giovedì 11 marzo 2010

"NON POTRA' MAI CAMMINARE"


"La Padova Bene" non è un blog per esaltare i calciatori mezze checche di oggi o per narrare la storia di persone e fatti già stranoti. Nemmeno di stronzi alla Platini o alla Pelè. Oggi parliamo infatti del “Best” brasiliano, lo sconosciuto ai più Manoel Francisco dos Santos detto Garrincha. O forse dovremmo dire che Best fu il Garrincha nordirlandese…capirete il perché. Gaarrincha nasce nel 1933 a Pau Grande in una famiglia poverissima col padre alcolizzato morto successivamente di cirrosi e nasce con zero doni di Madre Natura, anzi una discreta dote di rogne congenite: leggero strabismo, spina dorsale deformata, il bacino slogato e in più aveva una gamba più corta dell’altra di sei centimetri, il medico visitandolo sentenziò in maniera lapidaria. “Non potrà mai camminare”. I genitori di Manuel però non si diedero per vinti; un chirurgo rimediò in parte alla natura, rimise a posto una gamba mentre l’altra rimase sempre rivolta verso l’esterno, un peso morto senza forza. Una condanna terribile al non gioco per un bambino; lui soffriva, il padre anche di più, così decise di comprargli un triciclo e ogni sera dopo il lavoro trascinava per qualche chilometro Manuel, legandogli le gambe malferme ai pedali del triciclo. Sei anni, ogni cazzo di giorno su e giù per la strada. A 8 anni miracolosamente Manoel inizia a camminare da solo, cammina, comincia a correre, in poco recupera il tempo perduto, è il nuovo Re di Pau Grande. Nelle assurde e interminabili partite tra ragazzini Manoel incanta e distrugge gli avversari con un dribbling ubriacante quanto efficace, un dondolio sulle gambe da ballerino poi via veloce, lui da una parte avversari dall’altra. Sarebbe diventato “L’Alegria do Povo” – L’allegria della gente. Il fanciullo cresce, trova lavoro a 14 anni dove viene licenziato per pigrizia (!) ma il presidente della squadra di calcio dello stabilimento lo fece reintegrare per farlo giocare nel club. A diciotto anni, dopo aver perso la verginità nientepopodimenochè con una capra (!!) riempie l’utero di una collega con cui contrae matrimonio. Il giovane Garrincha cresce col vizio di frequentare bordelli, divenne tabagista e un alcolista non da poco: beveva birra ma la cachaca (un distillato estratto dalle canne da zucchero) lo mandava in estasi. Più o meno nello stesso periodo, viene portato da un dirigente del Botafogo alla partitella di allenamento tra Botafogo e riserve. Garrincha gioca ala destra tra i rincalzi e si trova davanti una Leggenda dell’epoca come Nilton Santos.  Lui se ne fotte e ben presto tutti si accorgono che quel fringuello è un pazzoide del calcio; il grande Nilton Santos non riesce a contenerlo, la prima volta lo incula con una finta, la seconda gli piazza un tunnel, la terza lo irride con un sombrero. Basito e pure incazzato, il campione lo fa presente a Garrincha ma lui continua beatamente a farsi i cazzi propri. Il Botafogo per 500 cruzeiros, la cifra più bassa che sia mai stata scritta su un contratto professionistico nella storia del calcio brasiliano, su invito dello choccato Nilton Santos, acquista il ventenne Garrincha. Coi bianconeri di Rio, Garrincha giocherà 12 anni, 581 partite e 232 gol. Quasi un gol ogni due partite! Si toglierà non poche soddisfazioni a livello personale e di club. Già devastante in patria, la Leggenda di Garrincha divampa anche nel resto del mondo a partire dai mondiali in Svezia del 1958. Garrincha pensò bene di inaugurare il mondiale svedese asfaltandosi in loco una nativa da cui ebbe un figlio. Fenomeno in campo, fenomeno al bancone, a letto in totale nella sua breve vita fece sfornare alle cinque donne avute (tre mogli…e te credo che no se gabia da all’alcol) appena 14 figli. El Pube de oro. Tiratosi su i pantaloni, conscio dell’importanza del Mondiale, fu trovato infatti spolpo nella hall in prossimità delle prime due partite del Brasile e pertanto relegato in tribuna. Alla terza, messo dentro per imposizione dei senatori dello spogliatoio,  Garrincha fa letteralmente sclerare l’intera nazionale sovietica avversaria quel giorno dei fantastici verdeoro. Pronti via, parte sulla fascia, ne dribbla tre, tira…. traversa! Sessanta secondi dopo chiama al miracolo Lev Jascin. Altro giro di lancetta e serve l’assist vincente per Vavà. E così per novanta minuti. Finirà due a zero per i brasiliani e i russi ricoverati in manicomio. L’Equipe, giornale francese dell’epoca, titolò: “I tre minuti più devastanti della storia del calcio”.
