lunedì 10 gennaio 2011
PER TUTTI I LETTORI
Il blog si è definitivamente spostato a questo indirizzo. Ben presto questo spazio verrà rimosso, vi invito pertanto ad aggiornare i vostri browser e continuare a seguirci. Buon anno a tutti!
venerdì 31 dicembre 2010
BUON ANNO A TUTTI I LETTORI DE LAPADOVABENE.IT
Chiudo il 2010 con un video omaggio a tutti i lettori e gli aficionados di questo blog che proprio oggi entra nel quarto anno di vita. Era infatti il 31 dicembre 2007 quando decisi di creare questo spazio sulle ceneri del precedente blog "Padova siamo noi". L'idea inizialmente era quella di creare una "finestra aperta", un punto di riferimento in rete per tutti i tifosi biancoscudati, che trattasse svariati argomenti (calcio, tifo, musica, film, mondo ultras) in un periodo particolarmente difficile per i ragazzi di stadio (non che le cose siano cambiate in questo periodo di tempo, anzi... ma continuo a coltivare la speranza di un futuro migliore!). Successivamente la struttura del blog ed anche le argomentazioni hanno subito delle modifiche, arrivando a quella odierna fatta di più articoli giornalieri, una visione a 360° sul mondo del tifo, critica negli aspetti più marci del calcio, battagliera su quelli che sono i nostri diritti sacrosanti (andare liberamente allo stadio ed in trasferta) che qualche ministro in vena di "farsi bello" presso l'elettorato ignorante ha calpestato senza troppi scrupoli...
Altri cambiamenti ci saranno nei prossimi giorni, ma non vi anticipo nulla se non che "La Padova Bene" si prende qualche giorno di vacanza in attesa di tornare con una struttura più completa... In fondo penso di meritarmi un pò di relax anchio!
Per il resto che altro dire? A livello personale si chiude un anno non bellissimo, non ne parlo perchè credo non interessi a nessuno, ma parto con la considerazione che peggiorare è difficile quindi si dovrà per forza andare in meglio. Ad inizio anno festeggerò i miei vent'anni di curva (non di stadio ma di curva: esordio il 7 gennaio 1991, Padova-Cremonese 0-1) ed è inevitabile in periodo di bilanci come la fine dell'anno guardare al passato con un pizzico di nostalgia, ma senza rimpianti. In fondo posso dire una cosa: nella mia vita ho sempre fatto ciò che mi piaceva e che volevo fare, ho tifato per una squadra di merda che da soddisfazioni con il contagocce ma non me ne pento perchè è la squadra della città in cui sono nato e cresciuto (fossi nato a Milano o a Torino probabilmente tiferei diversamente!), e le soddisfazioni sono nate in un altro campo, in quel mondo del tifo o se vogliamo utilizzare la terminologia guerriera, "Nel Mondo Ultras", nelle amicizie improbabili che questo crea, nella goliardia e nelle risate che ti fai anche nelle situazioni più assurde. Ecco, una delle cose più belle che porto dentro sono tutte quelle trasferte di merda ai tempi della C, quando magari si tornava a casa con una sconfitta sul groppone ma si partiva ridendo e si tornava ridendo nonostante il risultato del campo (adesso non è diverso lo spirito, almeno per me!)... Chi non vive queste situazioni non le può capire, non potrà mai capire perchè "la curva viene prima della squadra", non potrà mai capire il perchè di tanti chilometri macinati quando si potrebbe stare comodamente in bar davanti a Sky. Per Sky avrò tutto il tempo nella mia vecchiaia quando il fisico non mi reggerà più!
Non ho mai trovato serio mettersi a fare discorsi da guerrieri, men che meno su internet, a parlare di "mentalità ultras" quando poi tantissima gente che si riempie la bocca con questi termini è la prima a parlare bene ed a razzolare male. Inoltre chi mi conosce sa che non sono certo un "guerriero", anzi sono una persona abbastanza tranquilla e solare; tuttavia la frequentazione curvaiola mi ha dato tantissimo in termini umani, e l'augurio è che fra vent'anni ci possa essere qualche altro ragazzo più giovane che potrà dire lo stesso....
Chiudo, definitivamente adesso, con una canzone omaggio a tutti i ragazzi della Fattori, quelli che macinano i chilometri e che questa canzone l'hanno imparata a memoria nel corso degli anni... Sapete com'è? Esce una canzone, a qualcuno piace, pare che porti fortuna, finchè un gruppo ben preciso non ne ha fatto il suo "inno" ed è entrata nell'hit parade delle nostre serate alcooliche all'Appiani In Festa e non solo... Divertitevi stasera!
GIORNALISMO SPAGHETTARO
Per chiudere bene l'anno vi mando questo bell'articolo tratto da Repubblica. Io non mi stupisco di certi articoli: da quando i vari giornali hanno smesso di assumere giornalisti per pagare direttamente degli addetti stampa dei vari partiti o personaggi di regime, questi articoli sono il livello medio di un giornale italiano... Mi stupirei piuttosto della gente che li legge e ci crede, ma nemmeno più di tanto: alla fine possiamo dire che questo paese non ha ciò che si merita?
Cmq i due autori sono (Eh si, non bastava un cervello per scrivere un articolo del genere!) Giuliano Foschini e Paolo Berizzi, giusto per completezza d'informazione...
"Tesserato infame dichiarato". "Abbonato servo dello Stato". Con questi slogan sinistri - una specie di mantra vergato a spray sui muri degli stadi, sugli striscioni esposti in curva, e diffuso sui blog attraverso il passaparola incessante delle tifoserie - gli ultrà italiani hanno dichiarato guerra allo Stato. La loro è una guerra silenziosa. Combattuta, fino a ora, nella penombra. Il tempo della contestazione sembra però scaduto. Nelle curve si parla da settimane di una fase due, di azioni dimostrative e violente. È da leggersi in questo senso la decisione della prefettura di Lecce di far giocare il derby di Puglia, Lecce-Bari a porte chiuse: la paura erano gli scontri tra le due tifoserie. Così come a Milano c'è grande tensione per la partita di mercoledì 6 gennaio (alle 20.30) con il Napoli, con il gruppo organizzato dei Mastiffs pronto a invadere San Siro con e senza tessere. L'obiettivo di questa guerra ultrà è l'abolizione della tessera del tifoso, la "fidelizzazione" del popolo degli stadi introdotta dal ministro degli Interni Roberto Maroni per avere una schedatura precisa degli spettatori che assistono alle partite di calcio: si tratta di un passpartout - contenente i dati anagrafici - obbligatorio per chi vuole vedere la partita in trasferta e per chi ha sottoscritto l'abbonamento per gli incontri casalinghi. Sono circa 600mila quelle sottoscritte. "Un successo" dicono al Viminale, "che porta più sicurezza e più gente allo stadio". Ma non è del tutto vero. Le presenze sono calate quest'anno mediamente di 1.500 unità, circa il 6 per cento. E soprattutto per decine di migliaia di tifosi ribelli la tessera è come se non esistesse: non ce l'hanno, ma loro allo stadio vanno comunque. In casa e in trasferta.
Ma allora che cosa sta succedendo negli stadi dopo il varo della tessera del tifoso? Come è possibile che i tifosi più estremisti riescano a dribblare i divieti imposti dalla schedatura e ad accedere ugualmente agli impianti? Domande che evocano un dubbio fondamentale: visto che i prefetti sono costretti a far giocare le partite a porte chiuse, la tessera del tifoso è fallita?
Come promesso già dalla fine del campionato scorso, e come annunciato quest'estate a colpi di bombe carta dagli ultrà atalantini nell'agguato a Maroni alla Berghem Fest leghista di Alzano Lombardo, la maggior parte degli ultrà italiani stanno boicottando la tessera. Con un unico "cartello" - in grado persino di sotterrare per l'occasione rivalità storiche come addirittura quelle tra Lazio e Roma, Palermo e Catania, Bari e Napoli, Atalanta e Brescia - stanno mettendo in pratica ogni domenica la loro forma di "resistenza" spontanea ma quasi sempre organizzata.
