La sconfitta di sabato a Sassuolo ha finalmente aperto gli occhi alla stragrande maggioranza dei tifosi padovani: una squadra capace di battere il Torino a casa sua e innalzarsi sino a un mese fa fino al terzo posto della Serie B non può e non deve essere allenata da un presuntuoso allenatore come Carlo Sabatini, un autentico signor nessuno le cui lunghissime interviste tv a Rai, Sky, BBC, Telenuovo, Letterman Show e la sua folta chioma corvina lunga fino alle orecchie come nell’epoca Beat fa decisamente a pugni con lo stile del tifoso padovano che parla pochissimo e fa molto. Carlo Sabatini allena il Padova dal mese di novembre. Prima di lui, a partire da fine febbraio dopo il memorabile pareggio all’Highburin di Portogruaro, la squadra era piombata nel Collettivismo che aveva teorizzato Socrates ai tempi della Fiorentina: una sorta di autogestione interna, senza nessun allenatore. Le prime tracce del Sabatini difatti risalgono ad un invasione di campo a Busto al termine del vittorioso spareggio contro la Pro Patria; un evento inspiegabile dato l’esaurimento (A questo punto teorico!!!vergogna!!!) dei biglietti per i tifosi padovani.
Nell’epoca dell’autogestione il Padova inanellò quelle vittorie che consentirono l’accesso agli spareggi prima, alla vittoria con la Pro Patria a casa sua in dieci contro undici poi e soprattutto a quello scorcio di stagione che fece strombazzare addetti ai lavori e tifosi sulla sicura riuscita dei playoff per la Serie A…poi, dopo lo scialbo pareggio con il Cittadella, la svolta: l’assunzione di Carlo Sabatini.
Una svolta del cazzo, decisamente. E i risultati li abbiamo tutti sotto gli occhi. Non basta certo la vittoria striminzita con una neopromossa dalla terza serie per farmi cambiare idea.
E cosi, come in una storia d’amore che ti delude, ti ritornano in mente gli ex. Quelli veri, quelli che ricordi col cuore in gola e con "Mi ritorni in mente" come colonna sonora. Uno dei primi ex che io personalmente ricordi è l’incommensurabile, l’onnipotente ed onnicomprensivo (di insulti) Bruno Mazzia. Il primo amore (sportivo) da bambino non si scorda mai.
Subentrato nella stagione 91-92 a Mario Colautti reduce dalla fallimentare stagione 90- 91 di Serie B conclusa al 5° posto, il biellese Mazzia prende per mano un Padova di autentici sconosciuti come Longhi, Franceschetti, Galderisi ecc e lo porta a vette inaccessibili come il secondo posto nella parte destra dell’allora neonato televideo Rai. Di lui ricordo un coro con lo stadio che saltava emozionatissimo dopo la partita con la Reggiana. Faceva: salta la salta la…e poi non mi ricordo più.
Passato indenne l’orrida epoca Sandreani attesi 5 lunghi anni prima di riassaporare il Mazzia Style con gli eclatanti risultati della gestione Beppe Materazzi - Adriano Fedele. Retrocesso dalla A, il Padova si presentò ai nastri della nuova stagione cadetta con l’umile Zenga (di cui abbiamo già parlato qualche giorno fa) e con l’indimenticata ed indimenticabile coppia di Assi Dirigenziali Viganò-Altobelli. Passato lo spavento di un ritorno in serie A, il Padova centrò finalmente il primo posto nella parte destra del televideo e l’anno successivo cambiò decisamente prospettiva con l’ingaggio dell’amatissimo Bepi Pillon (idolo recentemente ad Ascoli); incomprensibilmente l’avventura di Pillon si conclude con l’esonero. Il successore di stagione, Colautti, tuttavia, memore delle parole dell’allora Cavalier Puggina (MAI PIU SERIE C!) si assicurò il lasciapassare per la terza serie staccando 19 squadre su 20.
Passato indenne l’orrida epoca Sandreani attesi 5 lunghi anni prima di riassaporare il Mazzia Style con gli eclatanti risultati della gestione Beppe Materazzi - Adriano Fedele. Retrocesso dalla A, il Padova si presentò ai nastri della nuova stagione cadetta con l’umile Zenga (di cui abbiamo già parlato qualche giorno fa) e con l’indimenticata ed indimenticabile coppia di Assi Dirigenziali Viganò-Altobelli. Passato lo spavento di un ritorno in serie A, il Padova centrò finalmente il primo posto nella parte destra del televideo e l’anno successivo cambiò decisamente prospettiva con l’ingaggio dell’amatissimo Bepi Pillon (idolo recentemente ad Ascoli); incomprensibilmente l’avventura di Pillon si conclude con l’esonero. Il successore di stagione, Colautti, tuttavia, memore delle parole dell’allora Cavalier Puggina (MAI PIU SERIE C!) si assicurò il lasciapassare per la terza serie staccando 19 squadre su 20.
Una terza serie che la stagione dopo risultò decisamente stretta: forte di una rosa sulla carta invincibile, l’allora allenatore Adriano Fedele; sul finire di una partita segnata come Padova-Varese 3-0 vero e proprio scontro diretto che avrebbe promosso i lombardi alla C2, estrasse dal cilindro una sostituzione che, per motivi regolamentari (all’epoca dovevi avere tot giovani in campo), condannò i lombardi all’inferno della C1 e proiettò i biancoscudati all’emozionante trionfo con il Lecco.
