(In foto: Paolo Di Canio in trasferta a Padova ai tempi in cui girava con gli Irriducibili Lazio).
Qualcuno mi ha chiesto per quale motivo non canto mai cori a favore dei calciatori, e non l'ho fatto nemmeno dopo la promozione. E' presto detto: ho la profonda convinzione che i calciatori siano dei lavoratori dipendenti. Dipendenti di noi tifosi. Un pò quello che dice Beppe Grillo dei politici, solo che in questo caso la convinzione è ancora più marcata visto che i calciatori non decidono un cazzo per conto nostro. E visto che se non ci fossero i tifosi che pagano (salati) i biglietti dello stadio e che si abbonano anche a Sky, i calciatori non sarebbero delle star superpagate ma degli operai o degli impiegati che la sera vanno ad allenarsi dopo il lavoro. Ma di questa cosa ce ne dimentichiamo un pò tutti, in primis i presidenti che fanno contratti faraonici a gente che deve solo giocare a pallone e che molto spesso non ha voglia nemmeno di fare quello, i calciatori che ai tifosi spesso e volentieri mancano di rispetto, e molti tifosi stessi che fanno di una persona che ha solo i piedi un pò più dritti dei miei un idolo incontrastabile. Massimo rispetto per chi onora la maglia, ma in senso stretto io rimango dell'idea che i calciatori passano, come anche i presidenti, gli allenatori, e molti "tifosi d'occasione"; ma il Calcio Padova 1910 resterà sempre. E' sempre così?
IL ROSSO E IL NERO. Paolo Di Canio ha un pregio-difetto che gli riconosco e che me l'ha sempre fatto apprezzare: è sempre stato un gran rompicoglioni, fin dai primi anni! Giocatore dal talento straordinario, se avesse avuto un'altra testa avrebbe fatto una grandissima carriera. Invece preferì distinguersi per essere personaggio, e quando nella stagione 88/89 segnò alla Roma nel derby andò ad esultare sotto la Curva Sud col dito puntato verso i tifosi giallorossi ed aria di sfida. Se qualcuno conosce Roma ed i romani può ben capire come per un pò di tempo in seguito abbia avuto i suoi bei problemi ad andare in giro per la città. Ma si fosse limitato a quello: piantò delle grane anche in campo, in particolare con gente come Cicciobello Desideri, Sebino Nela e "Er principe" Giannini. Insomma faceva di tutto per farsi odiare e farsi odiare da gente a cui uno con un pò di buon senso avrebbe evitato di pestare i piedi (sopratutto Nela, sembrava un ergastolano). La Lazio lo cedette alla Juve nel 1990 e lui in polemica con la società disse la famosa frase "Meglio un gagliardetto alla Juve che una bandiera alla Lazio". Anche i tifosi non la presero bene. Lui nel frattempo le grane si mise a piantarle anche con i suoi allenatori, e finì per fare panchina in quasi tutte le squadre in cui si trovava. Quindi nella seconda metà degli anni novanta, dato ormai per finito in Italia, emigrò in Inghilterra dove rimediò una maxisqualifica per uno spintone all'arbitro ma divenne un idolo indiscusso sia per il genio calcistico, sia per il temperamento (i Sudditi di Sua Maestà non sono delle mezze checche come gli italiani ma sono abituati a lottare per prendersi le cose che gli spettano, un rompicoglioni come Di Canio poteva solo essere apprezzato), sia per un gesto di fair play quando col portiere avversario a terra con un ginocchio rotto prese il pallone con le mani per consentirne i soccorsi evitando un gol già fatto. Gli inglesi volevano fargli un monumento, in Italia sarebbe stato offeso da molti tifosotti, dall'allenatore, dai compagni di squadra e pure ammonito per fallo di mano volontario. Ma in Italia lui ci tornò, lo voleva la Lazio ed i tifosi avevano ricominciato ad acclamarlo. Da laziale, si accontentò anche di prendere meno soldi. Tanto i soldi li aveva già fatti al West Ham. Lui capì che per rimanere a galla nel campionato italiano col suo carattere, doveva diventare personaggio. E così fece, fece di tutto per crearsi il proprio personaggio. Al derby segnò, fece segnare, esultò sotto la curva, fece gestacci ai romanisti e concluse con un saluto romano sotto la Nord. Intervistato, dedicò la vittoria ai diffidati e relativamente al saluto romano disse senza troppi giri di parole di essere di destra (cosa che peraltro aveva già detto in passato). Da quel momento molti lo odiarono, molti altri lo amarono, quasi a nessuno era indifferente. Sarei un bugiardo a dire che non mi piaceva: mi piaceva molto il suo personaggio e la sua immagine, e mi piace tutt'ora. Tuttavia ebbe anche dei problemi: a Livorno i tifosi labronici lo aspettavano e lui (col suo modo di fare diplomatico) scese dal pullman in posa Mussoliniana mostrando il cranio rasato e beccandosi una torcia. Sostituito si girò verso il settore laziale facendo il saluto romano. A Livorno. Venne deferito per questo, e la domenica dopo la Nord laziale gli tributò un omaggio floreale. Non si è comunque mai tirato indietro, nemmeno di fronte a Lotito, odiato dai laziali che finì pure per beccarsi qualche frecciatina dal buon Paul. Infatti lo mandò a finire la carriera nella Cisco Roma. Non ha mai vestito la maglia della Nazionale e non ha mai vinto un cazzo nella carriera ma ha scritto due libri sulla sua vita ed è diventato idolo di molti tifosi anche non laziali. Insomma, nemmeno poco. Una carriera modesta, ma sicuramente un gran personaggio.