LE REGOLE AGGIRATE. Gli ultrà la tessera non l'hanno fatta. Ma nonostante questo provano - e riescono - a entrare allo stadio tutte le domeniche: comprano i biglietti non di curva e si mischiano nelle tifoserie avversarie. Roma-Milan, partita ad altissimo rischio prima delle feste natalizie, è stata aperta anche a chi non aveva la tessera proprio perché la polizia temeva azioni di violenza da parte degli ultrà giallorossi, se non fossero entrati a San Siro. D'accordo con le altre tifoserie, inoltre, i gruppi organizzati hanno cominciato un'attività "deterrente". Nel lessico curvaiolo deterrenza sta per botte. Anche chi ha la tessera, non deve andare nel settore ospiti. Deve andare in altri settori e mischiarsi con i tifosi di casa. "Devono avere paura" dicono. Ecco alcuni esempi di trasferte "in contromano". Ottocento genoani a Udine; 200 bresciani a Lecce; 500 doriani a Torino; 100 fiorentini a Genova; 500 juventini a Milano; 700 novaresi a Torino; 100 padovani a Siena; 300 carrarini a Poggibonsi; 400 cesenati a Roma; bolognesi e parmensi all'esterno dello stadio Cibali di Catania; 50 udinesi e 50 leccesi a Milano.
Fino a oggi gli ultrà hanno scelto quella che i capi tifoseria chiamano linea "soft". Ma ora - ammette uno dei leader riconosciuti dell'ala più dura della tifoseria del Napoli - non "garantiamo più che allo stadio non accada nulla". Non si tratta di un generico manifesto politico. Si tratta di un piano ben organizzato a tavolino, tra luglio e settembre, quando oltre 60 tifoserie si sono riunite prima a Catania e poi in provincia di Roma. Unico obiettivo dei due incontri: far fallire la tessera del tifoso. Per aggirare i paletti imposti dalle Prefetture e dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, gli ultrà acquistano, anche con largo anticipo, biglietti di altri settori. "Ognuno si organizza come vuole - spiega Claudio Galimberti detto "Bocia", capo degli ultrà della curva Nord atalantina sottoposto a Daspo - si parte in trasferta con mezzi propri e si acquistano biglietti di altri settori. Per questo spesso ci si trova in mezzo ai tifosi avversari. È una situazione molto delicata".
Una situazione che preoccupa anche gli analisti. "I problemi ci sono" ammette Maurizio Marinelli, direttore del centro studi sulla sicurezza pubblica della polizia di Stato, uno dei massimi esperti in Italia di ultrà e di ordine pubblico negli stadi. "L'allarme arriva dal fatto che sempre più spesso ci troviamo di fronte a tifosi senza tessera che, in trasferta, comprano i biglietti e si schierano in mezzo ai tifosi di casa, con altro rischio scontri. Per il momento è andato tutto abbastanza liscio, ma qualcosa bisognerà fare". Cosa? "Primo: fino a oggi, e in certi casi ancora oggi, vedi i serbi a Genova, gli ultrà venivano concentrati in un settore. Questo li rendeva più forti poiché compatti. Se invece questa forza della massa la spezzetti, la sparpagli, si frammenta, diventa più debole e più controllabile da parte di stewart e forze dell'ordine. Secondo: le curve sono cambiate. Tra Daspo e arresti c'è stato un ricambio dei capi. Le figure di riferimento che c'erano prima oggi non ci sono più. È tutto più liquido, più confuso. Terzo: se non ammoderniamo gli stadi, se non li facciamo più piccoli, più sicuri e di proprietà dei club, non abbiamo fatto niente".
Una situazione che preoccupa anche gli analisti. "I problemi ci sono" ammette Maurizio Marinelli, direttore del centro studi sulla sicurezza pubblica della polizia di Stato, uno dei massimi esperti in Italia di ultrà e di ordine pubblico negli stadi. "L'allarme arriva dal fatto che sempre più spesso ci troviamo di fronte a tifosi senza tessera che, in trasferta, comprano i biglietti e si schierano in mezzo ai tifosi di casa, con altro rischio scontri. Per il momento è andato tutto abbastanza liscio, ma qualcosa bisognerà fare". Cosa? "Primo: fino a oggi, e in certi casi ancora oggi, vedi i serbi a Genova, gli ultrà venivano concentrati in un settore. Questo li rendeva più forti poiché compatti. Se invece questa forza della massa la spezzetti, la sparpagli, si frammenta, diventa più debole e più controllabile da parte di stewart e forze dell'ordine. Secondo: le curve sono cambiate. Tra Daspo e arresti c'è stato un ricambio dei capi. Le figure di riferimento che c'erano prima oggi non ci sono più. È tutto più liquido, più confuso. Terzo: se non ammoderniamo gli stadi, se non li facciamo più piccoli, più sicuri e di proprietà dei club, non abbiamo fatto niente".
COME CAMBIA LA GEOGRAFIA DEL TIFO. Come sta cambiando il mondo ultrà? E con quali conseguenze? Le prove che la strategia sta sconvolgendo (pericolosamente) le abitudini dei tifosi, aggiornando la geografia del tifo, gli spostamenti, i viaggi, gli orari, la composizione dei settori, si stanno moltiplicando domenica dopo domenica. Per capire la portata del fenomeno basta guardare i settori ospiti, quelli appannaggio di chi ha la tessera, in una qualsiasi partita di serie A. La Lega calcio dice di non essere in possesso di dati ufficiali sulle presenze dei supporter che seguono la propria squadra in trasferta. Ma ci sono esempi eloquenti. Durante Bari-Cagliari nello spicchio dello stadio San Nicola riservato ai tifosi sardi c'era un solo spettatore. E una decina di steward attorno per controllarlo. In compenso un folto gruppo di ultrà cagliaritani faceva capolino in gradinata in mezzo ai baresi. Alzando il livello di tensione di una partita considerata "tranquilla".
Quando i baresi sono andati a Napoli al seguito del Bari - nel caldissimo derby del Sud (12 settembre), solitamente ad alto rischio incidenti - fuori dai cancelli del settore ospiti si sono trovati, alleati, i capibastone delle due tifoserie. Hanno ricevuto un brusco stop al grido di "chi entra prende un sacco di botte". Risultato: settore ospiti deserto. "I ragazzi hanno capito i motivi della nostra protesta e si comportano di conseguenza, non c'è stato bisogno di esagerare - racconta Alberto Savarese, "Il Parigino", uno dei responsabili della Nord barese insieme con Roberto Sblendorio, "Robertino" - In ogni caso noi non abbiamo obbligato nessuno a non sottoscrivere la tessera: capiamo che molti hanno fatto l'abbonamento, e quindi la card, per una ragione economica. Ma ci fa piacere che in trasferta, anche chi potrebbe andare nel settore ospiti, preferisce venire con noi". L'A. S. Bari ha richiesto alla Lega 16.700 tessere, ottenendone duemila circa nelle ultime settimane, proprio in vista del derby con il Lecce. A Milano, però, nella gara contro l'Inter (22 settembre), gli ultrà pugliesi non hanno comprato di proposito i biglietti "ospiti" ma quelli del terzo anello rosso. Sono saliti in gradinata, hanno cacciato gli abbonati dai loro posti e si sono seduti a fianco ai tifosi dell'Inter. Non è stata l'unica partita nella quale due tifoserie avversarie sono entrate in contatto. A Genova per Sampdoria-Napoli (19 settembre) c'erano solo una ventina di supporter napoletani nella "gabbia nord", il settore ospiti, mentre il gruppo più numeroso ha preso posto nei distinti, diviso dai sampdoriani da qualche stewart. Al gol vittoria del Napoli, gli ultrà hanno acceso un fumogeno e si è sfiorata la rissa. Raggruppamenti estemporanei, e ad alto rischio, anche in occasione di Milan-Genoa (25 settembre) allo stadio di San Siro. Partita tradizionalmente blindata. Un manipolo di ultrà genoani si è piazzato in mezzo ai tifosi del Milan al terzo anello rosso. All'inizio del secondo tempo i tifosi ospiti hanno tirato un petardo nelle file sotto: fuggi fuggi dei milanisti e forze dell'ordine in allarme. A Lecce, il 24 ottobre, sono volati pugni tra i bresciani e i salentini. A Bergamo, invece, l'Atalanta ha fatto il record di abbonamenti per la serie B (oltre 17mila) nonostante la retrocessione dell'anno scorso. Ma gli ultrà sono stati di parola: niente tessera e niente abbonamento. Ad Atalanta-Torino (10 ottobre) sono arrivati 70 ultrà torinesi che avevano acquistato - volutamente - biglietti di tribuna (la trasferta era vietata, ticket in vendita solo per residenti in Lombardia) ma che per evitare prevedibili disordini sono stati sistemati nel settore ospiti: il fallimento pratico della tessera. Non solo: le forze dell'ordine in assetto antiguerriglia sono state impegnate fino a mezzanotte e mezza per scortare un corteo di quindici auto.
