martedì 23 novembre 2010

GLI ALTARINI SI SCOPRONO...

Questo articolo è tratto dall'ultimo numero di "Rivista Romanista" (qui di fianco, la copertina dove si vede anche la presentazione dell'inchiesta...) e ripreso dal sito Asromaultras.org
Non è altro che l'intervista ad un poliziotto, stanco di come funzionano le cose all'interno del suo corpo, che ha deciso di sfogarsi su queste pagine. Per conto mio dice cose semplicemente ovvie e conosciute, ma non per l'italiota medio, da sempre abituato a vedere la polizia come "una pia istituzione", e che di fronte a queste parole può avere semplicemente due reazioni: rimanere scandalizzato e sbigottito oppure non credere a una sola parola di ciò che è scritto!
Ma il problema è più un problema di fondo, e non è rappresentato dalla polizia in se, ma da quello che io chiamo "sistema itaGlia": leggendo vi accorgerete che in questo paese di merda (si, per me l'itaGlia è un paese di merda, mi fa schifo viverci, e non me ne vado: deve migliorarsi il paese, non me ne devo andare io! Io sono dalla parte della ragione, ci mancherebbe che me ne andassi...) tutti gli aspetti della vita del paese funzionano esattamente nella maniera in cui l'intervistato descrive la "vita interna" della polizia: la scuola, il lavoro, la politica, gli apparati pubblici... Quindi per me il suo appello cadrà nel vuoto: Tagliente è un'altro che vuole far carriera, e l'ha dimostrato a Firenze. E' convinto sul serio che a Roma si impegnerà a raddrizzare le cose? 
Su molte altre cose non la pensiamo uguale, inutile dirlo, ma di sicuro questa intervista mette a nudo bene uno spaccato del "sistema itaGlia"...


E qui di seguito alcuni dei passaggi più interessanti:

La segnalazione ci è stata fatta pervenire in forma strettamente confidenziale.
La lettera, partendo da alcuni complimenti per le modalità con cui la nostra attività giornalistica veniva svolta, toccava poi alcuni punti interessanti per le tematiche da sempre affrontate da Rivista Romanista e si concludeva più o meno così: “Comprendo benissimo in quale situazione di abbrutimento culturale e di principi si trovi il nostro Paese e sono peraltro consapevole di quanto sia arduo per i cittadini per bene rischiare in prima persona per provare a cambiare qualcosa. Lei certamente ha questo coraggio e lo dimostra nei suoi articoli. Per comprensibili motivi, non desidero chiarire in questa sede tutte le questioni di cui vorrei parlarle, ma lo farò sicuramente se riterrà di volermi incontrare personalmente”.
Così, qualche giorno dopo, il vostro cronista ha ritenuto opportuno incontrare l’autore della missiva, dopo essersi accertato della sua identità e del suo ruolo assolutamente non marginale nell’attività di ordine pubblico con decennale esperienza di comandi allo stadio Olimpico di Roma. Di fronte, nel tavolino del bar scelto per l’incontro, siede un signore di mezza età, graduato della Polizia di Stato, pronto ad aprire il sacco dei suoi segreti, con una sola inevitabile garanzia: l’anonimato. “Se denunciassi tutto con il mio nome e il mio cognome, farei un servizio migliore alla società civile, ma  sarei chiamato a render conto di tutti i reati a cui ho assistito negli anni e che per omertà, per non mettere nei guai dei colleghi, non ho denunciato. Il senso del mio incontro con lei oggi, invece, dovrebbe servire unicamente da monito per il prossimo futuro. A Roma è stato da poco nominato questore il dottor Tagliente, la mia speranza è che lui sappia dare una svolta all’attività della sicurezza e dell’ordine pubblico allo stadio Olimpico, a far finire questo schifo. C’è molto da lavorare”.
Perché ci ha chiamato?
“Perché sono convinto che un buon poliziotto debba svolgere la sua attività tenendo sempre ben presenti i diritti e il rispetto di ogni cittadino. Purtroppo questo non accade più”.
Da parte dei poliziotti?
“No, principalmente di chi li guida”.
Può spiegarsi meglio?
“Sul vostro giornale avete già trattato il caso Gugliotta. A che cosa crede sia dovuto?”.
Beh, nervi scoperti, impreparazione fisica, tecnica e psicologica, rambismo, abuso di potere. O no?