Anche la sinistra, sulla spinta emotiva del "Caso-Di Canio" ha tentato di crearsi i suoi personaggi. Zampagna e Lucarelli. Ma il primo non è tipo da farsi mettere dei fili sulle braccia e una mano nel culo. Si fece qualche saluto a pugno chiuso sotto la curva livornese (era diventata come il Muro del Pianto a Gerusalemme: un simbolo a cui rendere omaggio) e magari la cosa gli stava anche bene, ma poi lo disse chiaramente che non gli piaceva troppo prestarsi a questi giochetti. E all'Atalanta venne messo fuori rosa quando rifiutò di firmare una dichiarazione della squadra che prendeva le distanze dalla Curva Nord in seguito agli incidenti di Atalanta-Milan, il giorno della morte di Gabbo. Lucarelli invece per poco personaggio non ci diventò, ma diciamola tutta: non aveva un quarto del "personaggio-Di Canio", a partire dalla faccia troppo da bravo ragazzo. Era poco credibile insomma. Me lo ricordo quando giocava a Padova: una domenica da squalificato venne in curva con noi, pochi mesi dopo giocò a Livorno con l'Under 21, segnò e esultò verso la Curva Nord mostrando una maglietta di Che Guevara che teneva sotto la casacca azzurra. Criticato, si difese dicendo che era una maglietta regalata dagli ultras livornesi e che lui nemmeno sapeva chi era quella persona raffigurata. Insomma fece anche la figura dell'ignorante. Qualche anno dopo a Livorno ci arrivò sul serio e cercando di spacciarsi per il personaggio che non era. Scrisse subito un libro in cui diceva di aver rinunciato a un miliardo per giocare nel Livorno di cui si sentiva una bandiera (e qualcuno con la memoria lunga si chiese dove cazzo era questa bandiera quando il Livorno era in C), ed in cui raccontava quell'episodio accaduto a Padova con una chiave di lettura tutta ricostruita e personale, in cui parlava di "ideali" e di "nazifascisti". Comiciò a dispensare pugni chiusi verso la curva livornese. Rilasciò una mitica intervista in cui disse "Ci vogliono mandare in B perchè abbiamo una tifoseria rossa" e specificò poi che "lo scorso campionato sono retrocesse quattro squadre (Perugia, Modena, Empoli ed Ancona) i cui tifosi esibivano le bandiere di Che Guevara, quest'anno toccherà a noi". Mezza Italia si ribaltò sulla poltrona dalle risate e lui il giorno dopo disse di "aver sbagliato per aver parlato a caldo". Fece anche molto per i tifosi (un tifoso livornese venne fermato a Roma dalla polizia e pare che lui disse al responsabile della sicurezza che se non fosse stato liberato si sarebbero rifiutati di scendere in campo nel secondo tempo) e tentò di costruirsi un pò l'immagine del "Di Canio rosso". Non ci riuscì un pò per lo stesso motivo per cui la sinistra in Italia continua a perdere consensi: vorrebbero essere come Berlusconi ma non ne hanno le capacità! In compenso si innamorò così tanto del comunismo da mandare in culo Livorno, i livornesi, Che Guevara e le bandiere per andare a giocare in Russia, allo Shacktar. Dove di miliardi gliene davano un pò di più di quello che aveva perso trasferendosi a Livorno. Recupero crediti insomma. Cuore a sinistra, portafoglio a destra. Tornò poi in Italia al Parma, ma ormai come personaggio è svanito e la sua figura è diventata poco credibile.
Dovessi dire un personaggio che mi ha colpito, parlerei di Pippo Maniero, calciatore dalle caratteristiche fisiche e tecniche simili a Lucarelli (forte fisicamente e gran colpitore di testa), dal livello culturale uguale, che non si è mai detto nè di destra nè di sinistra. Era solo un gran boaro. Due perle: "Io sono un grande tifoso del Padova ciò! Quando iero bocia andavo sempre vedarlo a l'Apiani coa curiera!" (Da li il coro "Tui a curiera! Maniero tui a curiera!"), di quando giocava nel Padova; e "Parchè io sono ferarista e sono molto contento che Sciumacher è arrivato uno!"). Almeno lui era sè stesso, senza bisogno di costruirsi personaggi.