LE INTIMIDAZIONI NELLE CITTÀ. Quali sono i "laboratori" della protesta? Chi studia i piani per affondare la card del tifoso? Fino a oggi i supporter del Napoli sono stati tra i più intransigenti. Campagne capillari in tutti i quartieri della città con la scritta "Non abbonarti, non tesserarti". Lo zoccolo duro della tifoseria non ha sottoscritto la tessera anche perché molti non avrebbero potuto a causa del famoso articolo 9 del regolamento, che la vieta a chi ha auto un Daspo - il provvedimento di allontanamento dagli stadi per disordini - negli ultimi cinque anni. "È anticostituzionale", dicono gli ultrà per sostenere la loro causa.
Ma tant'è. A Napoli qualcuno ha provato a bluffare. La procura (che ha creato un apposito pool di magistrati sui reati da stadio) ha avviato un'indagine conoscitiva partendo dal sito del tifo organizzato biancoazzurro dove erano state pubblicate tutte le procedure per falsificare la card. Fatti salvi i tarocchi, dunque, le tessere sottoscritte sono pochissime: meno di 15mila, su una media in questa stagione di circa 39mila spettatori a partita. "Abbiamo fatto un'opera di convincimento sui nostri ragazzi" dice uno dei capi della dei gruppi che dominano nella curva A. Chi frequenta il San Paolo, e i detective che si occupano dei teppisti, hanno ancora in mente i pestaggi di fine campionato scorso, proprio durante una protesta, in quel caso contro la società: le telecamere della Digos ripresero alcuni personaggi intenti a convincere altri tifosi, con pugni e calci, a lasciare la curva vuota come prevedeva la protesta.
Un mondo a se stante, quello delle cupole del tifo. Quattrocentocinquanta gruppi ultrà di cui 234 politicizzati: 61 (nel 2008 erano 58) hanno forti legami con movimenti di estrema destra e 28 sono vicini a formazioni radicali di sinistra. I più pericolosi sono i Bisl romanisti, I Mastiff del Napoli, la Banda Noantri della Lazio, le Brigate autonome livornesi, i Korps della Fiorentina, gli Irriducibili dell'Inter, i Drunks del Catania. Gli ultimi allarmi lanciati dal Viminale riguardano la contiguità delle tifoserie di Roma e Lazio con i gruppi di estrema destra, la vicinanza di alcuni gruppi di Napoli e Catania con la criminalità organizzata, l'estremismo razzista di diverse tifoserie del nord, Inter e Verona su tutte. Ma adesso c'è un nuovo allarme.
Un mondo a se stante, quello delle cupole del tifo. Quattrocentocinquanta gruppi ultrà di cui 234 politicizzati: 61 (nel 2008 erano 58) hanno forti legami con movimenti di estrema destra e 28 sono vicini a formazioni radicali di sinistra. I più pericolosi sono i Bisl romanisti, I Mastiff del Napoli, la Banda Noantri della Lazio, le Brigate autonome livornesi, i Korps della Fiorentina, gli Irriducibili dell'Inter, i Drunks del Catania. Gli ultimi allarmi lanciati dal Viminale riguardano la contiguità delle tifoserie di Roma e Lazio con i gruppi di estrema destra, la vicinanza di alcuni gruppi di Napoli e Catania con la criminalità organizzata, l'estremismo razzista di diverse tifoserie del nord, Inter e Verona su tutte. Ma adesso c'è un nuovo allarme.
La complicata evoluzione dell'era-tessera del tifoso è seguita da vicino dall'osservatorio del ministero degli Interni, dalle questure di tutta Italia (molte hanno costituito un'apposita squadra - stadio) e anche dai servizi segreti. Nell'ultimo rapporto consegnato al Parlamento, la nostra intelligence ha ribadito la "contiguità tra frange di tifo organizzato e estremismo politico". Una saldatura caratterizzata da una "forte avversione nei confronti delle forze dell'ordine" che "in alcuni casi lascia ipotizzare anche disegni preordinati". Come dichiarare guerra allo Stato.
giovedì 30 dicembre 2010
LECCE-BARI, SECONDO ATTO: CIARLATANI!
Lecce-Bari continua a far parlare e discutere. Dopo la decisione delle "porte chiuse" stabilita dal Casms c'era da aspettarselo. D'altra parte si tratta di una decisione che sancisce il fallimento definitivo della Tessera del tifoso, e si sa o si dovrebbe sapere (chi si illude del contrario è tonto, senza offesa) che la politica conta molto di più di qualsiasi sicurezza. Certo, da qualsiasi parte la guardano, qualsiasi soluzione ci propinino, lo stato ha comunque fallito su tutta la linea... Ma nel frattempo bisogna giustificare in qualche modo il provvedimento, ed ecco quindi le fantasie della questura leccese che volano libere... Fonte: La Repubblica di Bari
Il raduno a Torre dell´Orso 24 ore prima della partita. Una guerriglia organizzata nel centro di Lecce. La corsa dei baresi alla tessera del tifoso, per poter andare al derby. Sono questi gli elementi che hanno spinto il prefetto di Lecce, Mario Tafaro, e tutto il comitato per l´ordine e la sicurezza a far disputare il derby della Befana a porte chiuse. Una decisione che ben presto potrebbe però essere ribaltata: la «perplessità» espressa in via formale ieri dal ministro degli Interni, Roberto Maroni, e la convocazione del prefetto al ministero per capire meglio cosa è accaduto, potrebbe portare nelle prossime ore l´Osservatorio del Viminale a revocare il divieto. La partita che si gioca è politicamente troppo importante: le porte chiuse nel derby, di fatto, significano il fallimento della tessera del tifoso alla quale Maroni tiene troppo. Per questo - probabilmente anche dopo la mediazione del sottosegretario, Alfredo Mantovano - è possibile che la misura possa essere a breve rivista.
A Lecce però, nelle stanze della Prefettura, difendono la scelta fatta dal comitato. E la motivano con le relazioni presentate dagli uomini delle questure sia di Bari che di Lecce. Il primo pericolo era appunto quella della guerriglia in città il 6 gennaio, giorno di festa, con il capoluogo salentino invaso dai turisti giornalieri. Secondo quanto ricostruito dalla Questura, alcune frange della tifoseria biancorossa avevano organizzato un raduno tra tesserati e diffidati (quegli ultrà, cioè, che non possono avere il bollino del ministero) il 5 a Torre dell´Orso. L´incontro era in pineta e si sarebbe dovuto decidere come «attaccare» Lecce.
L´obiettivo non era stato individuato tanto nel Via del Mare, presidiato massicciamente dalle forze di polizia, quanto proprio in piazza Sant´Oronzo e nel centro cittadino. Era qui che avevano deciso di venire a contatto con i tifosi giallorossi ed era qui che i salentini stavano organizzando la risposta. Il pericolo era appunto la guerriglia, secondo la Questura di Lecce difficilmente contenibile.
Esisteva poi un problema numerico. Il derby in un primo momento doveva essere aperto soltanto ai possessori della tessera del tifoso. Da qui la decisione dello zoccolo duro della tifoseria di contravvenire alla regola di inizio stagione - quando il «No alla tessera» era un dogma - e sottoscrivere il contratto in modo tale da poter essere allo stadio. I numeri parlano chiaro: i tesserati baresi sono 16mila e 700, seimila dei quali lo hanno fatto nelle ultime due settimane.
Ad avvelenare il clima - secondo la polizia - anche la posizione presa nelle scorse settimane dal presidente del Lecce, Pierandrea Semeraro, che aveva annunciato di non voler riservare la curva degli ospiti ai baresi. In questa maniera li avrebbe costretti nel settore ospiti che al massimo può ospitare tra le tre e le quattromila persone. «Non possiamo far ripetere quello che è successo nell´ultimo derby - aveva detto Semeraro, guadagnandosi critiche dure da Bari - Quando i tifosi biancorossi lanciarono oggetti dal loro settore mettendo a rischio l´incolumità dei nostri tifosi». In rosso era segnata anche l´aggressione a mano dei tifosi giallorossi subita dal difensore Diamoutene, "colpevole" di aver giocato con la maglia del Bari.
