Carta del Tifoso, fidandosi ad occhi chiusi del progetto che in essa sarà contenuto. E si fidano perché hanno capito che questa Carta è veramente la loro Carta. Poi cercherò di portare avanti la battaglia in tutte le sedi possibili e immaginabili. E molte tifoserie organizzate sono pronte ad affiancarmi.
D. Lei per chi tifa signor Weatherill? R. Per il Manchester United! Sa che mi diceva sempre il nostro grande allenatore (e maggiore artefice del mito dei red devils) Matt Busby, indicandomi i tifosi in fila per entrare allo stadio? “Ricordati che il mio stipendio lo pagano loro. Avrò sempre cura di avere rispetto per loro”. Questa lezione di Matt Busby non l’ho più dimenticata.
Discorso giustissimo. Ma in ItaGlia la memoria ce l'hanno corta un pò tutti quando gli fa comodo...
FESTA DEI VENETI. Alla festa dei veneti, di scena in queste ore a Cittadella, era annunciata la presenza del ministro leghista Luca Zaia. Ecco perchè un gruppetto di ultras del Padova ha deciso di presentarsi con uno striscione di protesta per dire no alla tessera del tifoso, proposta dal collega di Zaia, il ministro dell'interno Roberto Maroni. Non appena si sono avvicinati al palco della piazza in cui si stavano svolgendo le varie manifestazioni della festa, sono stati però invitati dagli uomini della Digos in servizio d'ordine ad allontanarsi per esibire lo striscione un po' più lontano dal luogo della festa. Ne è nato qualche minuto di tensione in cui però, a parte qualche parolaccia, non è volato nient'altro. Gli ultras si sono messi davanti ai gradini del Duomo e, poco dopo aver srotolato il loro messaggio, se ne sono andati. Forse. In realtà gli uomini della Digos hanno identificato pure qualche ragazzo promettendo che "ci risentiamo nei prossimi giorni". Ma come? L'Articolo 21 della Costituzione non stabilisce che "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"? Allora forse è vero che la legge è un'opinione, ma se le cose stanno così ditemelo che ho in mente decine di cose da fare in sostituzione del lavoro...
ROMA, 5 SETTEMBRE 2009. Premessa: riporto ciò che è il mio pensiero sul raduno svoltosi a Roma nella giornata si sabato. Raduno si, non "manifestazione" come amavano dire i giornali. L'incontro si è svolto presso il Punto Roma, una tensostruttura con dentro qualcosa come 600 persone (rappresentanti di oltre 130 tifoserie) e con temperatura da fornace. Raduno organizzato dai ragazzi di Latina, Tivoli e Viterbo con l'appoggio di romanisti e laziali. Si è parlato del più e del meno. La giornata è stata aperta dall'intervento degli avvocati Contucci e Adami che hanno illustrato il progetto di Maroni e le criticità della tessera. Contucci, come già aveva fatto capire nel suo sito, rimane scettico sulla possibilità di impedire tecnicamente le trasferte a chi è sprovvisto di tessera a partire dal 1 gennaio. E questo è un punto che per quanto me lo abbiano spiegato non sono riuscito a capire fino in fondo... Sostiene che da gennaio cambierà poco per lui, e che il cambiamento vero lo vedremo forse nel corso dei mesi e degli anni. Poi tocca a Giovanni Adami dire la sua, ed è stato forse l'intervento più azzeccato ed interessante della giornata. Parlando delle parole recenti del Ministro Maroni, che stabiliva che "Chi è destinatario di un Daspo, potrà avere cmq la tessera una volta scontato il provvedimento", l'avvocato opponeva il testo dell'Art.9 della legge Amato che dice chiaramente che "le società non possono cedere titoli d'accesso allo stadio a soggetti che siano stati comunque condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive". Ed a conferma di ciò, si portavano numerosi esempi accaduti di recente nelle due città in cui la tessera è già attiva (Milano e Torino), dove a precisa richiesta la questura locale ha opposto il suo diniego, precisando che "per sentenza 'non definitiva' sono intesi anche i provvedimenti Daspo". Un articolo anticostituzionale, per il quale ci si sta muovendo anche a livello parlamentare. Infine un augurio, che strappa molti applausi: "Che questa non sia l'ultima battaglia ultras!". Si continua con molti altri interventi, più o meno interessanti. Fiorentini, andriesi, cosentini, monopolitani... Molto bello l'intervento del ragazzo di Firenze che chiude parafrasando la celebre canzone degli Sham '69 ("If the kids are united, they we'll never be divided!"). Ha parlato anche l'Onorevole Paolo Cento, che più volte in passato si è battuto contro la repressione. Per carità... Come avevo già detto in passato, mi interessava informarmi e così ho fatto. Più tardi sono andato a pranzo (un saluto all'amico S. di Busto) e nel pranzo mi ci sono anche perso. Mi sono perso quindi il pomeriggio in cui si è deciso di tenere le curve vuote il 20 settembre e una manifestazione nazionale il 10 ottobre a Roma o l'Aquila (da decidere). A questo punto le mie impressioni, e le mie critiche. Se non fossi critico non sarei io.
Presenza: più di 600 ragazzi in rappresentanza di oltre 130 tifoserie non sono numeri da poco. Ma ancora sono niente. Una cosa ho notato: mancavano tifoserie anche importanti, che su questioni come questa si sono sempre battute... Atalanta, Doria, Parma, Genoa, Pisa... Il motivo mi sfugge sinceramente, o meglio mi da l'idea che non ci sia poi tutta quest'unità di intenti che si vorrebbe mostrare...
Paolo Cento: Saranno anche anni che si batte per gli ultras, non dico di no, ma è pur sempre un politico. Io di un politico non mi fido, per principio. Tra l'altro non mi pare si esponesse molto quando al governo c'era il centro-sinistra e il suo collega Amato cominciò a tracciare la fine di un certo movimento. Se ora vuole fare qualcosa, sarebbe anche ora...
Mendalidà: Noto che molti parlano della tessera partendo da un principio di mentalità. Ovvero "Noi non ci facciamo la tessera perchè abbiamo mentalità ultrà!". Insomma i soliti discorsi, le solite cose. Io se non mi farò la tessera, lo dico chiaramente, è perchè non me la lasceranno fare. Io sono contro l'Articolo 9 di questa tessera, e sono contro il fatto che chi ha fatto una cazzata nel corto della sua vita o l'ha subita non possa per questo più entrare allo stadio. Non sono contro la tessera in se. Anche se non è altro che un'operazione commerciale (come qualcuno ha fatto giustamente notare...). Chi pensa che si fermeranno, sbaglia. Chi pensa di morire in piedi, idem. Molti di quelli che non si faranno la tessera "per principio", sono talmente malati di calcio che resisteranno per un pò per poi correre a farla e tornare allo stadio. Guardiamo in faccia la realtà? Bene, a noi interessa andare allo stadio, e per far ciò è necessario che venga abolito l'articolo 9. E per conto mio, quella è l'unica cosa che conta.
Stiamo a vedere, intanto segnalo le prossime iniziative: 20 settembre, tutte le curve vuote o in silenzio. 10 ottobre, la manifestazione nazionale a Roma. Poi ognuno valuti o meno. E chiudo con il comunicato uscito da questa riunione:
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