E dire che qualcuno manco voleva convocarlo; un tal dottor João Carvalhaes, psicologo della squadra, decise di sottoporre i giocatori a dei test attitudinali. Il metodo adottato prevedeva che questi disegnassero la figura di un uomo. I disegni maggiormente realistici avrebbero rivelato le persone più intelligenti. Garrincha disegnò un uomo con la testa sproporzionatamente grande, affermando che si trattasse di Quarentinha, un compagno di squadra del Botafogo. Non seppe inoltre distinguere una linea orizzontale da una verticale. Ottenne così un punteggio inferiore perfino alla soglia minima fissata dalla teoria e la relazione stilata descriveva la sua personalità come infantile. Per l’esimio psicologo, che riuscì anche a sparare una cagata atomica come giudicare “inadeguato” Pelè, Garrincha non doveva essere convocato. Ragazzini di dieci anni, non credete mai ai medici brasiliani!
Giunti in finale i brasiliani vanno subito sotto dopo pochi minuti contro i padroni di casa svedesi, rivivendo pericolosi fantasmi della sconfitta di pochi anni prima con l’Uruguay. Finisce 5 a 2, segneranno due volte Pelè, due Vavà e Zagallo, è il primo titolo mondiale per la nazionale sudamericana, è il mondiale del futuro colletto bianco Pelè e anche di quella dell’infantile Garrincha… talmente infantile da chiedere al capitano della Selecao Santos nel caos dei festeggiamenti del dopopartita “Quando giochiamo il ritorno?”.
Sembra l’inizio di una carriera sfolgorante per la formidabile ala destra ma non sarà cosi; se sul rettangolo di gioco fa impazzire gli avversari fuori è uno sregolato, beve molto, è violento, prende chili e infila una serie di cazzate impressionanti oltre alla già citata svedese.  Investe suo padre, va in carcere per guida in stato di ebbrezza, sbanda e fa secca la suocera mentre lui si salva ma nonostante questo il calciatore Garrincha è ancora pazzesco.
Con il suo Botafogo inanella trofei e con la Selecao nel 1962 si giocano i Mondiali in Cile. Il Brasile perde subito Pelè che verrà sostituito nel ruolo da Amarildo e nel carisma dall’ex bambino infermo nato in un villaggio di poveracci. La sua furia agonistica esplode, logicamente, al terzo match contro la Spagna che conduce 1-0. Dopo il pari verdeoro di Amarildo, a cinque minuti dallo scadere Garrincha si sveglia di soprassalto dribbla un difensore, si ferma, aspetta chi ha appena dribblato e lo salta di nuovo, poi se ne porta via un altro e crossa dal fondo. Amarildo insacca il Brasile vola ai quarti. Nei quarti c’è l’Inghilterra e lì Garrincha devasta il devastabile segna di testa, al 38’ pareggia Hitchens, poi nella ripresa si capisce perché qualcuno, un paio di giorno dopo titolerà “Ma da che pianeta viene Garrincha?” Prima infatti favorisce il gol di Vavà con un tiro da fuori respinto dal portiere inglese con tap in vincente del compagno, dopo al 59’ riceve palla fuori area, la controlla e fa partire un tiro ad effetto apparentemente fuori…. ma che finisce all’incrocio! è 3 a 1 si va in semifinale. In semifinale il buon Garrincha, non si sa se dopo aver trombato qualche cilena, asfalta i padroni di casa con una fantastica doppietta nel 4-2 finale. Nel clima incandescente Garrincha si trova a proprio agio tanto da prendere letteralmente a calci nel culo il difensore avversario e venire espulso intorno al ’90. Segui un caso diplomatico imbarazzante, un casino che però permise a Garrincha di giocare la finale. Il Brasile vince, è due volte campione del Mondo, Garrincha votato miglior giocatore del torneo e capocannoniere con 4 reti. Il mondiale cileno sarà il punto più alto della carriera di Manuel Francisco dos Santos…l’apice prima del declino per motivi fisici e di età. Seguirà un triste girovagare per squadre minori, fino al 19 dicembre 1973 quando gioca la partita d’addio al Maracanà davanti a 131.000 spettatori (!!!).  Garrincha gioca mezzo tempo poi via nel tunnel dello stadio e della vita. Manuel Francisco dos Santos passa gli ultimi anni della sua vita con Elza Moraes famosa cantante bella ma un fia sonà come lui. Li passerà, Moraes esclusa, solo e alcolizzato, rincorso da mogli e figli, alla canna del gas economicamente coerentemente col suo animo ingenuo e allegro e ridotto a giocare partite di esibizione per raggranellare un po’ di denaro. Il sipario cala definitivamente il 20 gennaio 1983 all’Ospedale Alto de Boavista di Rio quando Manuel si addormenta placido. Lo stronca un edema polmonare notturno, lo trovano all’alba, il corpo flacido, gonfio e distrutto come un ottantenne alcolizzato. Così morì l’ Alegria do Povo, l’allegria della gente. L’uomo che esaltò un’intera Nazione. Ad appena 49 anni.

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