A Lecce però, nelle stanze della Prefettura, difendono la scelta fatta dal comitato. E la motivano con le relazioni presentate dagli uomini delle questure sia di Bari che di Lecce. Il primo pericolo era appunto quella della guerriglia in città il 6 gennaio, giorno di festa, con il capoluogo salentino invaso dai turisti giornalieri. Secondo quanto ricostruito dalla Questura, alcune frange della tifoseria biancorossa avevano organizzato un raduno tra tesserati e diffidati (quegli ultrà, cioè, che non possono avere il bollino del ministero) il 5 a Torre dell´Orso. L´incontro era in pineta e si sarebbe dovuto decidere come «attaccare» Lecce.
L´obiettivo non era stato individuato tanto nel Via del Mare, presidiato massicciamente dalle forze di polizia, quanto proprio in piazza Sant´Oronzo e nel centro cittadino. Era qui che avevano deciso di venire a contatto con i tifosi giallorossi ed era qui che i salentini stavano organizzando la risposta. Il pericolo era appunto la guerriglia, secondo la Questura di Lecce difficilmente contenibile.
Esisteva poi un problema numerico. Il derby in un primo momento doveva essere aperto soltanto ai possessori della tessera del tifoso. Da qui la decisione dello zoccolo duro della tifoseria di contravvenire alla regola di inizio stagione - quando il «No alla tessera» era un dogma - e sottoscrivere il contratto in modo tale da poter essere allo stadio. I numeri parlano chiaro: i tesserati baresi sono 16mila e 700, seimila dei quali lo hanno fatto nelle ultime due settimane.
Ad avvelenare il clima - secondo la polizia - anche la posizione presa nelle scorse settimane dal presidente del Lecce, Pierandrea Semeraro, che aveva annunciato di non voler riservare la curva degli ospiti ai baresi. In questa maniera li avrebbe costretti nel settore ospiti che al massimo può ospitare tra le tre e le quattromila persone. «Non possiamo far ripetere quello che è successo nell´ultimo derby - aveva detto Semeraro, guadagnandosi critiche dure da Bari - Quando i tifosi biancorossi lanciarono oggetti dal loro settore mettendo a rischio l´incolumità dei nostri tifosi». In rosso era segnata anche l´aggressione a mano dei tifosi giallorossi subita dal difensore Diamoutene, "colpevole" di aver giocato con la maglia del Bari.
Ma ovviamente anche Zanna Bianca non poteva esimersi dal dire la sua... confusione su confusione...
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni - secondo quanto si apprende - ha chiesto alle autorità della pubblica sicurezza pugliesi di riunirsi per rivedere la decisione di far svolgere a porte chiuse la partita Lecce-Bari del prossimo 6 gennaio. Così, sempre secondo quanto si apprende, è stata programmata per lunedì 3 gennaio a Bari una riunione congiunta dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica del capoluogo pugliese e di Lecce, che farà una nuova valutazione sul derby pugliese.
La riunione potrebbe - come auspicato da Maroni - decidere di riaprire ai tifosi, con determinate restrizioni, le porte dello stadio di Lecce per il match dell'Epifania. Oggi, anche il sindaco di Lecce aveva scritto al ministro per una soluzione meno drastica.
La riunione potrebbe - come auspicato da Maroni - decidere di riaprire ai tifosi, con determinate restrizioni, le porte dello stadio di Lecce per il match dell'Epifania. Oggi, anche il sindaco di Lecce aveva scritto al ministro per una soluzione meno drastica.
Insomma a quanto pare Maroni alla fine in Salento ed in Puglia verrà fatto passare come "il leghista buono"... Me cojoni! Il prefetto locale invece come un povero deficiente. Come se fosse l'unico. Si accettano scommesse...
BUON NATALE SIGNOR ARBITRO!
Fuga arbitrale d'annata |
Fonte: Dodicesimo Uomo
Come Zidane con Materazzi, Berlino, Mondiali di calcio 2006. No, peggio. Perché stavolta il "Materazzi" di turno non se l'è cavata solo con un colpo al petto, ma con una costola fratturata e un ematoma vicino al pericardio. Una testata come nella finale di Berlino, ma questa volta a farne le spese è stato un arbitro di calcio a cinque, ad aggredirlo un viceallenatore, davanti agli occhi esterrefatti di bambini di undici anni.
L'episodio è avvenuto durante il torneo di Natale (117 le squadre partecipanti) nel centro polisportivo comunale "L. Marabini" di San Martino in Strada, a Forlì. Un'iniziativa voluta da Claudio Garavini della Sammartinese calcio per raccogliere fondi per il Mato Grosso. Il clima natalizio e il fine nobile avrebbero dovuto suggerire una dose maggiore di fair play, invece si surriscalda velocemente quando, a due minuti dalla fine della gara fra Predappio e San Pietro in Vincoli, l'arbitro fischia un fallo, commesso da un giocatore del Predappio (che pure vince 2-1). Cominciano le proteste della squadra, in particolare di un ragazzino che insulta l'arbitro e poi si mette a piangere. Lo stesso direttore di gara si avvicina alla panchina, e redarguisce gli allenatori (il titolare e un genitore in funzione di vice), perché insegnino l'educazione ai loro giocatori. Ma il viceallenatore lo colpisce in pieno petto con una testata, e lo manda in ospedale.
"La squadra del Predappio è stata squalificata, ci dispiace per i bambini ma era dovuto - spiega Garavini dalla palestra dove è avvenuto l'episodio - vogliamo arrivare fino alle finali dell'Epifania, per raccogliere i soldi per la beneficenza". Lo stesso organizzatore del torneo precisa che "sono giunte le scuse sia a noi sia all'arbitro per questo fatto inqualificabile. Noi chiediamo ai ragazzini di stringersi sempre la mano a fine gara".
Una scena ben poco edificante, per un pubblico di giovanissime leve dello sport, cui si dovrebbe insegnare innanzitutto il rispetto delle regole e delle decisioni arbitrali. Ironia della sorte, nel torneo per le categorie d'età inferiore l'arbitro non è nemmeno necessario: la partita è autogestita dai bambini, e se non si trova l'accordo su un'azione, intervengono gli istruttori. "In quanto educatori", scritto in maiuscolo, si precisa sul sito.
L'episodio è avvenuto durante il torneo di Natale (117 le squadre partecipanti) nel centro polisportivo comunale "L. Marabini" di San Martino in Strada, a Forlì. Un'iniziativa voluta da Claudio Garavini della Sammartinese calcio per raccogliere fondi per il Mato Grosso. Il clima natalizio e il fine nobile avrebbero dovuto suggerire una dose maggiore di fair play, invece si surriscalda velocemente quando, a due minuti dalla fine della gara fra Predappio e San Pietro in Vincoli, l'arbitro fischia un fallo, commesso da un giocatore del Predappio (che pure vince 2-1). Cominciano le proteste della squadra, in particolare di un ragazzino che insulta l'arbitro e poi si mette a piangere. Lo stesso direttore di gara si avvicina alla panchina, e redarguisce gli allenatori (il titolare e un genitore in funzione di vice), perché insegnino l'educazione ai loro giocatori. Ma il viceallenatore lo colpisce in pieno petto con una testata, e lo manda in ospedale.
"La squadra del Predappio è stata squalificata, ci dispiace per i bambini ma era dovuto - spiega Garavini dalla palestra dove è avvenuto l'episodio - vogliamo arrivare fino alle finali dell'Epifania, per raccogliere i soldi per la beneficenza". Lo stesso organizzatore del torneo precisa che "sono giunte le scuse sia a noi sia all'arbitro per questo fatto inqualificabile. Noi chiediamo ai ragazzini di stringersi sempre la mano a fine gara".
Una scena ben poco edificante, per un pubblico di giovanissime leve dello sport, cui si dovrebbe insegnare innanzitutto il rispetto delle regole e delle decisioni arbitrali. Ironia della sorte, nel torneo per le categorie d'età inferiore l'arbitro non è nemmeno necessario: la partita è autogestita dai bambini, e se non si trova l'accordo su un'azione, intervengono gli istruttori. "In quanto educatori", scritto in maiuscolo, si precisa sul sito.
A Natale siamo tutti più buoni. Ora Maroni tornerà alla carica per proporre il Daspo ai genitori. E poi si sentirà importante...
mercoledì 29 dicembre 2010
MENO INCIDENTI, PIU' DISAGI
Fonte: La Stampa.
