giovedì 30 settembre 2010

"STADI VUOTI? LI RIEMPIREMO!" ARMIAMOCI E PARTITE...

Fonte: Eco dello Sport

Gli stadi di serie B sono sempre più vuoti. “Dobbiamo riempirli”: Andrea Abodi, presidente della Lega di Serie B, lancia la sfida nel giorno della sua rielezione.
Dopo le dimissioni di qualche settimana fa si è infatti ripreso la carica, con venti voti a favore ricevuti. Il suo obiettivo è portare più gente allo stadio: “Oggi negli stadi delle squadre di B c’è una media di 6mila spettatori per partita. A fine mandato spero di raggiungere quota 10mila. Lo stadio reale è più importante di quello virtuale”. Un obiettivo ambizioso, ma difficile da realizzare.
Tutti ci auspichiamo la crescita del numero di spettatori in un campionato sempre divertente, equilibrato, con continui saliscendi in classifica. La serie B è un torneo in cui la classifica è sempre corta così come la distanza tra la zona promozione e quella retrocessione. Bastano un paio di vittorie o sconfitte per ritrovarsi dalla parte opposta della graduatoria. Il divertimento è garantito. Tutto ciò, evidentemente, non basta per attirare pubblico. Emblematico il caso di Trieste dove si è pensato di risolvere il problema con i tifosi di cartone.
Nella passata stagione la media è stata di 5.120 spettatori a partita. Lecce-Cesena è stata la partita con il numero più alto di presenze: 27.601. Ad assistere a Gallipoli-Piacenza erano appena 634 persone. Torino e Cesena hanno registrato le presenze maggiori: all’Olimpico andavano in media 13.584 persone, al Manuzzi 11.272. Bene Lecce e Vicenza, con oltre 7mila spettatori. Il resto dei club andavano dai 3mila ai 6mila spettatori. Peggio di tutti il Gallipoli, con poco più di 1000 spettatori a partita.
I motivi sono molteplici. La maggiorparte degli stadi sono vecchi o non ideali per il calcio. Due esempi lampanti. Il Menti ha fatto la storia del Vicenza. È uno stadio perfetto: un catino che consente un’ottima visuale da tutti i posti. Si trova in centro città ed è ben collegato. Però è vecchio, non è del tutto agibile e per la serie A non sarebbe a norma. Conseguenza: la società (anche per questo motivo) investe poco per la promozione, e lo stadio non si riempie. 7mila tifosi in media per una squadra senza ambizioni da dieci anni, di questi tempi, sono comunque tanti.
A Padova c’è una situazione opposta: stadio nuovo (dal ‘94 l’Euganeo ha sostituito il mitico Appiani) però non è adatto al calcio. La pista di atletica rende difficoltosa la visuale del campo, soprattutto dalle curve: le gradinate nord e sud sono basse e molto distanti dalla porta. Gli ultras di casa per questo si sono trasferiti in tribuna. Tanti anni fa l’Appiani, un catino, aveva molti più tifosi di oggi.
Alcune squadre, inoltre, hanno un numero ridotto di tifosi, in proporzione agli abitanti della città. Pensiamo alle piccole come Albinoleffe, Cittadella, Portogruaro, Sassuolo, che a volte non raggiungono nemmeno il migliaio di spettatori. C’è da dire che (a parte il Cittadella) queste squadre non giocano nel loro stadio. Il Sassuolo gioca al Braglia di Modena, l’Albinoleffe a Bergamo, il Porto per ora al Friuli di Udine. L’anno scorso il Gallipoli andava a Lecce. In questi casi la scomodità di dover viaggiare fa rimanere a casa molti potenziali spettatori.
Il problema principale della scarsa affluenza è, però, la cultura sportiva. In Italia si tifa prevalentemente per Inter, Juve o Milan. La competitività viene prima dell’amore per le proprie radici. Le città di provincia, così, non possono contare su un alto numero di tifosi (ci sono eccezioni come Vicenza e Atalanta), e di conseguenza non avranno mai lo stadio pieno. Ecco perché arrivare ai livelli della Championship, la serie B inglese, è pura utopia. La Championship vanta una media più alta anche della nostra serie A. È vero che l’anno scorso solo una squadra (il Newcastle, poi promosso) ha superato la media di 35mila presenze per gara, ma altre sette squadre avevano una media tra 30mila e 18mila spettatori. Solo tre meno di 10mila. Mai, comunque, al di sotto dei 5mila, come la nostra serie B.
Non basta, quindi, ribattezzare il torneo serie Bwin, mettendoci il nome di uno sponsor come, appunto, la Coca Cola Championship. Se non c’è una forte passione alla base, i numeri resteranno sempre ridotti. Tutti dovrebbero seguire l’idea di Percassi, il presidente dell’Atalanta: “A tutti i neonati di Bergamo regaleremo un gadget dell’Atalanta”.

E' interessante notare come NON SI ARRIVI MAI in qualsiasi discussione ad analizzare i veri motivi del distacco: partite al sabato (giorno in cui la maggior parte della gente lavora) e prezzi dei biglietti alti. La Tessera del Tifoso è semplicemente l'elemento che ha dato la mazzata finale, ma se si spera che questa possa servire per tornare a riempire gli spalti state pure freschi: piuttosto sta togliendo quel pò di atmosfera, quel pò di tifo che erano rimasti. E senza di quelli, la gente si annoia ancora di più...
In conclusione, questo non ci ha capito molto del problema: preparatevi a vedere altri tifosi disegnati sui teloni in molti altri stadi!

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