“Per me molto più semplicemente parliamo di gestione dell’ordine pubblico insensata. Prima magari si chiede ai poliziotti che vanno per strada di far finta di non vedere, di usare buon senso, di chiudere un occhio, poi all’improvviso, magari perché arriva una telefonata allarmata dall’alto, non scrivere niente”.
E di fronte a qualche deriva di questo tipo, un poliziotto onesto e corretto non potrebbe opporsi o farlo presente ai superiori?
“C’è un meccanismo tale nella strutturazione interna che il denunciante rischierebbe lui un procedimento disciplinare. Ho letto sulla sua rivista l’intervista a Michelangelo Fournier: quando lui parlò di macelleria messicana a Genova in pochi glielo perdonarono nel corpo”.
C’è una parola precisa per tutto questo e si usa nel gergo mafioso: omertà.
“Il nostro sistema non è mafioso, ma il principio è identico. Ci sono pochissime tutele per chi volesse comportarsi secondo la legge”.
Ritiene che la gestione del Ministro Maroni incentivi queste derive?
“Guardi, la riforma della smilitarizzazione della Polizia di Stato del 1981 era mossa proprio dal tentativo di riavvicinare la gente all’istituzione. Qui invece mi pare che si vada nella direzione opposta e evidentemente le responsabilità partono sempre dall’alto. Una polizia realmente trasparente non la vuole nessuno. Quel che è successo, ad esempio, con la ragazza marocchina nelle grazie del presidente del Consiglio, e con le varie telefonate da gabinetti e questure lo fa capire chiaramente”.
A suo giudizio, l’Arma dei Carabinieri in questo senso garantisce maggior senso civico?
“Il mio parere? Se la Ruby fosse stata fermata dai Carabinieri, di questa storia non si sarebbe mai saputo niente. I carabinieri sanno essere ancora più rigidi nel difendere i propri territori. L’unica certezza è che chi gestisce l’ordine pubblico in realtà cerca semplicemente di portare a termine il proprio compito senza troppi danni. Ma della sicurezza del cittadino non gli importa niente”.
È un’accusa gravissima.
“È solo il mio pensiero. Nel calcio, ad esempio, le complicità sono diffuse ad ogni livello. Con le società, con i tifosi, con i politici. È un carrozzone che muove molte carriere”.
Ci faccia capire. Che tipo di complicità può esserci tra i gestori dell’ordine pubblico e le tifoserie?
“Mi pare evidente. Un questore dura al massimo un paio d’anni, poi sa di poter puntare alla poltrona di prefetto, in quel periodo deve solo far passare il tempo senza creare troppi danni”.
E quindi si impegnerà per far rispettare l’ordine secondo direttive comuni a tutti i questori.
“Il contrario. Lui deve fare bella figura e non combinare casini. Magari può essere conveniente stringere accordi con i capi ultras, se poi quando finisce la tregua il nuovo questore si trova situazione infuocate chissenefrega. Così finché comandi tu lasci che gli ultrà curino i loro business, a volte chiudi un occhio se qualcuno fa qualche cazzata, gli fai entrare lo striscione a patto che non vi siano insulti contro il Ministro degli Interni, sennò addio carriera, in sostanza riconosci un ruolo ai capitifosi, a volte proteggendo anche chi fa da tramite, come certi imbonitori radiofonici. Addirittura alcuni vengono foraggiati, tanto esistono i fondi per gli informatori che non necessitano di alcuna autorizzazione. Tutto finalizzato al quieto vivere”.
E le denunce che fioccano? E i daspo?
“Ma quelli sono per i pesci piccoli. Per i teppistelli che si fanno beccare come polli. Lo peschi col fumogeno e lo tieni fuori dagli stadi. Ma se un fumogeno lo prendi a un protetto, allora chiudi un occhio, e il sequestro è contro ignoti”. 
La legge sugli stadi, insomma, non funziona.