Per il momento, gli unici dati disponibili sul primo campionato italiano della storia con tessera del tifoso incorporata continuano a essere quelli elencati dal ministro degli Interni Roberto Maroni due mesi fa: allora, sulle prime otto partite, il Viminale aveva rilevato un calo del 50% degli incontri con incidenti e una diminuzione del 90% del numero dei feriti a fronte, diceva il ministro, di un aumento degli spettatori. Ora che siamo quasi a metà stagione e che l’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, a fine gennaio, si appresta a pubblicare le statistiche più aggiornate, a occhio gli stadi rivelano vuoti desolanti anche nelle partite di cartello.
Quanto alla violenza, aggressioni e tafferugli sono sicuramente in discesa, anche se c’è chi obietta che molto più della tessera hanno potuto i sempre più frequenti divieti di trasferta disposti dall’Osservatorio per le partite a rischio. Che spesso sono la maggior parte, come dimostrano le limitazioni previste anche per il prossimo turno di serie A, in programma il 6 gennaio: saranno ben sei gli incontri per cui è stata vietata la vendita dei biglietti ai residenti nella regione di provenienza della squadra ospite, cioè Inter-Napoli (Campania), Lecce-Bari (qui il divieto vale per la provincia barese), Roma-Catania (Sicilia), Napoli-Juventus (Piemonte), Fiorentina Brescia (Lombardia) e Lazio-Lecce (Puglia).
«E’ naturale che gli incidenti allo stadio siano diminuiti – commenta Lorenzo Contucci, legale che si è specializzato nella difesa di tifosi ultrà -: se si vietano le trasferte si limitano anche le occasioni di contatto. Voglio ricordare a questo proposito che, citando solo l’esempio dei tifosi della Roma, a Cagliari c’erano 23 romanisti e a Napoli (partita classificata ad altissimo rischio, ndr) 13». Riguardo all’efficacia anti-scontri della tessera, qualche problema invece si è verificato quando gli ultrà non tesserati sono riusciti ad aggirare l’ostacolo in trasferta: non potendo essere ammessi nel settore ospiti in quanto appunto sprovvisti di tessera, hanno acquistato biglietti in zone dello stadio riservate abitualmente ai tifosi di casa.
Il risultato paradossale è che si sono ritrovati gomito a gomito proprio con i sostenitori della squadra avversaria, com’è successo allo stadio Dall’Ara per Bologna-Juventus lo scorso ottobre: in curva San Luca, normalmente occupata da gente di fede rossoblu, si sono presentati gruppi legati alla galassia ultrà juventina e alcuni tifosi bolognesi sono stati malmenati, mentre gli steward abbandonavano il campo. Il Bologna Calcio in quell’occasione ha protestato contro «le conseguenze negative della tessera del tifoso: la stiamo sperimentando e per ora ci sono solo dei contro e non dei pro». In particolare, si faceva presente la difficoltà di gestire la sicurezza nei casi di squadre con molti tifosi al seguito.
Fatta la legge trovato l’inganno, ma il Viminale è corso ai ripari con una direttiva di recente emanazione, spiega Contucci: «A Roma è già stata applicata facendo sistemare i tifosi ospiti con tessera in tribuna Monte Mario, e quelli senza nella curva ospiti». Sembrerebbe un ritorno al passato, mentre su internet la protesta continua a farsi sentire: su Facebook la pagina “No alla tessera del tifoso” ha raccolto quasi 27mila adesioni, e nei forum la card viene bollata come strumento di schedatura e come responsabile maggiore dello svuotamento degli stadi.
Quanto alla violenza, aggressioni e tafferugli sono sicuramente in discesa, anche se c’è chi obietta che molto più della tessera hanno potuto i sempre più frequenti divieti di trasferta disposti dall’Osservatorio per le partite a rischio. Che spesso sono la maggior parte, come dimostrano le limitazioni previste anche per il prossimo turno di serie A, in programma il 6 gennaio: saranno ben sei gli incontri per cui è stata vietata la vendita dei biglietti ai residenti nella regione di provenienza della squadra ospite, cioè Inter-Napoli (Campania), Lecce-Bari (qui il divieto vale per la provincia barese), Roma-Catania (Sicilia), Napoli-Juventus (Piemonte), Fiorentina Brescia (Lombardia) e Lazio-Lecce (Puglia).
«E’ naturale che gli incidenti allo stadio siano diminuiti – commenta Lorenzo Contucci, legale che si è specializzato nella difesa di tifosi ultrà -: se si vietano le trasferte si limitano anche le occasioni di contatto. Voglio ricordare a questo proposito che, citando solo l’esempio dei tifosi della Roma, a Cagliari c’erano 23 romanisti e a Napoli (partita classificata ad altissimo rischio, ndr) 13». Riguardo all’efficacia anti-scontri della tessera, qualche problema invece si è verificato quando gli ultrà non tesserati sono riusciti ad aggirare l’ostacolo in trasferta: non potendo essere ammessi nel settore ospiti in quanto appunto sprovvisti di tessera, hanno acquistato biglietti in zone dello stadio riservate abitualmente ai tifosi di casa.
Il risultato paradossale è che si sono ritrovati gomito a gomito proprio con i sostenitori della squadra avversaria, com’è successo allo stadio Dall’Ara per Bologna-Juventus lo scorso ottobre: in curva San Luca, normalmente occupata da gente di fede rossoblu, si sono presentati gruppi legati alla galassia ultrà juventina e alcuni tifosi bolognesi sono stati malmenati, mentre gli steward abbandonavano il campo. Il Bologna Calcio in quell’occasione ha protestato contro «le conseguenze negative della tessera del tifoso: la stiamo sperimentando e per ora ci sono solo dei contro e non dei pro». In particolare, si faceva presente la difficoltà di gestire la sicurezza nei casi di squadre con molti tifosi al seguito.
Fatta la legge trovato l’inganno, ma il Viminale è corso ai ripari con una direttiva di recente emanazione, spiega Contucci: «A Roma è già stata applicata facendo sistemare i tifosi ospiti con tessera in tribuna Monte Mario, e quelli senza nella curva ospiti». Sembrerebbe un ritorno al passato, mentre su internet la protesta continua a farsi sentire: su Facebook la pagina “No alla tessera del tifoso” ha raccolto quasi 27mila adesioni, e nei forum la card viene bollata come strumento di schedatura e come responsabile maggiore dello svuotamento degli stadi.
CONTINUA LA DESERTIFICAZIONE DEGLI STADI...
Fonte: La Stampa.
«Lo stadio è una bolgia», gridavano radio e televisioni per restituire il pathos dei tifosi. Un leit motive, come «la spinta dei 60 mila», con cui si raccontava il calore di impianti esauriti in ogni ordine di posto. Atmosfere oggi dimenticate, perché nel week-end, a rubare l'occhio, è piuttosto il vuoto in ogni ordine. La media degli spettatori della serie A, rispetto ai dati complessivi dello scorso campionato, è scesa del 6,88%: le statistiche aggiornate alla pausa invernale, 23 mila e 800 tifosi per partita, evidenziano un deficit di 1750 unità. D'accordo, quando i match si faranno decisivi, nella seconda parte della stagione, il gap verosimilmente si ridurrà. Come è vero che sul flop hanno avuto il loro peso le due partite casalinghe in meno dell'Inter e il derby di Genova rinviato per maltempo. Attenuanti che non cambiano la sostanza: le gare che mancano all'appello di certo non saranno utili ad invertire il trend.
Al conteggio delle sciarpe, fin qui, ridono solo i nerazzurri, passati da una media di 56.195 spettatori a 63.770: effetto tripletta, che ha determinato un incremento del 13,5%. Sul podio di chi ha registrato il segno positivo salgono Milan e Palermo: Ibrahimovic e il comando della classifica hanno richiamato a San Siro oltre 47 mila spettatori (+11,5%), mentre i gol di Pastore e Miccoli hanno regalato a Zamparini una media di 26 mila 300 tifosi (+5,1%). In realtà, nella graduatoria delle singole unità, il terzo gradino spetta al Napoli (41 mila 365 fan a partita). Quindi la lunghissima lista di chi piange, dove regna la Roma (- 24%), con Fiorentina, Genoa e Lazio che non hanno certo di che rallegrarsi.
