giovedì 26 novembre 2009

REALTA' A CONFRONTO...

E’ la settimana del derby Padova-Vicenza, due società dal passato glorioso e dal presente nella stessa categoria ma per certi versi diversissimo. Un derby che, ad onor del vero, per quanto mi riguarda è una partita da vincere per mero gusto sportivo. Per me il vicentino è un veneto sul mona, vado all’estero o in itaglia e nessuno riesce a dirmi dove cazzo sia vicenza e cosa gli ricorda. Niente, un cazzo. Perfino Castelfranco Veneto ha più notorietà a causa del noto copa-porsei laureato in marketing che furoreggia al grande fratello.
Che poi diciamocelo, ad onor del vero la storia di Padova e Vicenza, una storia centenaria, si è realmente incrociata solamente negli ultimi 30-35 anni. Prima era pur sempre un derby ma non cosi acceso. Prima, parlo degli anni ’50-60 anni in cui il calcio divenne fenomeno di massa per dimenticare le disgrazie della guerra, il Veneto veniva identificato nel Grande Padova arrivato terzo nella stagione 1957-1958. Un Padova capace nell’Inferno dell’Appiani di terrorizzare le grandi, di battere l’Inter di Herrera e di lanciare definitivamente in orbita un Mito come Nereo Rocco e il suo Catenaccio. Riprendo volentieri la bellissima lettera di Brera il giorno della morte di Rocco, che sintetizza meravigliosamente quel Grande Padova e quel Mito a cui scipparono uno Scudetto i ladroni di Torino. “…..Rigenera vecchie rozze mal capite, lancia ragazzini veloci e coraggiosi, adatti al contropiede. Nasce allora, invocato, il calcio all'italiana e garantito che il suo più limpido interprete è Nereo. Senza falsa modestia, sono io il teorico. Lottiamo insieme a colpi di risultati e, nella metafora, di sessola e di remi. Le molte brutte figure della nazionale verrebbero subito evitate se i consoli osassero vestire il Padova di azzurro. Ma per ora il catenaccio è il diavolo e nessuno capisce o vuol capire. Sull'inclita panchina della Juve, Nereo risparmierebbe alla nazionale 10 anni di umiliazioni cocenti. Niente. Il presidente del Padova teme il linciaggio se molla Rocco ai suoi stessi padroni (vende Fiat).
E il Vicenza? il Vicenza, tanto di cappello, fece 20 anni di seguito in serie A. Nessun risultato particolare, piazzamenti buoni e salvezze risicate come nel ’73 a Bergamo all’ultima giornata. Come eccezionalmente è rimasta vent’anni in serie A, altrettanto eccezionalmente non fu mai ripescata da retrocessa (cosa che avvenne nel 1932-33 e nel 2004-2005, due stelline sul petto come la giuve starebbero bene no?) o salvata da rigori quantomeno dubbi all’ultimo minuto dell’ultima giornata come nel 1988-89.
In quei mitici anni ’70, mentre il Padova navigava nell’oro marrone della Serie C, proprio Vicenza diede i natali sportivi al padre di tutti i grandi manager vicentini: Giuseppe Farina detto Giussy,
Il Re Mida (al rovescio) del calcio italiano: dovunque passava tutto si trasformava in oro (marrone).
Farina divenne presidente del Lanerossi Vicenza nel 1968 pur possedendo solamente il 2% delle azioni societarie. Retrocesso in Serie B nel 1974-1975, il buon Giussy pensò bene di tenersi i berici e di diventare azionista di maggioranza del Padova piazzando sulla poltrona presidenziale un altro nome che, ancora oggi, fa tremare i coglioni di molte società fallite o ad un passo dal fallimento: Giambattista Pastorello, antiquario (ma qualcuno dalle rive dell’Adige sponda Hellas mi suggerisce “rigattiere”) e vicentino pure lui. Cosi, mentre il buon Giussy con un cuore grande cosi cercava di risollevare entrambe le squadre, il grande antiquario diede finalmente una scrollata alla catalessi padovana perennemente inchiodata a centro classifica, centrando il salto di categoria: dalla C1 alla C2. E il Vicenza? il Vicenza, guarda te un po’ il caso, centrò il ritorno in A e visse l’epoca Pablito Rossi con il secondo posto. Il Buon Giussy, tuttavia, alla