“Fa ridere. Secondo lei uno steward può assumere le funzioni di pubblico ufficiale? Per trenta euro lorde un ragazzotto mandato a svolgere questa funzione in uno stadio secondo lei si mette a perquisire o a far accomodare fuori dai cancelli chi si comporta male? Senza alcuna tutela che hanno i veri pubblici ufficiali? E quindi col rischio che quello che magari hai fatto arrestare ti venga a prendere sotto casa il giorno dopo? Follia pura. Semmai dovrebbero fare come a Milano: lì i club pagano società private che garantiscono professionalità perfettamente addestrate. Ma allora bisogna pagarli profumatamente. Qui da noi gli si danno quattro soldi. Noi ne abbiamo arrestato uno una volta che ha difeso un sospetto ostacolando l’inseguimento dei poliziotti… Per non dire di quando tra gli steward abbiamo riconosciuto a volte anche personale della Protezione Civile. Ma chi li pagava quelli? Misteri italiani”.
Con le società che compromessi si fanno?
“Le società hanno tutto l’interesse a mantenersi certi rapporti. Così regalano ogni volta centinaia e centinaia di ingressi per ogni partita. Senza considerare le tessere non nominative delle forze dell’ordine che dovrebbero essere accompagnate dal tesserino di riconoscimento e invece servono a far entrare quasi sempre gli amici degli amici”.
Nessuno controlla?
“Quando mai? C’è addirittura un dirigente del commissariato costretto a star all’ingresso allo stadio solo per garantire l’accesso di chi non avrebbe alcun titolo per entrare. In sostanza, si entra allo stadio o con i biglietti omaggio elargiti dalle società, o con i tesserini ma anche senza alcun controllo. In totale, diverse centinaia di ingressi. Tra cui ristoratori, macellai, giornalai, parenti, amici, conoscenti, questuanti, portaborse e via degenerando, tutti amici degli amici. Quando Roma e Lazio vanno bene in campionato sono dolori, le richieste aumentano”.
E dove siedono?
“Ovunque. Non ha mai visto bambini nel settore Autorità, quello destinato, per l’appunto, solo alle autorità? E poi in Tribuna d’onore, in Monte Mario e ovviamente sulle scalette. Non si chiede perché le scale delle nostre tribune sono sempre occupate?”.
In Inghilterra sono sempre sgombre…
“Lì la prassi del “Mi fai entrare?” è sconosciuta. È una questione culturale. Da noi il biglietto omaggio è un must. Chi ne beneficia spesso se ne potrebbe permettere decine a pagamento. Ma è molto trendy scroccarlo. E non parliamo dei concerti…”.
Che interesse hanno le società di calcio a rinunciare a tanti ingressi a pagamento?
“Intanto i rapporti personali con le istituzioni che poi sanno essere riconoscenti. E poi quando bisogna prendere le decisioni sull’ordine pubblico le società molto spesso hanno delle richieste che poi vengono esaudite, magari sull’orario di inizio. Potere per il potere. Ho visto con i miei occhi dirigenti e politici umiliarsi per avere una maglietta firmata di un giocatore. Alcuni hanno persino accesso al campo”.
Torna in mente l’ultima giornata di tre campionati fa, quando la Roma si giocò lo scudetto a Catania e il Catania si giocava la salvezza. Sul campo c’erano centinaia di persone, capi ultras gestivano la sicurezza in curva, i romanisti in campo furono minacciati di morte: dall’inchiesta non uscì niente, il Catania fu multato dopo una rapida inchiesta federale per 15000 euro.
“Perfetta triangolazione di rapporti società, tifosi, istituzioni politiche e calcistiche…”.
Torniamo ai compromessi. Quali sono quelli che riguardano i politici?
“La carriera è interesse di tutti. E si sa che in questo campo le protezioni politiche per fare passi avanti sono fondamentali”. 
Possibile che nessuno fa mai carriera per bravura?
“Diciamo in casi molto limitati”.
E la tessera del tifoso?
“Un palliativo buono per gli istituti di credito che è servito solo a mascherare il flop del decreto sugli stadi. Tutti gli esperti di ordine pubblico sanno che è solo una presa in giro”.
Ma Maroni sbandiera il calo degli incidenti.
“Sì, certo, tanto ormai allo stadio non va più nessuno”.
Dal provvedimento della tessera non si torna indietro?
“Finché ci sarà Maroni al ministero no. Si è speso troppo per questo provvedimento. Lei saprà che tutte le società erano contrarie alla tessera, ma sono state sostanzialmente costrette a piegarsi, pena l’agibilità degli stadi”.
Ma l’Olimpico ora è a norma?
“Ovviamente no. Ma a forza di deroghe si continua a chiudere un occhio”.