Detto delle attenuanti, restano le cause: il grido «Io non mi tessero», con cui gli ultrà hanno rigurgitato l'invito alla Tessera del Tifoso, si bilancia con l'incremento dei biglietti venduti. Ma la diminuzione degli abbonamenti (stimabile tra il 16 e il 17%) è pur sempre una spada di Damocle. L'offerta televisiva, poi, è argomentazione sempre valida: la media di oltre 31 mila appassionati che nella stagione 1997-98 coloravano gli stadi la dice lunga sull'inquietante calo degli ultimi 15 anni. E sul dilagare del pubblico da casa: il derby di Milano e quello d'Italia tra Inter e Juventus sono stati seguiti da oltre 2 milioni e mezzo di telespettatori Sky. Due match da record, in scia a Inter-Milan di due anni fa.
L'inadeguatezza degli impianti italiani fa da bussola alla diagnosi: «Con questa generazione di stadi di più non si può fare - dice Brunelli -. Quando illustriamo su mappa i nostri studi, avvalendoci delle bandierine per indicare i paesi che si stanno evolvendo, in corrispondenza dell'Italia c'è il vuoto. I tedeschi hanno bruciato le tappe, perché dispongono delle strutture più moderne. L'Inghilterra, in cui si registrano stadi mediamente pieni per il 90%, prosegue con la sua politica. L'unica realtà avvicinabile è la Spagna, che non a caso ha gli stadi peggiori». Di contro, i prezzi dei biglietti nei settori "top" nostrani non si discostano di molto da quelli dei concorrenti: la vera differenza sta nella qualità dei servizi. E mentre il disegno di legge sugli stadi giace addormentato, gli italiani preferiscono investire sullo schermo piatto.
Al conteggio delle sciarpe, fin qui, ridono solo i nerazzurri, passati da una media di 56.195 spettatori a 63.770: effetto tripletta, che ha determinato un incremento del 13,5%. Sul podio di chi ha registrato il segno positivo salgono Milan e Palermo: Ibrahimovic e il comando della classifica hanno richiamato a San Siro oltre 47 mila spettatori (+11,5%), mentre i gol di Pastore e Miccoli hanno regalato a Zamparini una media di 26 mila 300 tifosi (+5,1%). In realtà, nella graduatoria delle singole unità, il terzo gradino spetta al Napoli (41 mila 365 fan a partita). Quindi la lunghissima lista di chi piange, dove regna la Roma (- 24%), con Fiorentina, Genoa e Lazio che non hanno certo di che rallegrarsi.
Detto delle attenuanti, restano le cause: il grido «Io non mi tessero», con cui gli ultrà hanno rigurgitato l'invito alla Tessera del Tifoso, si bilancia con l'incremento dei biglietti venduti. Ma la diminuzione degli abbonamenti (stimabile tra il 16 e il 17%) è pur sempre una spada di Damocle. L'offerta televisiva, poi, è argomentazione sempre valida: la media di oltre 31 mila appassionati che nella stagione 1997-98 coloravano gli stadi la dice lunga sull'inquietante calo degli ultimi 15 anni. E sul dilagare del pubblico da casa: il derby di Milano e quello d'Italia tra Inter e Juventus sono stati seguiti da oltre 2 milioni e mezzo di telespettatori Sky. Due match da record, in scia a Inter-Milan di due anni fa.
L'inadeguatezza degli impianti italiani fa da bussola alla diagnosi: «Con questa generazione di stadi di più non si può fare - dice Brunelli -. Quando illustriamo su mappa i nostri studi, avvalendoci delle bandierine per indicare i paesi che si stanno evolvendo, in corrispondenza dell'Italia c'è il vuoto. I tedeschi hanno bruciato le tappe, perché dispongono delle strutture più moderne. L'Inghilterra, in cui si registrano stadi mediamente pieni per il 90%, prosegue con la sua politica. L'unica realtà avvicinabile è la Spagna, che non a caso ha gli stadi peggiori». Di contro, i prezzi dei biglietti nei settori "top" nostrani non si discostano di molto da quelli dei concorrenti: la vera differenza sta nella qualità dei servizi. E mentre il disegno di legge sugli stadi giace addormentato, gli italiani preferiscono investire sullo schermo piatto.
FATE RIDERE, TUTTI!
Fonte: Repubblica.
LECCE - Il derby Bari Lecce si giocherà a porte chiuse. La decisione è arrivata dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica a conclusione di una riunione in Prefettura a Lecce di questa mattina.
Il provvedimento era già nell’aria, poco prima di Natale il presidente del Lecce Pierandrea Semeraro aveva già espresso molte perlessità legate all’ordine pubblico data la grande rivalità che esiste tra le tifoserie giallorosse e quelle biancorosse. A preoccupare il Comitato, soprattutto la notizia che il numero di supporter avrebbe superato notevolmente quello dei 6200 posti messi a disposizione dalla società per i tifosi in trasferta, situazione che gli organi tecnici preposti alla sicurezza avevano fin da subito evidenziato come miccia capace di accendere disordini. La società aveva anche fatto presente “le criticità legate alla sicurezza degli spettatori allo stadio”. Preoccupazione era stata espressa dopo la decisione presa in un altro vertice sulla sicurezza, di destinare l’intera curva sud ai sostenitori del Bari in possesso di tessera del tifoso. “L’esperienza ci ha insegnato – aveva detto Semeraro in quella occasione – come fosse sbagliata la scelta di destinare l’intera curva sud ai supporter baresi” dopo i disordini verificatisi nell’ultima partita disputata a Lecce contro il Bari nel maggio 2008. “Una decisione sofferta, ma inevitabile” ha detto il prefetto di Lecce Mario Tafaro, “di fronte ad una partita ritenuta così ad alto rischio potevamo soltanto prendere questo provvedimento, l’unico in grado di garantire un reale controllo della manifestazione”. Quella del derby del 6 gennaio a Via del Mare è la prima gara interdetta al pubblico nella stagione in corso.
Già il Casms, il Comitato di analisi per la sicurezza della manifestazioni sportive del Viminale, aveva stabilito di vietare la vendita dei tagliandi ai residenti nella provincia di Bari per il derby dell’Epifania. Il provvedimento aveva già suscitato forti reazioni all’interno delle tifoserie, dal momento che la gara di Lecce è considerata la partita della stagione, un appuntamento decisivo per le sorti delle due squadre. Alla sfida salvezza non assisteranno neanche i possessori della tessera del tifoso.
Il provvedimento era già nell’aria, poco prima di Natale il presidente del Lecce Pierandrea Semeraro aveva già espresso molte perlessità legate all’ordine pubblico data la grande rivalità che esiste tra le tifoserie giallorosse e quelle biancorosse. A preoccupare il Comitato, soprattutto la notizia che il numero di supporter avrebbe superato notevolmente quello dei 6200 posti messi a disposizione dalla società per i tifosi in trasferta, situazione che gli organi tecnici preposti alla sicurezza avevano fin da subito evidenziato come miccia capace di accendere disordini. La società aveva anche fatto presente “le criticità legate alla sicurezza degli spettatori allo stadio”. Preoccupazione era stata espressa dopo la decisione presa in un altro vertice sulla sicurezza, di destinare l’intera curva sud ai sostenitori del Bari in possesso di tessera del tifoso. “L’esperienza ci ha insegnato – aveva detto Semeraro in quella occasione – come fosse sbagliata la scelta di destinare l’intera curva sud ai supporter baresi” dopo i disordini verificatisi nell’ultima partita disputata a Lecce contro il Bari nel maggio 2008. “Una decisione sofferta, ma inevitabile” ha detto il prefetto di Lecce Mario Tafaro, “di fronte ad una partita ritenuta così ad alto rischio potevamo soltanto prendere questo provvedimento, l’unico in grado di garantire un reale controllo della manifestazione”. Quella del derby del 6 gennaio a Via del Mare è la prima gara interdetta al pubblico nella stagione in corso.
Già il Casms, il Comitato di analisi per la sicurezza della manifestazioni sportive del Viminale, aveva stabilito di vietare la vendita dei tagliandi ai residenti nella provincia di Bari per il derby dell’Epifania. Il provvedimento aveva già suscitato forti reazioni all’interno delle tifoserie, dal momento che la gara di Lecce è considerata la partita della stagione, un appuntamento decisivo per le sorti delle due squadre. Alla sfida salvezza non assisteranno neanche i possessori della tessera del tifoso.
