venerdì 30 luglio 2010

VENT'ANNI DI FALLIMENTI

La stagione che va a incominciare segnerà un cambiamento epocale nella storia del Calcio Italiano, con l’entrata in vigore della Tessera del Tifoso, l’ultima trovata del Ministro Maroni per svuotare definitivamente gli stadi italiani da quei pochi che ancora non si sono schifati del tutto di fronte a partite giocate in giorni ed orari impossibili, arbitri e dirigenti federali al servizio dei potenti, la pochezza assoluta di una nazionale incapace di passare nel girone più facile del mondiale e di fronte ai continui insuccessi delle squadre di club in Europa (eccezion fatta per l’Inter che di italiano ha comunque poco per non dire nulla, se consideriamo anche Ballottelli!); e che non si sono ancora stancati di tornelli, biglietti nominativi ed incostituzionali divieti di trasferta. Si perché se per caso qualcuno non se ne fosse ancora accorto, il calcio italiano è allo sfascio completo, e dare la colpa di ciò agli ultras che popolano le gradinate è un esercizio tanto semplice quanto ipocrita: lo sanno tutti quelli che frequentano gli stadi, però di fronte all’opinione pubblica, alla “casalinga di Voghera” che non frequenta lo stadio bisogna dare delle risposte. Ed in Italia, come in tutti i paesi del terzo mondo, occorrono risposte immediate ed eccezionali, che ci consentano di chiudere la stalla una volta che i buoi sono scappati e di avere la coscienza pulita fino alla prossima fuga di buoi…
LA VIOLENZA NEGLI STADI. Sono vent’anni che il governo italiano, passata l’emergenza terrorismo, si è messo in testa di combattere la violenza negli stadi a colpi di decreti e leggi speciali. La prima “pietra” di questa nuova battaglia fu la legge n.401 del 13 dicembre 1989, quella che in pratica regolamentava le cosidette “diffide”. In questi vent’anni in Italia sono state emesse ben sei (SEI, MICA UNA!) leggi speciali sulla violenza negli stadi, nessuna che abbia contribuito a risolvere il problema! Che sia il caso di rivedere il metodo utilizzato?
Ad ogni modo la legge n.401/1989 prevedeva che “Nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate per aver preso parte attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche specificamente indicate nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime”. Tradotto significa che uno poteva vedersi comminata la diffida sulla base di un semplice rapporto di polizia. Una denuncia e dovevi stare lontano dagli stadi per un anno, anche se poi in sede processuale venivi assolto o (come succedeva nel 70% dei casi) al processo non ci saresti mai arrivato per decorrenza dei termini. Una condanna preventiva in poche parole, senza processo. Molti oggi ricordano le vecchie diffide di un anno con un pizzico di nostalgia, ben sapendo quello che si rischia oggi; ma la realtà è che furono il primo esempio di sospensione della Costituzione, altra cosa che oggi sembra quasi normale… Ovviamente questa legge divenne uno strumento potentissimo nelle mani di questori e questurini che cominciarono ad utilizzarla come un vero e proprio ricatto nei confronti di chi ritenevano (a torto o a ragione) “scomodo”: ti ordino di andartene e tu rimani in zona pur senza prendere parte ad episodi di violenza? Diffida! Ti provoco all’ingresso dello stadio e tu mi rispondi male? Diffida! Mi stai antipatico perché ti porti a letto mia figlia? Diffida! Chiunque può capire come questo sistema fece nascere negli ultrà italiani un nuovo e fino ad allora sconosciuto sentimento: l’odio per le forze dell’ordine! Fino ad allora infatti nell’immaginario collettivo i “nemici” erano quelli dell’altra tifoseria, e le forze dell’ordine erano viste come un elemento di disturbo… Ma col passare del tempo e con provvedimenti di diffida che spesso e volentieri andavano a colpire persone estranee ai fatti ma “troppo conosciute” andò aumentando anche la rabbia per quella che agli occhi di molti era vista come una vera e propria ingiustizia. Ed a sfogarsi nei confronti di chi l’applicava spesso a proprio piacimento… Ovviamente questa “anomalia” nei confronti dei tifosi non venne mai colta: in un paese come l’Italia basato sulla tipica ipocrisia cattolica, la maggior parte della gente sostiene che “non si debbono avere nemici, men che meno allo stadio”, e che “se vengono diffidati, qualcosa avran fatto…”. Proprio quel “qualcosa avran fatto” che può significare tutto e niente ma che è molto diffuso nella mente degli italiani ha rappresentato il miglior lasciapassare per le varie questure, ma di certo non ha aiutato a risolvere il problema… come del resto non hanno aiutato a risolvere il problema tutti i vari successivi provvedimenti governativi, che andavano sempre nella direzione della repressione senza mai voler comprendere il fenomeno: diffide portate a tre anni con firma (sempre senza aver subito un processo!), possibilità di arresto in “flagranza differita” fino a 36 ore dopo i fatti, tornelli agli ingressi, biglietti nominativi… Anzi, più aumentava la repressione, più crescevano gli incidenti soprattutto fra tifosi e forse dell’ordine, che nell’arco di un decennio sono passate ad essere considerate il “primo nemico” dagli ultras di tutta Italia.