Fermiamo un attimo l’album dei ricordi….che fanno questi signori citati? Beh… tralasciando Pillon che come detto è ad Ascoli, pensavo che tutti gli altri avessero seguito il consiglio di mio padre di tornare alle origini (materne). Adriano Fedele ha allenato otto anni fa il Pordenone e nel tempo libero gioca a scopone scientifico con Archibaldo Pampagnin (il mio portiere d’appartamento all’Arcella già convocato al posto di Zenga ai Mondiali di Usa 94 come ricorderete), Materazzi ha ricevuto il benservito dall’Olimpiakos Volos – pluridecorata squadra di serie B ellenica - e Mazzia lo vedo ogni tanto al parco sotto casa che salta in continuazione una panchina.
Poi passano gli anni e un bambino diventa ragazzo prima e uomo poi. E si rende conto che forse nella vita c’è anche altro oltre al calcio. Però resta innamorato di autentici allenatori fenomenali che a differenza del pirla di Sabatini coniugano bel gioco e risultati. Come il geniale Beruatto, ora allenatore del terribile Voluntas Spoleto che tremare il mondo fa…o come un poker d’assi formidabile come Ezio Glerean, Renzo Ulivieri, Andrea Mandorlini ed Ezio Rossi. Tutta gente con il pelo sullo stomaco e che parlava, parlava e parlava e vinceva, vinceva, vinceva.
Passiamoli in rassegna questi quattro mostri sacri che ebbero il merito di non farci ripetere l’amaro epilogo della semifinale persa ai playoff contro l’AlbinoLeffe. Un crescendo rossiniano che ebbe come leit-motiv (eccetto il non citato Maurizio Pellegrino) la vetta solitaria o il secondo posto (alle spalle delle ammesse agli spareggi promozioni). Ezio Glerean, dotato di moglie olandese, arrivò a Padova impostando il suo credo tattico offensivi sta del 3-3-4 o 3-3-1-3 sulla falsariga del calcio totale dell’Ajax e della celeberrima scuola olandese dove tutti sanno fare tutto e dove la componente agonistica la faceva, eccome, da padrone. In campo me lo ricordo bene. Correvano tutti ma proprio tutti. Ogni domenica sempre lo stesso copione, cambiava solo la maglia e cambiava solo lo stadio. Pazienza se a correre erano sempre gli altri, si sa che chi corre a inizio stagione poi scoppia alla fine…. Si dimise se non ricordo male per un lutto familiare. Dopo Padova, Glerean colse un esonero a Venezia, una mancata ammissione al campionato con lo Spal e l’esonero a Bassano. Attualmente in lista di mobilità. Genio incompreso (o incomprensibile) dal suo 3-3-1-3 partì la mia avventura professionale con la Tim, numero che detengo ancora.
Renzo Ulivieri è l’allenatore più esperto e di fama arrivato negli ultimi trent’anni a Padova. Una carriera con il picco a Bologna dove visse un rapporto problematico con la meteora Roberto Baggio; portò il Padova al 6° posto finale e ai consueti due mesi di ferie estivi in souplesse. Lasciata Padova mise in scena il Triplete: due esoneri consecutivi a Bologna e colse l’ultimo alloro (o calcio in culo a dir si voglia) a Reggio Calafrica. Attualmente è in pensione, porta a spasso il cane e nel tempo libero è presidente degli allenatori succedendo al giovanissimo Azeglio Vicini.
Andrea Mandorlini, la modestia fatta persona, ex-compagno di squadra di Walter Umiltà Zenga, si segnalò a Padova per uno scazzo con Ciccio Edel (un nostro fedele lettore). Colse anche lui risultati straordinari passando poi in Serie A al Siena dove giunse 12°. Ma non dodicesimo, giunse alla dodicesima giornata. Attualmente, seguendo forse le orme di Walterone, allena il Cluj nello stellare campionato rumeno. Se son fighe fioriranno.
Ezio Rossi, torinese e torinista, ha sempre incarnato il cosiddetto Cuore Toro. Smentendo gli uccellacci del malaugurio Rossi, nella stagione 2007-2008 parti benissimo arrivando a mangiare il panettone ma non la colomba, malgrado l’ottima posizione di centro classifica raggiunta.
Risorto dalle ceneri dell’avventura patavina allenò il Grosseto per ben 40 giorni e 40 notti. Attualmente non so che cazzo faccia; a parte Trieste, nei primi anni di carriera è riuscito nell’impresa di farsi esonerare da terzo in classifica a due giornate dalla fine dal Torino. Core ingrato. Ricordo la sua giovialità e l’espressione sempre felice alla Ronaldinho.
Tralasciamo Attilio Tesser e gli altri per motivi di spazio. Io mi sono rotto il cazzo di Sabatini. Niente risultati, solo chiacchiere, zero promozioni dalla C alla B, incapace di vincere in dieci contro undici contro la Pro Patria, incapace di mettere insieme un paio di vittorie di fila dopo la sconfitta col Ravenna dello scorso anno, incapace di reggere il passo di Salernitana e Mantova che ormai hanno creato un solco…e ora perfino dietro in classifica a squadre disastrate come l’Ancona e il Lecce.
Avevano ragione Barsotti ed Edel dopo Crotone: IL GIOCATTOLO SI E’ ROTTO.
Mr. Peter North
Mr. Peter North
Nessun commento:
Posta un commento