Dunque, ci avevano propinato la Tessera del Tifoso. Ci hanno detto che era utile per ritornare ad andare allo stadio regolarmente, senza limitazioni. Per creare “la categoria dei tifosi ufficiali” (quali? quelli a cui prelevate coattamente l’importo dell’abbonamento direttamente dal conto in banca?). Per “combattere la violenza”. Ci hanno detto che chi non se la faceva è un violento, che ha qualcosa da nascondere, che appartiene a una minoranza politicizzata. Ci hanno garantito che gli stadi sarebbero stati aperti per tutti i possessori di tessera, quei “4-5 milioni di tifosi per bene” (secondo Maroni) “che sottoscriveranno la Tessera del Tifoso”. Chiaramente le società sono state zitte, tranne poche eccezioni (vedi Zamparini) poi costrette a cedere al ricatto di Zanna Bianca ed al silenzio-complice dei colleghi presidenti… Come disse Foschi “Se ti esprimevi contro la tessera, per loro voleva dire che sei un violento, sei un ultras, non meriti di stare nel mondo del calcio!”. Perfetto, ed allora dobbiamo essere solo noi tifosi a schierarci contro quello che anche voi sapete essere un abuso bello e buono!?!
Dopo le chiacchiere, ecco il campionato: tifosi tesserati in trasferta nel settore ospiti, tifosi non tesserati in mezzo al pubblico di casa. Si verificano anche i primi incidenti, come è naturale che sia… Maroni sciorina dati falsi, ma la realtà vede stadi sempre più vuoti anche in match di cartello. “Io con i violenti non ci parlo! Parlo solo con i tifosi per bene!”, urla Maroni. Ma la realtà è che non vuole parlare con nessuno, non vuole sentire nessuno che non gli dia ragione. D’altra parte cosa potrebbe dire? E’ l’unico Ministro degli Interni d’Europa ad aver riportato una condanna come resistenza a Pubblico Ufficiale… Come se Renato Vallanzasca un giorno facesse il Ministro dell’Economia o Felice Maniero quello di Grazia e Giustizia!
Ma la stagione avanza, e nel frattempo sempre più trasferte vengono proibite ai non possessori di Tessera del Tifoso. “Così gli rendiamo la vita difficile!” ha detto tempo fa in TV uno che non deve avere molto da fare nella vita… Almeno inseguisse i delinquenti veri… Casomai la vita la rendono difficile ai loro stessi colleghi, costretti a controllare fuori dallo stadio quelle tifoserie che si muovono ugualmente, ma perchè sprecarsi a farglielo capire? Lo sanno, ma non vogliono compromettere agli occhi del Ministro la loro “onorata” carriera… Succede così che partite come Parma-Sampdoria, Milan-Brescia ed altre che sotto il profilo dell’ordine pubblico non hanno mai comportato problemi vengano chiuse ai tifosi ospiti sprovvisti di tessera, succede a noi che a Vicenza veniamo bastonati da persone che si sentono forti perchè indossano una divisa… succede anche che l’ONMS ed il CASMS facciano la prima pensata sensata da quando hanno introdotto la Tessera: i non tesserati possono accedere solo al settore ospiti, i possessori di tessera possono andare dove gli pare… o almeno così avrebbe dovuto essere: Lecce-Bari fa la coppia con Genoa-Milan dell’anno scorso… SI GIOCA A PORTE CHIUSE PERCHE’ LA POLIZIA NON E’ IN GRADO DI GARANTIRE L’ORDINE PUBBLICO, PUR AVENDO TUTTI GLI STRUMENTI NECESSARI PER POTERLO FARE (Secondo Maroni la tessera è “uno strumento necessario”, quindi se non siete d’accordo prendetevela con lui…)!
Vado controcorrente: questa è una bellissima notizia! E’ una bellissima notizia perchè ci da ragione su tutta la linea, è una bellissima notizia perchè chi ha sottoscritto la tessera illudendosi di non aver più problemi ci ha sbattuto il naso, è una bellissima notizia perchè l’Italia calcistica NON PUO’ PIU’ FAR FINTA DI NON VEDERE!
Ormai tutti sappiamo che nelle questure delle nostre città c’è sempre meno voglia di lavorare e sempre più voglia di rilasciare interviste ai giornali in cui ci si lamenta di ciò che è previsto dal proprio lavoro, quindi non mi soffermerò molto a lungo sull’argomento. Sappiamo anche che le società sono sotto ricatto, ma forse è ora che comincino ad alzare la testa seriamente se non vogliono nel tempo ritrovarsi in braghe di tela. Inoltre sappiamo che ciò che ho detto è comprensibile solo dai ragazzi delle curve, che vivono sulla loro pelle la limitazione delle proprie passioni. Bene, penso che sia inutile star qui a parlarsi addosso: la mia riflessione finale la dedico a coloro che la Tessera l’hanno sottoscritta, a tutti i tifosotti italioti che magari erano anche convinti che potesse servire a qualcosa. Quest’estate mi sono anche beccato con alcuni di loro, che insistevano sull’utilità del provvedimento, che era “ora di finirla con questi ultras che vivono nell’impunità!”, che erano convinti di aver in tasca il magico lasciapassare per le porte di qualsiasi stadio: ora che il CASMS con il suo provvedimento relativo a Lecce-Bari ha DECRETATO UFFICIALMENTE IL FALLIMENTO DELLA TESSERA, non è il caso che vi scusiate col sottoscritto e che magari buttiate quell’inutile pezzo di plastica nel cesso?
martedì 28 dicembre 2010
STATO DI POLIZIA: IL MALCONTENTO DEI PASTORI SARDI
Fonte: Il Corriere di Roma.
ROMA - Bloccato a Civitavecchia il blitz di oltre duecento pastori sardi che intendevano raggiungere il ministero dell'Agricoltura a Roma dopo essere sbarcati martedì mattina dal traghetto proveniente da Olbia. Per evitare i controlli di Polizia l'iniziativa non era stata preavvisata dagli organizzatori che avevano invece organizzato il trasferimento dal Porto di Civitavecchia a Roma con cinque pullman. Ad attendere gli allevatori del Movimento pastori sardi (Mps) nello scalo laziale c'erano Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza che hanno bloccato e sequestrato i pullman. Ci sono stati anche momenti di tensione e tafferugli.
DUE DENUNCIATI - In seguito agli scontri due manifestanti sono stati denunciati in stato di libertà per resistenza a Pubblico Ufficiale, mentre tutti per manifestazione non autorizzata.
«CALCIO ALLA CAVIGLIA» - «Un nostro pastore - ha raccontato Felice Floris, leader del movimento - è stato bloccato e poi rilasciato. Ci hanno sequestrato i pullman per raggiungere la capitale. Forse temendo che volessimo fare chissà che cosa. Ma noi avevamo solo intenzione di indire una conferenza stampa per fare diventare nazionale il problema dei pastori sardi». «Le forze dell'ordine, polizia e carabinieri, mi hanno sferrato un violento calcio alla caviglia. Ora è gonfia e i miei amici sono andati in farmacia a comprare pomate e fasciature». A parlare, ancora incredula per quanto accaduto, è Maria Barca, 27 anni, dottore in comunicazione e da un anno nella dirigenza del Movimento dei pastori, come responsabile dell'area del nuorese ed anche della comunicazione. Maria è la stessa che il 19 ottobre, insieme ad altri dieci pastori, occupò la sala della Regione Sardegna per protestare contro le decisioni prese sulla pastorizia. «Ci hanno impedito di raggiungere Roma - spiega - Ci sono stati degli scontri e io sono stata colpita in maniera violenta. Prima di cadere a terra dal dolore ho implorato le forze dell'ordine di lasciar andare un giovane pastore che ha 17 anni e che è stato da loro ripetutamente picchiato». A Maria fa eco Filippo Gioi, dirigente del Mps: «Il ragazzo che è stato manganellato peserà sì e no 40 chili. Non aveva senso prendersela con lui. È stato un atto di violenza gratuita».