Il punto di non ritorno si è raggiunto il 2 febbraio 2007, quando in seguito agli incidenti dopo la partita Catania-Palermo morì l’Ispettore Filippo Raciti, con ogni probabilità travolto da un discovery della Polizia in retromarcia. A distanza di tre anni e mezzo, la morte dell’Ispettore Raciti non ha ancora visto un colpevole vero e proprio, ma solo un capro espiatorio: Antonino Speziale, all’epoca dei fatti minorenne, quasi due anni di carcerazione preventiva, poi condannato a quindici anni nonostante fossero emersi da più parti dubbi più che legittimi sulla sua colpevolezza (sollevati fra gli altri anche dal RIS di Parma). Ma la morte di Raciti fu solo il pretesto utilizzato dallo stato per scatenare una guerra senza quartiere al tifo organizzato: vennero vietati l’ingresso di tamburi e megafoni, mentre striscioni e coreografie potevano entrare solo se preventivamente autorizzati; il tutto condito da un’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive che di volta in volta decideva quali tifoserie ed in che modo potessero recarsi a seguire la propria squadra in trasferta. Ovviamente all’italiana, cioè senza valutare effettivamente i reali problemi di ordine pubblico che una partita potesse o meno comportare ma agendo sulla base di un ragionamento “punitorio”: hai fatto casino l’ultima partita? Trasferta vietata! Sei riuscito a far entrare striscioni non autorizzati magari contro il decreto legge appena applicato? Trasferta vietata! Non hai fatto nulla ma denoti una marcata insofferenza verso le nuove regole? Trasferta vietata! Insomma, sembra incredibile ma in vent’anni non è cambiato proprio nulla, men che meno il cervello di certa gente!
Molti salutarono con giubilo questa svolta, si tornò a parlare di “modello inglese” da parte di gente che il “modello inglese” non sa nemmeno cosa sia o dove sta di casa (noi a scanso di equivoci lo affrontiamo più avanti in questo articolo), ma ben presto il teatrino crollò miseramente: si arrivò a veri e propri raid da persone sull’orlo di una crisi di nervi, come la diffida di tre anni a un tifoso della Roma che aveva introdotto all’Olimpico lo striscione “Ce s’è rotto er fax” (premiato fra l’altro su “Striscia la Notizia” come lo striscione più divertente della giornata) o ai pisani che avevano esposto “Questo decreto ci fa ca’a!” condito da un fitto lancio di rotoli di carta igienica; si mostrò il solito rigore assoluto per le sciocchezze, fedeli al motto “forti coi deboli”, ma non si riuscì ad evitare un’altra tragedia. L’11 novembre 2007 infatti un agente della Polstrada sparò da un capo all’altro dell’autostrada in corrispondenza dell’autogrill di Badia al Pino, uccidendo il tifoso laziale Gabriele Sandri, che stava dormendo in macchina mentre con amici si stava recando a vedere la sua squadra a Milano. Si è sempre detto, quasi a parziale giustificazione dell’accaduto, che l’agente avesse sparato per aria per stroncare una rissa fra tifosi laziali e juventini. Peccato che i presunti tifosi juventini non siano mai stati rintracciati, che non ci siano testimonianze di una rissa fra tifosi (ce ne sono invece diverse sul fatto che l’Agente Spaccarotella abbia sparato a braccia tese e ad altezza d’uomo prendendo per bene