giovedì 23 settembre 2010

IL MODELLO PADANO...

Fonte: Rinascita

Chissà se dal 28 settembre il New Deal del governo Berlusconi partorirà il ministero della Cultura Popolare del Calcio e dell’Indottrinamento Control-lato al Tifo, nuovo dicastero costruito su misura per il Movimento Politico Lega Nord per l’Indipendenza della Padania.
Tra i cavalieri di Alberto da Giussano è infatti morboso l’interesse per il popolo degli stadi, echeggiato pure nei punti programmatici aggiunti alle cinque risoluzioni approvate nel 2008 dal Parlamento del Nord: “La Lega Nord considera l’esercizio dello sport una vera scuola di salute, di igiene mentale, di gioco, di lealtà, di autocontrollo, di socialità e di disciplina.
Per i giovani fare sport può servire a trovare gli anticorpi necessari ad evitare comportamenti di tipo distruttivo”. Il rivoluzionario programma tessera del tifoso del ministro Maroni non è altro che una delle iniziative proposte dalle camice verdi di Bossi, abili a scavalcare azioni di legislativo ed esecutivo con ardite peripezie tecniche al limite dell’incostituzionalità (la discussa nuova fidelity card non si basa su una legge, reggendosi su una semplice circolare amministrativa).
Un’interrogazione parlamentare degli esponenti del Carroccio, tra cui il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, vorrebbe dotare le forze dell’ordine di proiettili di gomma e idranti per contrastare i fenomeni devianti del tifo, come se allo stadio fosse in atto uno scontro sociale da guerra civile: “Nel controllo delle sommosse potrebbe rivelarsi utile il ricorso ad armi non letali, come gli idranti e i proiettili di gomma, mai impiegate sul campo”. Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, sole padano tipo scuola di Adro, è favorevole alle celle di sicurezza dentro curve e tribune: “Serve rigore e pugno di ferro. Sarebbe utile la possibilità di procedere ad arresti negli stadi e incarcerare in maniera provvisoria. Si tratta di aggiungere delle sbarre a strutture che già esistono”.

Insomma, si spara nel mucchio perorando la logica della ‘strategia della tensione’ anni ’70 (neanche all’epoca c’era la flagranza differita, oggi in vigore come misura d’emergenza). E la reazione integralista non s’è fatta attendere, palesandosi nel suo reazionarismo ad Alzano Lombardo: festa della Lega Nord turbata da gravi disordini con gli ultras dell’Atalanta a seminare panico tra i ministri Maroni, Tremonti e Calderoli. “Ci sono forme di tifo selvaggio che danno luogo a violenze intollerabili, che oggi si esprimono negli stadi, ma domani chissà dove possono arrivare…” Lo disse a maggio il presidente della Repubblica Napolitano: la violenza può uscire dagli stadi. In realtà la caccia alle streghe di stampo leghista e gli effetti degenerativi della Tessera del Tifoso stanno spostando l’aggregazione giovanile e i suoi nervi scoperti, mettendoli fuori dalle gradinate con un’operazione chirurgica tesa a mutare le sembianze del tifo, che comunque si è organizzato con dibattiti pubblici, manifestazioni di dissenso, disobbedienza civile e azioni di boicottaggio nel rispetto delle regole.
Un fronte sotterraneo del ‘No alla Tessera’ stranamente ignorato, poi alla ribalta con l’innalzamento del livello di scontro: “La nuova Tessera combatterà i violenti, contro di loro pungo di ferro, mano pesante e chi contesta è un violento”. Così Maroni ha isolato pure la critica costruttiva, mettendo al bando i garantisti che lamentano la schedatura preventiva di massa di una manovra liberticida. Ma in assenza di un’opposizione parlamentare capace di intercettare gli umori di voci politically incorrect, sono insorte le sigle del terzo settore: “Non saranno la tessera del tifoso e la linea repressiva ad eliminare la violenza negli stadi italiani e fare pulizia di certi tifosi – ha lamentato la ‘Fondazione Giovanni Paolo II’ - A questo sciatto modello sportivo del calcio italiano sta a cuore solo che il tifoso resti tifoso, che continui a essere un consumatore acritico del mito eroico dello sport.
È facile capire come in tutto ciò la dimensione educativa sia assente”, mentre l’Associazione ‘Giuseppe Dossetti, Valori e Tutela dei Diritti’ medita di ricorrere alla Corte Europea: “Obbligare un tifoso alla tessera significa andare contro la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali così come scritto nel Protocollo 11 di Strasburgo dell’11 maggio 1994 (e siglato a Roma dall’attuale Presidente del Consiglio il 29 ottobre 2004) e nel quale sono evidenziati i concetti di uguaglianza, libertà e dignità della persona in uno stato di democrazia e di diritto. E non solo, l’obbligo alla tessera è contrario all’articolo 13 della Costituzione italiana cioè il diritto alla libertà”. Ora la palla torna a Berlusconi, in attesa dell’arbitro (gli elettori).

Maurizio Martucci

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