Le telecamere che vengono monitorate nella grande sala controllo sopra la Monte Mario coprono bene tutti gli spalti?
“Non proprio ovunque, ma già è un bel passo avanti. Il fatto è che certi servizi sono davvero costosi. Anche il posto di Polizia all’Olimpico è inadeguato. È piccolo, stretto, doveva essere ampliato da tempo, ma poi si sa come vanno queste cose”.
Ci sono celle di sicurezza?
“Due, ma non sono omologate come tali, diciamo che servono per un primo intervento. E se dentro ci stanno quattro-cinque tifosi viene pure a mancare l’aria, non c’è neanche una finestra”.
Torniamo a Roma. Il derby è andato bene.
“Si vede che il questore ha fatto le cose per bene, non consentendo ai tifosi a rischio di poter accedere alla Tribuna Tevere e l’orario pomeridiano ha favorito la tranquillità. L’anno scorso i presidenti avevano preteso di vendere i biglietti della Tevere”.
È stato un successo del nuovo questore?
“Si vede che ci teneva a dare un segnale forte, anche con l’operatività del daspo immediato. Ne sono stati conferiti nove”. 
Alla vigilia sul Messaggero erano uscite notizie riguardo un’informativa giunta alla Digos, su possibili regolamenti di conti interni alla Curva Nord con complicità della tifoseria napoletana.
“Diciamo che sono cose che prima di un derby escono spesso, così se poi gli incidenti accadono si può dire che era stato lanciato l’allarme e se non accadono significa che ha funzionato l’opera di prevenzione”.
Sembra come quei rinvenimenti di armi nei giardini intorno allo stadio o dentro le macchine  parcheggiate la notte prima di un big-match.
“Se avvengono dentro le macchine non può esserci dubbio, la macchina a qualcuno deve appartenere, non si scherza su certi dettagli. Se invece il ritrovamento è all’interno di un sacco… qualche dubbio sulla reale provenienza del materiale è lecito…”.
Ma insomma se si volesse mantenere un po’ di ottimismo per il futuro questa intervista non concede molte chances.
“Io spero nel nuovo questore. Ma finché chi si comporta male continua ad avere la certezza che sia intoccabile non si può essere ottimisti”.
Si riferisce a qello che è successo con Gabriele Sandri?
“Quella è stata una brutta storia oltretutto gestita malissimo. Mi pare evidente che il collega non abbia sparato per ammazzare, ma il suo errore è stato grave e i tentativi di copertuna successivi hanno aggravato la condizione dolorosa. Se posso permettermi una valutazione personale, le dico anche che capisco poco il desiderio di vendetta così forte. Non dei parenti, non mi permetterei mai. Ma dei tifosi di tutta Italia. Così non si risolve niente”.
Quanto guadagna un poliziotto?
“Una miseria. Se va bene e fai un po’ di straordinari arrivi ai 1500 euro. Poi ci si stupisce del tasso di suicidio così alto. È anche provato che il turno in quinta crea scompensi fisiologici”.
Che cos’è il turno in quinta?
“I nostri turni sono fatti così: si lavora dalle 19-24, poi il giorno dopo dalle 13 alle 19, poi il giorno dopo dalle 7 alle 13 e poi da mezzanotte alle 7. Si chiama turno in quinta. E determina disequilibri”.
La bella realtà che si vede in fiction tipo “Distretto di polizia” è pura finzione?
“Io vedo solo continue mortificazioni, mogli incazzate, figli che non si vedono mai e turni sempre più lunghi di straordinari per poter incassare qualche euro in più”.
Un’ultima curiosità. La sera dell’assalto alle caserme la ricorda? Che idea se n’è fatta?
“Ricordo bene tutto e non mi abbandona un’idea: che quella sera si è trattato di un attacco premeditato e organizzato politicamente. C’erano gruppi troppo omogenei abilissimi nella guerriglia urbana, con tecniche vere, pronti a gestire situazioni pesantissime, che ad un certo punto sono spariti simultaneamente. E quando noi chiamavano ai piani alti per sapere qualcosa nessuno si faceva trovare al telefono. E i nostri capi che non arrivavano. Troppo strano, tutto troppo strano”.
Ma qualcuno è stato arrestato.
“Qualcuno che è rimasto col cerino in mano. Magari senza capire troppo bene in che cosa era stato coinvolto…”.

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