la mira) e che un proiettile sparato per aria non va a conficcarsi sul collo di un ragazzo seduto in macchina dall’altra parte dell’autostrada! Insomma, un poliziotto ha sparato uccidendo un ragazzo che solo casualmente si è scoperto poi essere tifoso, i motivi non si sanno e non li sapremo mai (una volta un conoscente mi disse: “Ma tu credi possibile che un poliziotto abbia sparato così senza motivo?” ed io risposi: “Certo! Altrimenti dammi tu una buona motivazione per cui dovrebbe aver sparato…”), ma questa volta l’atteggiamento dello stato è stato profondamente diverso rispetto alla morte di Raciti: se nel primo caso abbiamo avuto un colpevole identificato quasi subito, sbattuto in galera per anni e condannato poi senza processo nonostante fossero non pochi i dubbi sulla sua colpevolezza; nel caso di Gabriele Sandri abbiamo un colpevole che da subito risulta chiaro a tutti, che ha fatto un gesto folle che poteva avere conseguenze ben peggiori, ma che viene protetto, nascosto, che può continuare a lavorare ed il cui volto viene oscurato fino al giorno del processo, infine che viene condannato per “omicidio preterintenzionale” a soli sei anni di reclusione, che mai sconterà potendo continuare a prestare servizio in polizia. Insomma ci vuole poco a capire che qualcosa non quadra… Ma tornando a quell’11 novembre, la notizia non viene presa bene dai ragazzi delle curve di tutta Italia, stanchi di un quindicennio di abusi e repressione senza che sia previsto per loro il diritto di difendersi… Ecco che a Milano, a Bergamo, a Taranto molti ultras prendono la decisione che lo stato non era riuscito a prendere dopo una mattinata di consultazioni: far sospendere le partite! Dopo un pomeriggio fra i più neri della storia calcistica italiana, le autorità decidono (saggiamente) di rinviare Roma-Cagliari in programma la sera per motivi di ordine pubblico, ma questo non serve a placare la rabbia degli amici di Gabriele che assaltano volanti, camionette ed anche un paio di caserme. Si proseguirà nei giorni successivi con il solito corollario di arresti, di condanne morali, di lacrime ipocrite per “i poveri martiri che rischiano la vita per mille duecento euro al mese”, dimenticando (o fingendo ancora di dimenticarsi) di badare al sodo ed ai fatti: c’è un morto, c’è un colpevole che andrebbe perseguito a norma di legge. Rimane il fatto che una buona fetta di opinione pubblica da questa domenica ha cominciato ad aprire gli occhi: sulla violenza negli stadi, non tutti la raccontano giusta!
Nei tre campionati successivi si è continuato con lo stesso andazzo degli anni precedenti: trasferte vietate, arresti di massa con azioni spesso da film americano, abusi di potere spesso e volentieri mascherati dietro il paravento della sicurezza (termine tanto di moda nell’Italia berlusconiana, ma che non significa nulla…) ed un progressivo, costante svuotamento degli stadi. Da un paio d’anni il Ministro Maroni ha cominciato ad agitare questa “Tessera del Tifoso” come panacea di tutti i mali, e quasi contemporaneamente in tutta Italia è partita una campagna di sensibilizzazione sull’ennesimo provvedimento fasullo, quello che potrebbe dare il colpo di grazia al mondo del tifo ma non certo alla violenza!