«SETTORE AL COLLASSO» - «La pastorizia vive da anni una situazione insostenibile, che rischia di far scomparire dal processo produttivo un settore che occupa decine di migliaia di persone. Rifiutiamo gli accordi del de minimis sul prezzo del latte: non ci possono pagare 60 centesimi al litro quando a noi pastori viene a costare, come spese di produzione a seconda delle zone, tra gli 80 centesimi o un euro la produzione. Siamo ormai al collasso. Il 2010 si è chiuso malissimo anche con la legge approvata dal Consiglio regionale sardo che farà scomparire dalla nostra regione 7.700 aziende zootecniche. I pastori e gli agricoltori sono le vere vittime di una politica ignava e cialtrona che tutto fa all'infuori di creare sviluppo», ha spiegato il leader del Movimento dei pastori sardi, Felice Floris. «Da oltre 20 anni - spiega - ci hanno imposto di investire per adempiere a tutte le normative che l'Unione Europea imponeva, mentre lo Stato e la Regione non hanno adottato misure per tutelare le nostre produzioni in sede europea, accettando, senza mai contestare, miseri contributi in cambio della rinunzia alla produzione. Tutti gli sforzi e i sacrifici che agricoltori e allevatori hanno fatto con i loro investimenti sono stati vani e hanno causato disagi economici e in molti casi il fallimento delle aziende». Floris sottolinea che «attorno ai pastori e agli agricoltori si è sviluppata una burocrazia parassitaria che tutto consuma e niente produce, divorando montagne di soldi pubblici. Tutto in nome di pastori e agricoltori che sono stati presentati all'opinione pubblica come costosi assistiti».
Come al solito chi gestisce l'ordine pubblico si dimostra forte coi deboli... Certo, loro ubbidiranno agli ordini; ma allora mi spieghino il senso delle lamentele sul trattamento che subiscono dallo stato stesso, sugli stipendi bassi, sui turni massacranti... glielo ha ordinato il dottore di fare i poliziotti?
INQUIETANTI RETROSCENA
Calisto Tanzi |
Credo che Calisto Tanzi non abbia bisogno di grandi presentazioni. Diciamo che una buona fetta di italiani gli metterebbe volentieri le mani adosso, specie chi aveva investito qualcosa nei titoli della Parmalat, per il cui fallimento è stato condannato a 18 anni lo scorso 9 dicembre... Ma delle vicende Parmalat credo che ne sappiate più o meno tutti qualcosina più di me, che soldi da investire non ne ho mai avuti e quindi da quel punto di vista posso dormire sogni tranquilli!
Per quel che riguarda l'attività di questo blog, Callisto Tanzi è stato anche il presidente del Parma Calcio. E che Parma! Taffarel, Brolin, Melli, Osio, Aprilla, Benarrivo, Fernando Couto, Stoichkov, Dino Baggio, Buffon, Chiesa, Thuram, Cannavaro, Di Vaio... Sono solo alcuni dei giocatori passati sotto la sua gestione (allenati da gente come Scala, Ancellotti, Malesani, Ulivieri e Prandelli) che ha portato al Parma tre Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Supercoppa europea, una Coppa delle Coppe e due Coppe Uefa nel periodo compreso fra il 1990/91 ed il 2002/03, trasformando il club gialloblucrociato nella squadra italiana più titolata (dopo le milanesi e la Juve) pur non avendo mai vinto lo scudetto. E pure nell'ambito del fallimento della Parmalat, ai ducali è comunque andata bene, avendo conosciuto un solo anno di B (cosa che prima dell'avvento di Tanzi era un'abitudine) ed essendo riusciti a mantenersi in qualche maniera a un livello più che dignitoso in serie A pur non disponendo più dei capitali del Buon Calisto...
Giambattista Pastorello |
Tanzi nel calcio era arrivato col nome della Parmalat alle spalle, presentando il biglietto da visita di uomo vincente che nel giro di tre anni aveva trascinato quella che era una squadra di provincia del livello del Padova (senza esagerare) alla serie A prima ed alla Coppa Italia e Coppa delle Coppe poi. Grazie ai suoi capitali potè sedersi subito al tavolo dei grandi, di quelli che contano, con i vari Berlusconi, Agnelli, Cragnotti, Sensi, Cecchi Gori, Gaucci... e si sa come va il mondo del calcio: tutti vedono i soldi ed il nome Parmalat, nessuno sta li a chiedersi da dove vengano realmente tutti quei soldi e se siano tutti suoi... Proprio una merda il calcio, vero? Beh, pensate che con la logica degli squali funziona un pò tutta l'Italia e vi consolerete vedendo in che mani siamo... Come tutti quelli che mettono nel calcio i soldi (degli altri, in questo caso), Calisto vuole potere, e potere significa più squadre. E' una cosa abbastanza classica di quegli anni, ricordate Gaucci con Perugia, Catania e Sambenedettese? Ecco, Tanzi fece lo stesso, acquistando il Verona e "girandolo" ad un suo uomo di fiducia: Gambattista Pastorello. Si proprio lui, quello che quest'estate si vociferava che fosse interessato ad un'ingresso nel Padova!
Fra il 1998 ed il 2004 diversi nomi circolarono avanti e indietro fra le due società (Malesani, Prandelli, Gilardino, Mutu, Paolo Cannavaro, Adailton, Bonazzoli, Apolloni, Guardalben e Falsini), ma per la Lega Calcio era tutto normale. Secondo Corbelli, patron del Napoli di allora, Carraro rispose ad una sua lamentela dicendo che "La 'questione Tanzi' era nota a tutti, ma che non c’era nulla di cui stupirsi: se era accettabile che Berlusconi fosse presidente del Consiglio, lo era pure che Tanzi possedesse due club di A". Corbelli che peraltro col suo Napoli fu vittima di questa "strana" commistione tutta gialloblù: il 10 giugno 2001 il Napoli infatti ospitava la Roma in quella che era una partita si decisiva per lo scudetto giallorosso, ma anche per la salvezza partenopea... Diretto avversario del Napoli nella corsa salvezza era il Verona di Pastorello che quel giorno, guarda un pò, giocava a Parma! La partita terminò 2-1 per gli scaligeri. Il gol del vantaggio del Verona fu siglato su rigore da Massimo Oddo, per un fallo abbastanza ingenuo commesso da Benarrivo, allora assistito da Federico Pastorello, figlio di Gambattista... Con quella vittoria il Verona scavalcò il Napoli condannandolo alla serie B, andando poi a vincere lo spareggio con la Reggina.
10 giugno 2001: il rigore provocato da Benarrivo |
Ora come ben sapete in itaGlia non paga mai nessuno, poveracci esclusi. Quindi se Tanzi non è ancora andato in galera per le note vicende che l'hanno coinvolto, Pastorello è tranquillamente dentro il mondo del calcio. Parma-Verona non sarà stata l'unica partita combinata nella storia della serie A. E poi il capro espiatorio, quel Moggi che mi vien da pensare ormai che fosse quello che il suo "lavoro sporco" lo faceva meglio di tutti (e non l'unico a farlo!), è già stato trovato. Tuttavia la cosa non mi lascia tranquillo... Pastorello è già stato a Padova facendo danni, verso la fine degli anni '70 come presidente-prestanome di Giussy Farina (evidentemente il ruolo gli si addice in maniera particolare!) e poi negli anni '80 come dirigente prima di approdare a Parma con Tanzi. E' stato anni a Verona dove era stato contestato aspramente dalla tifoseria facendosi sempre passare per vittima dei "tifosi violenti" (ricordate i giornali dell'epoca?). Era arrivato persino ad offrire dei soldi purchè cessassero le contestazioni al suo indirizzo, beccandosi di risposta lo striscione "La Sud non è in vendita". Ora è a Lugano, ma quest'estate è passato anche per Padova e naturalmente qualche "voce" sul suo possibile ingresso in società c'è stato... Naturalmente erano solo voci, lui è solo grande amico del Presidente Cestaro (vicentino come lui), di Calori e di Foschi... E poi un nuovo socio è arrivato di recente al Padova: si tratta di Alberto Pilotto, nipote di Ivo Antonino Pilotto, presidente biancoscudato fino al famoso illecito di Taranto. Ivo Antonino Pilotto che è rimasto comunque nel cuore dei tifosi biancoscudati, ma che guarda caso con Pastorello ha lavorato proprio a Padova, col barbuto vicentino nel ruolo di Direttore Sportivo! Quando si dice la coincidenza!
Ora un pò mi stupisco del fatto che i giornalisti padovani, con tutta la loro "prosopopea" non abbiano mai pensato ad un'ipotesi del genere. Ipotesi che non mi piace nemmeno un pò. Spero quanto prima di vederci chiaro...
1983: Ivo Antonino Pilotto, allora presidente del Padova, alle spalle di Bruno Giorgi |
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