fine degli anni ’70 cagò un po troppo alto alle buste per il riscatto di Rossi e la squadra retrocesse prima in serie B e poi in C dove ritrovò i cugini padovani nella stagione 1981-82. In eredità lasciò al figlio Francesco Farina un buco economico niente male. Giussy Farina, persona squisita e ottimista, due anni più tardi riuscì perfino ad arrivare alla presidenza del Milan che traghettò con successo dalla B alle soglie di un’aula di tribunale. Le ultime notizie su di lui risalgono al 2006 quando tentò di comprare l’Hellas Verona da….Pastorello (nel frattempo passato sotto le dipendenze di Tanzi prima e divenne Presidente di un Verona portato a un passo dal fallimento poi) Un consiglio: se siete lungo l’A4 e viaggiate in direzione Milano, se c’è coda gridate pure il nome di Giussy Farina: in molti si fermeranno e vi faranno passare.
Confinato nel limbo della C, per un decennio il Vicenza vede i cugini padovani arrivare in serie B ed incrociarli, siamo a marzo 1994, giusto in tempo per i saluti per la storica Serie A bianco scudata dopo 32 anni. Un decennio vissuto in crescendo a Padova sotto la guida del Commendator Puggina e di un grande Direttore Sportivo come Piero Aggradi, con una società capace di lanciare gente mica da scherzo come Di Livio, Del Piero, Benarrivo, Albertini, Franceschetti ecc…una Società con la S maiuscola che scendeva per le ultime volte in campo nell’Appiani gremito. Una Società che all’epoca fece realmente sistema, basti pensare all’imprenditoria padovana comunque più presente degli anni scorsi (e di oggi….). Il Vicenza visse un decennio tutto sommato dimmerda. Alla guida un personaggio non proprio immune da processi come Pieraldo Dalle Carbonare, il terzo grande manager vicentino.
Ed anche qui, curiosamente, al declino padovano nella seconda metà degli anni 90 (col Padova che passò a giocare in un impianto di Tangentopoli, con un presidente sconosciuto ed imprenditore imprecisato come Viganò) fece contraltare la scalata del Vicenza addirittura vincitore di una coppa itaglia e semifinalista contro il Chelsea l’anno dopo (non certo il Chelsea d’adesso).
La bella (?) favola vicentina fini con il gol di Mark Hughes. Nel senso che l’anno dopo cominciò un breve ascensore tra A e B che catapultò definitivamente i biancorossi nei primi dieci posti della parte destra della classifica di B. Si salvarono in un’estate caotica dopo aver perso lo spareggio playout contro la Triestina. Da quel giorno stop, sempre e solo salvezze risicate (Da ufficio inchieste un gol di Paonessa a pochi minuti dalla fine a Crotone all’ultima giornata) o anonime posizioni di medio bassa classifica. Parlando di Società e Tifoseria, allo stato attuale stiamo decisamente meglio noi. Nel futuro, non lo so. Si blatera tanto a Vicenza di un possibile coinvolgimento di Cestaro in un ipotetico stadio più parco commerciale alle porte del capoluogo berico…. Una cosa in cui Vicenza sta facendo Sistema: spinge il Sindaco, spinge il Presidente della Provincia, qualcosa si muove a livello imprenditoriale… la cosa francamente mi lascia indifferente fino a un certo punto. Aldilà della gratitudine al Presidente per averci tolto dalla merda dopo anni di anonimato, la mia domanda è un’altra: dove cazzo sono gli imprenditori padovani? Se Cestaro molla baracca e burattini facciamo la fine del Pisa? La crisi c’è ed esiste solamente da Mestrino a Montagnana? Riusciremo ad avere un Sindaco capace realmente anche lui di fare Sistema e permettere a Padova e al Padova di guardare al di là del proprio naso e dei dispettucci da bambini che ci hanno abituato i palazzi dei poteri padovani (nostri assidui lettori)?
Queste sono le mie opinioni sui vicentini.
Come dite? non ho parlato della tifoseria invece le altre volte parlavo di tifoserie? Scusate ma…che tifoseria?

Mr.Peter North

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