LA TESSERA DI MARONI. Ma andiamo a vedere cosa è di preciso questa tessera. Risparmiamoci le solite spiegazioni del tipo “E’ un bancomat…” che questo lo sanno tutti, ed anche l’ipocrita “E’ uno strumento di fidelizzazione…” perché è la spiegazione che si da ai babbei. Chiamiamo le cose col loro nome: è una schedatura preventiva, secondo la cui logica io debbo chiedere il permesso alla questura per abbonarmi e loro possono negarmelo anche senza che abbia commesso particolari reati, basta che abbia riportato negli ultimi cinque anni condanne per reati da stadio. Come potete notare il principio è un po’ quello che regolava la legge sulla diffida vent’anni fa: una condanna a non poter seguire la propria squadra, non stabilita da un giudice ma dalla polizia! Ma servirà a risolvere o “parzialmente migliorare” il problema della violenza negli stadi? No, perché io sono libero cmq di prendermi i biglietti anche se non sottoscrivo la tessera del tifoso. Solo che il possesso della tessera mi da diritto ad accedere al settore ospiti. Negandomela, in poche parole mi viene detto: “Sei pregiudicato per reati da stadio, quindi non puoi recarti in trasferta nel settore ospiti, ma puoi liberamente comprare un  biglietto per qualsiasi settore di casa e mischiarti ai tifosi avversari!!”. E non è nemmeno vero che chi ce l’ha può recarsi in trasferta ugualmente anche in presenza di divieti dell’Osservatorio: chiedete ai milanisti che l’anno scorso si videro negare la trasferta di Genova nonostante fossero tutti in possesso di Tessera del Tifoso! Ma allora a cosa serve di preciso? Di risposte se ne possono dare tante, tutte più o meno buone: dal tentativo di “schedatura allargata” di chi va allo stadio (le questure cmq conoscono le facce più importanti delle varie curve, con la Tessera si può sapere qualcosa di più anche di chi non è assiduo o non frequenta le curve), al tentativo di creare una banca dati dei nostri consumi tramite la tecnologia RFID in uso (che forse non segnala la nostra esatta posizione a chi ci spia, ma che se utilizziamo la Tessera per i pagamenti può dare un’ottima idea di quello che sono i nostri consumi), fino al fatto che la Tessera viene emessa appoggiandosi a una banca che non è gestita da altri che dal fratello di Abete (presidente FIGC) e che può essere una buona cosa per far girare un po’ di soldi in un’epoca in cui ne girano pochi… Rimane il fatto che è uno strumento ambiguo, che la maggior parte delle tifoserie organizzate rifiutano, con ovvie conseguenze sul piano della sicurezza (tanto cara al Ministro Maroni) visto che sarà obbligatoria per abbonarsi e per accedere al settore ospiti in trasferta… Ma c’è ancora chi crede serva per la sicurezza?
Credo che la risposta migliore la possa dare il Vicepresidente Uefa Michel Platini, quando a proposito della Tessera dice testualmente “Si tratta di un fatto italiano che personalmente non mi piace. L’Uefa non fa schedature!”, aggiungendo poi che “Se l’Italia vuole tornare ad ospitare competizioni internazionali (Leggi, Europei o Mondiali) deve eliminare barriere architettoniche e limitazioni territoriali per i tifosi”. Ed adesso chiedetevi: chi sta rovinando in realtà il nostro calcio?
MODELLO INGLESE. A sostegno di queste tesi ci sono i risultati delle ultime due candidature italiane per ospitare gli Europei del 2012 prima e del 2016 poi: nel primo caso il torneo è stato assegnato a Polonia ed Ucraina e ci siamo sentiti ripetere il solito ritornello della violenza come problema nostrano, mentre nel secondo caso siamo finiti addirittura dietro alla Turchia come preferenze! Premesso che chi parla del problema violenza in Italia, dovrebbe farsi un giro proprio in Polonia ed Ucraina per rendersi conto di come la situazione sia ben peggiore e di come non sia questo uno dei parametri dell’Uefa (che giustamente considera la violenza negli stadi un fenomeno non direttamente legato al calco), ben pochi hanno considerato un fatto increscioso accaduto pochi giorni prima della votazione per Euro 2012: i tafferugli di Roma-Manchester United, con il mondo intero che ha visto agenti italiani massacrare con inaudita ferocia tifosi inglesi inermi, in molti casi anche anziani e bambini. Una cosa a cui siamo abituati in Italia ma che all’estero ha il suo bel peso, specie in paesi più civili ed avanzati del nostro. Per esempio in Inghilterra certe immagini hanno fatto gridare allo scandalo, e guarda caso pochi giorni dopo l’Italia ha perso l’assegnazione di Euro 2012 per un solo voto: uno dei delegati Uefa che dovevano votare era inglese!
