Fonte: La Stampa.
«Lo stadio è una bolgia», gridavano radio e televisioni per restituire il pathos dei tifosi. Un leit motive, come «la spinta dei 60 mila», con cui si raccontava il calore di impianti esauriti in ogni ordine di posto. Atmosfere oggi dimenticate, perché nel week-end, a rubare l'occhio, è piuttosto il vuoto in ogni ordine. La media degli spettatori della serie A, rispetto ai dati complessivi dello scorso campionato, è scesa del 6,88%: le statistiche aggiornate alla pausa invernale, 23 mila e 800 tifosi per partita, evidenziano un deficit di 1750 unità. D'accordo, quando i match si faranno decisivi, nella seconda parte della stagione, il gap verosimilmente si ridurrà. Come è vero che sul flop hanno avuto il loro peso le due partite casalinghe in meno dell'Inter e il derby di Genova rinviato per maltempo. Attenuanti che non cambiano la sostanza: le gare che mancano all'appello di certo non saranno utili ad invertire il trend.
Al conteggio delle sciarpe, fin qui, ridono solo i nerazzurri, passati da una media di 56.195 spettatori a 63.770: effetto tripletta, che ha determinato un incremento del 13,5%. Sul podio di chi ha registrato il segno positivo salgono Milan e Palermo: Ibrahimovic e il comando della classifica hanno richiamato a San Siro oltre 47 mila spettatori (+11,5%), mentre i gol di Pastore e Miccoli hanno regalato a Zamparini una media di 26 mila 300 tifosi (+5,1%). In realtà, nella graduatoria delle singole unità, il terzo gradino spetta al Napoli (41 mila 365 fan a partita). Quindi la lunghissima lista di chi piange, dove regna la Roma (- 24%), con Fiorentina, Genoa e Lazio che non hanno certo di che rallegrarsi.
Detto delle attenuanti, restano le cause: il grido «Io non mi tessero», con cui gli ultrà hanno rigurgitato l'invito alla Tessera del Tifoso, si bilancia con l'incremento dei biglietti venduti. Ma la diminuzione degli abbonamenti (stimabile tra il 16 e il 17%) è pur sempre una spada di Damocle. L'offerta televisiva, poi, è argomentazione sempre valida: la media di oltre 31 mila appassionati che nella stagione 1997-98 coloravano gli stadi la dice lunga sull'inquietante calo degli ultimi 15 anni. E sul dilagare del pubblico da casa: il derby di Milano e quello d'Italia tra Inter e Juventus sono stati seguiti da oltre 2 milioni e mezzo di telespettatori Sky. Due match da record, in scia a Inter-Milan di due anni fa.
L'inadeguatezza degli impianti italiani fa da bussola alla diagnosi: «Con questa generazione di stadi di più non si può fare - dice Brunelli -. Quando illustriamo su mappa i nostri studi, avvalendoci delle bandierine per indicare i paesi che si stanno evolvendo, in corrispondenza dell'Italia c'è il vuoto. I tedeschi hanno bruciato le tappe, perché dispongono delle strutture più moderne. L'Inghilterra, in cui si registrano stadi mediamente pieni per il 90%, prosegue con la sua politica. L'unica realtà avvicinabile è la Spagna, che non a caso ha gli stadi peggiori». Di contro, i prezzi dei biglietti nei settori "top" nostrani non si discostano di molto da quelli dei concorrenti: la vera differenza sta nella qualità dei servizi. E mentre il disegno di legge sugli stadi giace addormentato, gli italiani preferiscono investire sullo schermo piatto.
Al conteggio delle sciarpe, fin qui, ridono solo i nerazzurri, passati da una media di 56.195 spettatori a 63.770: effetto tripletta, che ha determinato un incremento del 13,5%. Sul podio di chi ha registrato il segno positivo salgono Milan e Palermo: Ibrahimovic e il comando della classifica hanno richiamato a San Siro oltre 47 mila spettatori (+11,5%), mentre i gol di Pastore e Miccoli hanno regalato a Zamparini una media di 26 mila 300 tifosi (+5,1%). In realtà, nella graduatoria delle singole unità, il terzo gradino spetta al Napoli (41 mila 365 fan a partita). Quindi la lunghissima lista di chi piange, dove regna la Roma (- 24%), con Fiorentina, Genoa e Lazio che non hanno certo di che rallegrarsi.
Detto delle attenuanti, restano le cause: il grido «Io non mi tessero», con cui gli ultrà hanno rigurgitato l'invito alla Tessera del Tifoso, si bilancia con l'incremento dei biglietti venduti. Ma la diminuzione degli abbonamenti (stimabile tra il 16 e il 17%) è pur sempre una spada di Damocle. L'offerta televisiva, poi, è argomentazione sempre valida: la media di oltre 31 mila appassionati che nella stagione 1997-98 coloravano gli stadi la dice lunga sull'inquietante calo degli ultimi 15 anni. E sul dilagare del pubblico da casa: il derby di Milano e quello d'Italia tra Inter e Juventus sono stati seguiti da oltre 2 milioni e mezzo di telespettatori Sky. Due match da record, in scia a Inter-Milan di due anni fa.
L'inadeguatezza degli impianti italiani fa da bussola alla diagnosi: «Con questa generazione di stadi di più non si può fare - dice Brunelli -. Quando illustriamo su mappa i nostri studi, avvalendoci delle bandierine per indicare i paesi che si stanno evolvendo, in corrispondenza dell'Italia c'è il vuoto. I tedeschi hanno bruciato le tappe, perché dispongono delle strutture più moderne. L'Inghilterra, in cui si registrano stadi mediamente pieni per il 90%, prosegue con la sua politica. L'unica realtà avvicinabile è la Spagna, che non a caso ha gli stadi peggiori». Di contro, i prezzi dei biglietti nei settori "top" nostrani non si discostano di molto da quelli dei concorrenti: la vera differenza sta nella qualità dei servizi. E mentre il disegno di legge sugli stadi giace addormentato, gli italiani preferiscono investire sullo schermo piatto.
Nessun commento:
Posta un commento