Questo articolo è tratto dalla Stampa, e si riferisce alla contestazione subita dal segretario della CISL Bonanni a Torino...
Nell’Italia degli ultrà, delle minoranze che sequestrano i diritti delle maggioranze, il confronto delle idee sta diventando impossibile. S’avanza una strana idea di libertà e di democrazia: non più il diritto di dissentire, criticare, contestare, sacrosanto in un sistema sano e ben funzionante, ma il diritto di impedire al tuo avversario di parlare.
Non importa se c’è una sala piena di persone che vorrebbero ascoltare, cercare di capire, formarsi un’idea, magari anche fischiare, non importa perché la logica delle curve dello stadio si sta impossessando del Paese. Così si ragiona nei termini dell’invasione di campo, del lancio del fumogeno contro il portiere avversario, si cerca di interrompere la partita e si festeggia la squalifica del campo. Non si tratta più di giocare e cercare di vincere, l’importante è fermare tutto.
Si dirà che questo accade perché troppi si sentono esclusi dalla partita e spinti ai margini, perché sulle gradinate del benessere e delle sicurezze sociali c’è sempre meno posto, che la politica vive e gioca a porte chiuse e non lascia nessuno spazio a chi è fuori. C’è del vero, ma oggi faremmo bene a vedere che è suonato un campanello d’allarme. Chi ha colpito Raffaele Bonanni ha tirato ciò che aveva in mano e si era portato da casa, questa volta era un fumogeno ma niente vieta di immaginare per il futuro una pietra o altro. Non lo si voleva tacitare ma metterlo in fuga e spaventarlo.
E’ giunto il tempo di preoccuparsi di una convivenza possibile nella società, il primo passo parte ancora una volta dal linguaggio: sacrosanto condannare ora l’aggressione, ma ogni soggetto politico e sociale del Paese, al pari dei mezzi di comunicazione, farebbe bene a mettere da parte in fretta demonizzazioni e scomuniche. E’ tempo che si torni ad usare le parole per il significato che hanno, prima di trovarci a vivere davvero in uno stadio dove i tifosi ospiti devono arrivare scortati e il fumo dei bengala annebbia la vista.
Non importa se c’è una sala piena di persone che vorrebbero ascoltare, cercare di capire, formarsi un’idea, magari anche fischiare, non importa perché la logica delle curve dello stadio si sta impossessando del Paese. Così si ragiona nei termini dell’invasione di campo, del lancio del fumogeno contro il portiere avversario, si cerca di interrompere la partita e si festeggia la squalifica del campo. Non si tratta più di giocare e cercare di vincere, l’importante è fermare tutto.
Si dirà che questo accade perché troppi si sentono esclusi dalla partita e spinti ai margini, perché sulle gradinate del benessere e delle sicurezze sociali c’è sempre meno posto, che la politica vive e gioca a porte chiuse e non lascia nessuno spazio a chi è fuori. C’è del vero, ma oggi faremmo bene a vedere che è suonato un campanello d’allarme. Chi ha colpito Raffaele Bonanni ha tirato ciò che aveva in mano e si era portato da casa, questa volta era un fumogeno ma niente vieta di immaginare per il futuro una pietra o altro. Non lo si voleva tacitare ma metterlo in fuga e spaventarlo.
E’ giunto il tempo di preoccuparsi di una convivenza possibile nella società, il primo passo parte ancora una volta dal linguaggio: sacrosanto condannare ora l’aggressione, ma ogni soggetto politico e sociale del Paese, al pari dei mezzi di comunicazione, farebbe bene a mettere da parte in fretta demonizzazioni e scomuniche. E’ tempo che si torni ad usare le parole per il significato che hanno, prima di trovarci a vivere davvero in uno stadio dove i tifosi ospiti devono arrivare scortati e il fumo dei bengala annebbia la vista.
Faccio una premessa: di fronte alla situazione sociale che abbiamo in Italia, porto il massimo rispetto a chi ancora ha il coraggio di incazzarsi e di non abbassare la testa. Questo a prescindere che siano giovani di destra, di sinistra o ultras.
Per il resto un articolo preciso, senza dubbio. Il padrone sarà contento. Portare l'esempio degli ultras da stadio fa sempre il suo effetto sull'opinione pubblica, mettendo in secondo piano qualsiasi rivendicazione e qualsiasi protesta. Poi si tratta di frequentare per qualche anno lo stadio per rendersi conto che l'articolista non ci ha mai messo piede e non ha la più pallida idea di cosa sta parlando, ma sono dettagli...
Negli ultimi anni abbiamo sentito spesso portare esempi di un tempo passato, di "cattivi maestri", paventare i fantasmi del terrorismo di recente memoria. Ciò che non dice mai nessuno è che certe situazioni vengono portate all'esasperazione proprio da chi se ne dichiara vittima. Una violenza creata a tavolino per fungere da giustificazione e "benedizione" per le decisioni che vengono prese sulla pelle della gente. Che si tratti di lavoro, di stadio o di qualsiasi altro campo...
Maroni dopo gli scontri della Bergem Fest dichiarò "Io coi violenti non parlo, ma sono sempre disponibile ad ascoltare le rimostranze dei veri tifosi...". Peccato che gli atalantini avessero chiesto almeno sei volte di incontrarlo senza ottenere risposta. E dubito che si faccia vedere alla Festa Biancoblù dei bresciani, dove pure ha ricevuto un invito ufficiale... Bonanni e Letta dopo le "tensioni" (definirle tafferugli mi sembra francamente una forzatura) di Torino parlano di "attacco squadrista", e di "un'idea di democrazia che non centra nulla", ma la gente senza lavoro ed i numerosi lavoratori precari senza futuro non sono un'opinione; ed ovviamente si guardano bene dal dire quale è la loro idea di democrazia: diamo ascolto solo a chi la pensa come noi, con gli altri non parliamo! Beh, direi che ancora una volta gli schieramenti politici si sono dimostrati tutti uguali: semplicemente, vivono in un'altra dimensione e non sanno nulla dei problemi della gente. Lo dico a scanso di equivoci, che qui viviamo in un paese dove c'è gente realmente convinta che basta non votare Berlusca o Prodi (o Bersani, o Veltroni, o chi prende il loro posto) per andare in meglio!
Io credo che i giornali (di partito e non) farebbero bene a scrivere una cosa estremamente chiara ed onesta: o la politica ricomincia ad ascoltare la gente, o è meglio che comincino ad avere paura. E non lo sto dicendo io, la mia non è una minaccia, ma un dato di fatto: sempre più vaste fasce della popolazione non ce la fanno più, le recenti contestazioni ai vari personaggi (Maroni, Dell'Utri, Bonanni, Schifani) sono ben più di un campanello d'allarme. E se non si vuole capire questo, non ci si stupisca poi della rabbia del popolo, o meglio di quella parte di popolo che ha ancora un cervello per ragionare e non se lo è fatto "bere" dalla TV dei reality... Oggi più che mai la politica è lontana dai cittadini e dai loro bisogni. Oggi più che mai con la scusa della "sicurezza" ci tolgono libertà sacrosante fino all'altro giorno. Oggi più che mai con la scusa della "crisi" perdiamo il nostro diritto al lavoro. Forse è il caso che la politica inizi a farsi delle domande, invece di ridurre qualsiasi fatto di cronaca alla "logica degli ultrà"...
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