Ma come!?! Ma quale era il famigerato “Modello Inglese” di cui tutti parlavano nei giorni immediatamente successivi alla morte di Raciti? Sicuramente non quello in cui agenti in divisa col volto mascherato sfidano i tifosi mentre al di fuori una selva di soloni ipocriti piange i “poveri eroi che rischiano la vita per mille euro al mese”!!!
Evidentemente il metodo utilizzato in Inghilterra era diametralmente diverso, e non mi risulta che da quelle parti la violenza legata al calcio sia sparita del tutto: certo gli stadi sono molto più vivibili e la situazione è drasticamente migliorata rispetto agli anni ’80, ma le tifoserie continuano a menarsi, magari lontano dagli stadi. Eppure nessun osservatorio blocca le trasferte a nessuna tifoseria… Come è possibile? Beh da quelle parti sono intervenuti per prima cosa sulle strutture, radendo al suolo i vecchi stadi e ricostruendoli più moderni e sicuri. Creando delle strutture che fossero accoglienti prima di tutto, e che consentissero al pubblico di apprezzare l’evento sportivo. Chiunque sia stato a vedere una partita laggiù si sarà reso conto che non c’è proprio paragone fra i loro stadi ed i nostri e che il prezzo del biglietto vale mille volte il prezzo di una partita su Sky! Ma non è tutto: laggiù pretendono il rispetto ferreo delle regole che valgono per tutti. Non esiste una legislazione a Londra ed un’altra a Liverpool per intenderci! Qui a Padova vi sarete accorti che col vostro biglietto nominale vi tocca rimanere ore in colonna sotto il sole davanti ai tornelli affinchè vi controllino a tutti e vi accorgerete che con la Tessera del Tifoso non cambierà la situazione (non ci sono le corsie preferenziali che vi hanno promesso, sveglia!) mentre come molti di voi avranno visto, in città come Napoli si passa anche in due per tornello e con un unico biglietto… tanto per farvi capire! Al tempo stesso in Inghilterra mantengono una certa elasticità su quelle regole che non comportano un’effettiva problematica di ordine pubblico: vero che i posti sono nominali e numerati (come sono numerati anche i caschi degli agenti delle squadre antisommossa! Altra mancanza italiana…) ma è altresì vero che in quei settori dove il pubblico si raduna prevalentemente per incitare la squadra è consentito assistere alla partita in piedi anche se per legge non si potrebbe. Il tanto abusato modo di dire che “In Inghilterra se ti alzi dal tuo posto vengono e ti portano via!” in poche parole è un’altra invenzione di qualche simpatico paraculo che forse in Inghilterra non c’è mai stato: verissimo che ciò succede nelle tribune dove un atteggiamento del genere crea disturbo per il pubblico di quel settore, ma guardatevi per esempio la Kop di Liverpool tutta in piedi a cantare come anche le curve di molte altre realtà (Manchester United, Totthenam, West Ham, Portsmouth…) per rendervi conto di come funziona realmente: se ci siete stati e non ve ne siete accorti c’è solo una spiegazione, ovvero che avete problemi di vista!
In questo senso quello che più si è avvicinato alla realtà è stato Zamparini, presidente del Palermo: “Avremmo dovuto fare come Margaret Thatcher, anni fa in Inghilterra. Guerra senza quartiere ai teppisti e contestuale libero spazio di espressione ai tifosi veri.”. Purtroppo però in Italia si sono persi vent’anni. Vent’anni a parlare di modello inglese, a coprire abusi regalando diffide che aiutavano la carriera di qualche solerte questurino, ed a rifiutarsi di capire e comprendere un fenomeno che è pura aggregazione, come quello degli ultras. Qui anzi si è voluto trasformarli in una nuova categoria di emarginati sociali, senza rendersi conto che sono molto meno emarginati di quello che si pensava. Risultato? Il “Modello italiano” di repressione si è rivelato un fallimento, ma per perseguire questo si è provveduto alla distruzione del calcio italiano… E adesso? Adesso hanno ragione quelli che dicono “Chi si tessera è complice”, se si vuole uscire da questa situazione il primo compito di un tifoso è quello di non tesserarsi e far cadere questo sistema… Poi ci sarà tutto il tempo di ricostruire! 
Padova Sud

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