A FUROR DI CURVA. Paolo Maldini ha vestito per 24 anni la maglia del Milan. Ha esordito in serie A a nemmeno 16 anni, ha smesso quest'anno dopo aver vinto tutto. Gran calciatore e grande professionista, non c'è che dire. Ma forse ci sarebbe qualcosa da dire sulla persona. In effetti negli ultimi anni di carriera aveva un pò quest'atteggiamento da "Messia", da Dio in terra che non è piaciuta troppo ai suoi tifosi. E lui non aveva fatto troppo per farsi amare: dopo la tragica finale di Istambul il Milan si trovò contestato dai tifosi all'aeroporto. La cosa sarebbe normale per un professionista, soprattutto quando perdi una finale che a fine primo tempo vincevi 3-0 e soprattutto se si viene a sapere che a fine primo tempo in spogliatoio stavi già festeggiando. Ma Dio Maldini non può essere contestato, e così se ne uscì definendo i suoi stessi tifosi (quelli che gli pagano lo stipendio, come ho detto sopra) "mercenari" e "pezzenti". Che classe. E non tutti i tifosi hanno la memoria corta: nel giorno del suo addio al calcio, poco più di un mese fa, la Curva Sud ha esposto uno striscione polemico: "Per i tuoi 25 anni di carriera, sentiti ringraziamenti da coloro che hai definito mercenari e pezzenti!!!", accompagnato da cori a favore di quello che è ritenuto il vero capitano rossonero, Franco Baresi. La faccia di Maldini è stata eloquente. Chiaramente c'è stata anche la levata di scudi di quello che è il mondo del calcio, con tifosi ed addetti ai lavori a chiedersi perchè offendere Maldini il giorno del suo addio al calcio. Ecco la risposta: semplicemente nessuno ha offeso Maldini, gli hanno fatto solo notare con uno striscione di pochi metri come lui sia stato grande come calciatore e piccolo come uomo. Se poi sentirsi mettere sotto un'icona come Baresi è visto come un'offesa... Paolino ha dato un altro esempio di classe sia dando dei figli di puttana ai tifosi della curva mentre usciva, sia dichiarando ai microfoni poi "Sono fiero di non essere mai stato uno di loro". Ecco chi ha offeso in realtà. Brutta cosa la memoria lunga.
MARGHERITONI PRESENTE. In un film degli anni '80 Andrea Roncato interpretava il ruolo di tale Margheritoni, calciatore smodato e modesto famoso per le sue relazioni amorose. Di Margheritoni ne abbiamo avuti diversi anche nel campionato italiano: da Cristian Vieri che si passa ogni anno una velina nuova, tanto da continuare a firmare contratti da professionista solo per continuare a chiavare (Ed io non mi stupisco di lui ma di chi glieli fa firmare); fino a Mirco Sadotti che qualche anno fa giocò a Padova e che non era neppure troppo male come difensore in C, se non fosse che si vociferava su una sua presunta love-story con Alessandra Pisani, moglie dell'allora presidente Mazzocco, e che a fine stagione andò via di corsa...
Uno dei migliori interpreti del ruolo di Margheritoni è stato sicuramente Francesco Coco. Giocatore di discreto valore, forse un pò sopravalutato (è stato considerato per un pò l'erede di Maldini), tanto che per averlo Moratti cedette Seedorf al Milan (fatevi due conti sul perchè l'Inter prima di Moggiopoli non vinceva un cazzo) e gli fece un contratto mi pare di 4,5 milioni di euro l'anno. Il buon Francesco si infortunò alla schiena e rimase fermo per dei mesi. Nel frattempo però cominciò a darci dentro nel mondo dello spettacolo. Prima la De Grenet, poi la Arcuri, poi ancora Francesca Lodo, fino a due modelle che si presero quasi a coltellate mentre lui si godeva la scena. Insomma ci dava dentro, ad occhio doveva avere le qualità (la Arcuri mi da l'impressione di non essere una che si accontenta "del calciatore" ma che voglia anche la sostanza...). Si vocifera pure che Moratti un giorno lo chiamò in sede per risolvere un contratto un tantino oneroso per uno che non giocava mai, che lui si presentò in scooter, con canottiera, bandana in testa e infradito, e che alla fatidica domanda ("Risolviamo il contratto?") rispose alla veneta ("Sio mati!?!"). In seguito rimase coinvolto anche nella vicenda di Vallettopoli. Insomma, possiamo dire che da giocatore ha disputato cinque o sei stagioni ad alto livello. Poi i soldi li ha fatti, ed ha preferito concentrarsi sul sesso e sulle serate al Billionaire. Ciameo mona. Mona casomai era chi lo considerava un calciatore. Alcolismo e puttane.
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